Half season American Horror Story: Hotel

Dopo un inizio promettente, American Horror Story: Hotel ha deluso tutte le aspettative e a metà stagione sembra avviato a offrire la stagione più deludente della serie antologica targata FX

Half season American Horror Story: Hotel
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Neppure due mesi fa, in occasione del debutto televisivo di American Horror Story: Hotel, avevamo speso parole estremamente positive rispetto all'episodio inaugurale. Del resto, la quinta stagione della serie antologica ideata da Ryan Murphy era chiamata a un compito non facile: dimostrare di aver posto rimedio ai gravi difetti della stagione precedente intitolata Freak Show e di poter sopravvivere all'assenza della sua "colonna portante", la carismatica Jessica Lange. Ebbene, la puntata Checking In era riuscita a intrigarci notevolmente: per il ventaglio di storyline dispiegato fin da subito, per la sua galleria di comprimari fascinosi ed eccentrici, per i vertici inediti di orrore e soprattutto per un'atmosfera tenebrosa declinata secondo un gusto squisitamente postmoderno, dall'audace commistione fra suspense e camp all'impiego di una colonna sonora che pescava a piene mani nel repertorio della dark wave anni '80. Insomma, una partenza più che promettente alla quale, purtroppo, è seguita in breve tempo una cocente delusione, drammaticamente evidente quando siamo arrivati ormai a metà stagione...

La peggiore stagione di sempre?

Nonostante tutte le nostre speranze, bisogna ammetterlo: allo stato attuale, Hotel rischia di risultare di gran lunga la peggiore fra le cinque stagioni di American Horror Story, lontana anni luce dai superbi esiti di Monster House e soprattutto del capolavoro Asylum. Un certo senso di delusione, del resto, era arrivato già con Freak Show la seconda metà della scorsa stagione, infatti, disperdeva qualunque tentativo di coesione, a causa di un intreccio troppo frammentario e portato avanti con palese fatica, fra momenti di stanca e puri riempitivi (l'inutile subplot con Neil Patrick Harris). Dispiace quindi constatare che gli autori, anziché imparare dagli errori del passato, non hanno tardato a ricadere nella stessa trappola: non tanto perché pure Hotel si appoggia su una struttura da racconto corale, quanto per il fatto che ciascuna delle storyline sembra essere stata sviluppata singolarmente, senza l'abilità di tenere presente il quadro generale. Mai come quest'anno, insomma, American Horror Story è apparso un prodotto confuso e disomogeneo, come se si trattasse del frutto di diversi team di sceneggiatori incapaci di comunicare fra loro: e di conseguenza, ciascun episodio segue un percorso indipendente o quasi, tra lunghi flashback dedicati di volta in volta a specifici personaggi e sottotrame abbandonate nel dimenticatoio per intere settimane.

I punti deboli di Hotel

Laddove le prime tre stagioni della serie antologica, pur dovendo gestire un largo numero di protagonisti, vantavano un impianto narrativo di estrema solidità (e il caso di Asylum rimane l'esempio più alto), Hotel appare come una catena di one man (o one woman) show privi di veri legami fra un episodio e l'altro, alcuni dei quali costituiti in prevalenza da analessi (si veda la settima puntata, Flicker, con la Contessa Elizabeth di Lady Gaga coinvolta in una liaison con Rodolfo Valentino). E a farne le spese, in particolare, sono i comprimari relegati ai margini della storia: le bravissime Sarah Paulson e Kathy Bates non hanno sufficiente spazio per emergere, il seduttore Donovan di Matt Bomer è uscito di scena in maniera fin troppo frettolosa, mentre la Ramona Royale di Angela Bassett si è rivelata (almeno finora) poco più che una comparsa. L'approccio volutamente trasgressivo e sessualmente esplicito, funzionale nel primo episodio, ha raggiunto ben presto un punto di saturazione, degenerando in una stanca reiterazione di siparietti erotici più o meno fini a se stessi, mentre a latitare è proprio la suspense: il plot poliziesco sul Killer dei Dieci Comandamenti, che in teoria avrebbe dovuto sorreggere l'intera stagione, a sorpresa è invece fra i più deboli della serie, con un'indagine sostanzialmente impantanata e priva di sviluppi davvero avvincenti.

American Horror Story: Hotel Sarà per la scarsa attenzione del prolifico creatore Ryan Murphy, impegnato professionalmente su più fronti, per la carenza di idee forti (eppure di spunti interessanti, in questa quinta stagione, ce ne sarebbero eccome) o per la difficoltà di amalgamare fra loro una materia narrativa troppo vasta e difforme, ma American Horror Story: Hotel convince solo in piccola parte, con alcune singole sequenze efficaci e suggestive inserite tuttavia in un intreccio disorganico e privo di equilibrio. La speranza è che gli ultimi episodi possano dimostrarsi più coinvolgenti e coesi, e non ci inducano al contrario a certificare l’inesorabile declino di quella che, fino a un paio d’anni fa, era una delle serie più innovative e affascinanti del panorama televisivo.