Castlevania: Recensione della serie Netflix ispirata al gioco Konami

La serie animata targata Netflix non c'entra l'obiettivo lasciandoci con un senso di incompiutezza davanti a delle potenzialità tradite.

Castlevania: Recensione della serie Netflix ispirata al gioco Konami
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È il 26 Settembre 1986 quando per il Famicom Disk System (anche molto meglio conosciuto da noi occidentali con il nome di Nintendo Entertainment System) debutta una serie che resterà nei cuori di moltissimi appassionati, accompagnandoli durante le diverse generazioni di console. Vampiri, violenza, ambientazioni medievaleggianti, tematiche religiose ed eretiche, unite ad un sistema di gameplay divertente e molto soddisfacente, fecero di Castlevania una saga culto, guardata molte volte con curiosità pensando ad una possibile trasposizione cinematografica o televisiva di un soggetto che ben poteva sposarsi per un'operazione del genere. Quanto potrebbe essere divertente guardare un anime di Castlevania? Forse meno di giocare ad un titolo della serie, ma di sicuro poteva avere il suo senso. A trentun anni di distanza dall'esordio su console Nintendo, e dopo vari progetti annunciati e subito annullati, finalmente questa curiosità ha avuto motivo di essere soddisfatta. Sulla piattaforma streaming Netflix è uscita così Castlevania, serie animata prodotta da Adi Shankar, con la partecipazione tra gli altri di Warren Ellis, campione del fumetto americano. Due sorprese sono balzate subito all'occhio. Nonostante si tratti di una saga nipponica non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio anime giapponese ma ad una serie statunitense. Seconda cosa, gli episodi da potersi gustare sono quattro, da circa venti/venticinque minuti l'uno. Subito l'entusiasmo potrebbe scemare, ma sappiamo di non poter giudicare le cose dalla copertina.

Mai fare arrabbiare Dracula

La serie prende dichiaratamente spunto dal terzo episodio della serie videoludica, tale Castlevania III: Dracula's Curse del 1989 sempre per NES. Sostanzialmente la trama segue le vicende del gioco così come i protagonisti rispecchiano le controparti pixellose. Siamo nel 1475 quando, nella regione della Valacchia, Lisa del villaggio di Lupu, donna di scienza e genuinamente votata alla salvezza e il benessere dell'umanità, viene accusata di stregoneria e messa al rogo.

Un unico problema complica quella che si proponeva come normale amministrazione per i cacciatori di eretici del tempo: Lisa è la moglie di Dracula. È per questo motivo che allora il principe delle tenebre decide, ad un anno di distanza, di lanciare contro l'umana specie il suo esercito infernale, pronto a distruggere la vita sulla Terra. A fronteggiarlo dovrebbe essere Trevor Belmont, ultimo della casata Belmont, storicamente dedita alla lotta ai vampiri e ai demoni, e per questo scomunicata dalla chiesa. Un uomo cinico, pigro, scostante, un vero antieroe; un uomo più interessato alla sua sopravvivenza che al destino del mondo, che si trova però al centro del ciclone. Non è più il tempo per sfuggire alle proprie responsabilità, ma di agire, di sfoderare la frusta consacrata, arma contro il maligno, e battersi per gli altri, per gli indifesi. Come Trevor, i cultori di Castlevania ritroveranno la maga Sypha Belnades, così come nell'ultimo, scontato, colpo di scena, Alucard, ovvero Adrian Fahrenheit Tepes, il mezzosangue figlio di Dracula e Lisa. Tutto qua. Dracula dopo il primo episodio è assente, così come superficiali sono le introduzioni dei personaggi sopracitati. Chiaramente con a disposizione solamente una novantina di minuti ben poco si poteva fare, ma, paradossalmente, quella che ci troviamo di fronte è una serie (che già sappiamo essere solo la prima stagione con la seconda già annunciata) sì superficiale, ma allo stesso tempo tremendamente prolissa. Quel poco tempo a disposizione è impiegato nel peggiore dei modi, diluendo la vicenda con dialoghi interminabili dalla assoluta marginalità. Si parla troppo, e di cose che non interessano, che siano scontate o addirittura veramente poco inerenti all'azione. Azione che è pressoché nulla, limitata ad un tutto sommato accettabile scontro "finale" e poco più. Per una serie che dovrebbe fare del combattimento, del dinamismo, dell'adrenalina, i suoi punti forti, non ci siamo proprio. Il ritmo è incomprensibilmente spezzettato, le scene poco coese, lasciandoci di fatto con un lungo prologo da un'ora e poco più, fatto maluccio e poco incisivo.

Il peso del nome

Quando ti presenti come Castlevania sai che avrai davanti un pubblico adorante, esigente, forse anche fin troppo fazioso per essere oggettivo. Ma va bene. Hai tra le mani la possibilità di far bene, di dare ai tuoi fan quello che vogliono, cosa tra l'altro anche abbastanza facile. Quel minimo di atmosfera da Castlevania in effetti la troviamo, ma è narcotizzata, e nascosta dalla volontà di creare qualcosa di un po' diverso, di più pretenzioso del semplice ammazza ammazza di vampiri.

Sarebbe una cosa ottima fosse svolto bene. La scrittura è debole, mal caratterizzata, fin troppo forzata da Ellis verso le tematiche anti-clericali e grottesche che lo contraddistinguono, e potrebbe aver pure funzionato, ci fosse stato un equilibrio. Anche dalle parti del comparto tecnico siamo sull'altalenante. Se i fondali e, in alcuni casi, la messa in scena offrono un bello spettacolo per gli occhi, diverso è il discorso per i personaggi, che sì assorbono il character design dalla serie videoludica ma hanno nella loro resa grafica a metà tra l'anime giapponese e una tipologia di grottesco e deformato americano un risultato non pienamente soddisfacente. Per non parlare delle animazioni, la parte peggiore dal lato tecnico, tra il goffo e il legnoso, che poco rendono giustizia ad un'azione che già non è presente, figuriamoci azzoppata da questa realizzazione grossolana. E non basta avere nomi come Richard Armitage o James Callis, il cui doppiaggio è anche buono, se poi ammazzi tutto con dialoghi tra lo scarso e il pessimo. Probabilmente l'idea è stata quella di creare un prologo, incredibilmente spezzato, che più che come introduzione della situazione e dei personaggi servisse per sondare il terreno del mercato. Un'operazione del genere aveva bisogno del sostegno del pubblico, e si è pensato ad una sottospecie di one-shot come quello dei manga, o un pilot di prova. Operazione comprensibile da un lato, ma che lascia non poco rammarico pensando al risultato finale, ben accolto dai fan perché comunque prodotto di un brand forte, ma che non possiamo definire ben riuscito, e nemmeno pienamente compiuto, in attesa della seconda stagione da otto episodi.

Castlevania Il nuovo progetto Netflix, che tanto poteva far sperare i fan, risulta essere un prodotto mediocre e mal realizzato. Spunti interessanti ce ne sarebbero e probabilmente già dalla seconda stagione vedremo il vero cuore della serie, che potrebbe relegare questa prima stagione a ruolo di semplice e innocuo prologo fatto male. La speranza è che ci sia un cambio di direzione che porti sui nostri schermi una serie degna del nome che porta.

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