First look C'è sempre il sole a Philadelphia Season 1

Dei ragazzi di Philadelphia scoprono che il mondo fuori dal loro pub è pieno di insidie ed equivoci!

First look C'è sempre il sole a Philadelphia Season 1
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Sono irlandesi e hanno un pub, ma non sono i fratelli Donnely.
Sono sfigati e sociopatici ma vanno in giro con una bionda niente male. Eppure non sono la compagine di The Big Bang Theory.
I protagonisti sono due gemelli, un maschio e una femmina, dal nome simile, ma non pensate minimamente a Beverly Hills.
Per vedere tutto questo dobbiamo spostarci in quel di Philadelphia, dove, a stare al titolo della serie, c’è sempre il sole.

Una piacevolissima sorpresa

Arrivare a cinque stagioni è un successo per qualsiasi serie tv, specialmente in un periodo come questo, durante il quale le major partoriscono titoli su titoli senza badare troppo alla qualità di prodotti, finendo così per amputarne la maggior parte. Eppure “C’è sempre il sole a Philadelphia” è passato curiosamente sottovoce sugli schermi di FX, sbarcando in Italia con quasi 4 anni di ritardo e approdando su Cielo solamente da questa estate.
Un errore non da poco quello dei nostri canali che hanno sottovalutato una delle commedie “political scorrect” più divertenti degli ultimi periodi.
Danny, sua sorella Dee, Charlie e Mac sono quattro amici che gestiscono un poco affollato pub irlandese nella periferia di Philadelphia. Già nella prima puntata sarà chiaro quanto poco ci sia di banale però nella loro vita: in una società (quella americana) ricca di contrasti e di sfaccettature, è palese che i ragazzi non sanno come muovere i loro passi, finendo per incappare in una serie interminabile di surreali equivoci.

Quando un prodotto è buono...

Il successo insperato della serie ha convinto uno dei mostri sacri della commedia americana - Danny DeVito - ad investire sul progetto, sia economicamente che professionalmente: vedremo infatti l'attore recitare nel serial dalla seconda stagione in poi.

Americano. Ma non troppo

Pur essendo di matrice puramente americana (Rob McElhenney - ideatore, interprete e regista della serie - è nato proprio a Philadelphia) e pur rispolverando alcuni temi non propriamente vicini alla nostra cultura (il rapporto con le persone di colore, il ballo di fine anno scolastico, la vendita di alcolici a minorenni), la serie ha in sé uno spirito molto “british” che approfitta dell’immediatezza comica della commedia americana senza però mai scadere nel trash o nello scontato, riuscendo così ad essere piacevole anche per i “palati più raffinati”.
Ed è proprio nel suo non essere mai volgare, nel suo non cadere in un’ennesima rivisitazione di American Pie, che la serie sembra trovare il suo maggior punto di forza; sperando che le idee degli autori non si esauriscano troppo velocemente.

Un prodotto da limare

Qualcosa che non va però c’è, ed è anche piuttosto evidente. La serie è infatti nata con ambizioni piuttosto basse (anche per lo scarsissimo budget messo a disposizione) e mantiene, almeno in queste prime puntate, un taglio registico semplice e talvolta ripetitivo. Se su questo però si può sorvolare, una nota di disappunto riguarda il comparto audio. Le musiche di sottofondo sono rare e mal assortite, tanto da sembrare spesso fuori luogo, quando in un serial dovrebbero invece ricoprire un ruolo di primissimo piano. Male anche il doppiaggio in italiano che si fa sfuggire qualche doppio senso difficilmente traducibile e che ha adottato delle voci poco intonate ai personaggi.

C'è sempre il sole a Philadelphia - Stagione uno “C’è sempre il sole a Philadelphia” si è rivelata un'inaspettata e piacevole sorpresa. Capace di divertire ed incuriosire, sembrerebbe meritare un’attenzione maggiore da parte delle nostre (pavide) emittenti televisivi. Seppur con qualche aspetto da rivedere e con un’ombra “dilettantesca” nella realizzazione, promuoviamo a pieni voti quello che potrebbe essere un prodotto davvero da tenere sott’occhio.

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