The Crown: il costante peso della corona

Dopo l'incoraggiante pilot, The Crown prosegue raccontando una Elisabetta duplice e in costante movimento, continuando a convincere.

The Crown: il costante peso della corona
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Un colpo di tosse, poi un altro, e poi il silenzio: se ne va così Giorgio VI, Re d'Inghilterra e padre di due ragazze poco più che adulte, Elizabeth e Margaret. L'anno è il 1952, e l'Inghilterra di Winston Churchill lo piange mentre la futura regina, Elisabetta, è in viaggio nelle colonie del Commonwealth dall'altra parte del mondo. Un universo così lontano assiste alla sua trasformazione, la accoglie principessa e la lascia andare come Regina, pronta a farsi carico di uno dei più grandi fardelli: perché la monarchia non è solo un gioco, è fatta di privilegi ma soprattutto di enormi rinunce, e la prima lezione la neo regina la impara proprio sull'aereo, prima ancora di toccare di nuovo il suolo inglese. Non piangerà solo la morte di suo padre ma anche la morte di Lilibeth, la ragazza che era e che da quel momento in poi esisterà solo in subordinazione alla Regina Elisabetta. "La corona deve sempre vincere", spiega in una lettera sua nonna, Queen Mary, alla nuova sovrana. La corona è un compito sacro, e nonostante battaglierà spesso con la donna che è, non potrà mai avere la peggio.


Heavy is the head that wears The Crown

Il fascino di The Crown risiede principalmente in questo: il perfetto bilanciamento tra rinuncia e privilegio, che caratterizza i primi mesi dell'era elisabettiana, pronta ad imparare un passo dopo l'altro. Elisabetta è giovane ma tenace, appassionata ma composta, ed è tutta negli occhi di una straordinaria Claire Foy che ne dipinge perfettamente ogni aspetto, dall'espressione ad un linguaggio del corpo costantemente attento, comandato, mai fuori posto. Lo stesso accade al principe Filippo, che vive grazie a Matt Smith i suoi eccessi, la sua travolgente capacità di dire sempre ciò che pensa e il suo doversi spesso inchinare a delle regole che lo vogliono eterno secondo, sempre qualche passo dietro sua moglie.

I due protagonisti sono l'emblema del privilegio e della costrizione, si scambiano spesso i ruoli e bilanciano perfettamente ogni sfaccettatura della vita monarchica, grazie soprattutto ad una scrittura che restituisce una profonda dignità ad ogni loro momento e li rende umani, a dispetto delle cerimonie e della sacralità del loro compito. Il volo di Filippo, per lui così importante, è esempio di un animo costantemente in movimento che fatica ad essere imprigionato nella gabbia d'oro della corona, mentre le costanti battaglie di Elisabetta (con suo zio il Duca di Windsor, con Winston Churchill e spesso con se stessa) rendono l'idea di quanto un attimo dopo l'altro la donna lasci il posto alla regina, in una graduale trasformazione che vede il suo compimento nel quinto episodio, dedicato all'incoronazione. Una liturgia malinconica, in cui si ottiene tutto e allo stesso tempo si abbandona tutto, diventando improvvisamente messaggeri divini pieni di doveri che non si scelgono, ma non si possono rifiutare.


An act of god

Nonostante l'attenzione profonda che The Crown riserva alla doppia faccia, pubblica e privata, di Elisabetta, l'intera serie riesce a fare un passo in più grazie soprattutto alla permeante ricostruzione storica, che riesce ad incasellarsi perfettamente con la narrazione principale. Il ruolo politico di Churchill in questo senso diventa fondamentale, perché riesce a dare alla narrazione principale un tempo ed uno spazio ben precisi, incastonandolo in un contesto storico di fondamentale importanza. Ciò che nel primo episodio era stato solo accennato trova quindi compimento in interi episodi dedicati ad eventi più o meno importanti della storia dell'Inghilterra moderna (un esempio tra tutti la nebbia che colpì nel 1952 la capitale) e che si inseriscono nell'intelaiatura dei primi anni di vita della Regina Elisabetta condizionandone le scelte ed il processo di crescita. A metà stagione quindi, The Crown si conferma il gioiello che era e riesce a conquistare ancora di più lo spettatore, con una cura nella messa in scena e nel linguaggio davvero ai massimi livelli.