Doctor Who Stagione 10 Recensione: Arrivederci, Peter!

In attesa dell'episodio natalizio, il decimo ciclo della nuova serie ha posto le basi per il doppio addio di Steven Moffat e Peter Capaldi.

Doctor Who Stagione 10 Recensione: Arrivederci, Peter!
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La decima stagione di Doctor Who si è divertita in più occasioni a giocare con le aspettative del pubblico: già nei trailer ufficiali della BBC c'erano stati degli accenni all'imminente rigenerazione del Dodicesimo Dottore, successivamente smentita nella serie stessa con la rivelazione che si trattava di un inganno. Poi, a tradimento (ma solo in parte, poiché Peter Capaldi lascerà veramente il serial quest'anno), il penultimo episodio regolare si è aperto con la prima fase della trasformazione, accompagnata da un urlo disperato del Dottore: "Noooooooo!". Una reazione condivisa da gran parte del fandom, compensata solo in parte dalla scoperta che la dodicesima incarnazione (che in realtà è la quattordicesima) rimarrà con noi fino a dicembre, prima di cedere il posto ad un nuovo interprete - ancora non annunciato - al termine del consueto speciale natalizio. Insieme a Capaldi si congederà anche lo showrunner Steven Moffat, che ha curato la serie dal 2010 ad oggi ed è l'unico ad aver scritto almeno una puntata per ogni stagione da quando il programma di punta della televisione nazionale britannica è stato rilanciato nel 2005. La sua è stata una gestione controversa, amata e disprezzata in egual misura per i suoi archi narrativi cervellotici e, in occasione del cinquantesimo anniversario, la riscrittura di alcuni dettagli della mitologia whoviana. Ma è stato anche un insieme di cicli molto più interessati al passato dello show, capaci di unire nostalgia e tendenze seriali odierne con un approccio filologico che nelle stagioni di Russell T. Davies non era tanto presente. Un approccio rimasto intatto fino alla fine, come dimostra il preludio all'episodio natalizio, di cui sveliamo in questa sede solo la promessa scritta nei credits: "I Dottori torneranno".

Un uomo buono va in guerra

Dopo l'energia debordante di David Tennant e Matt Smith, quello di Capaldi è stato un lavoro di sottrazione, riducendo il Dottore al minimo indispensabile per ritrovarne progressivamente l'umanità, in un arco narrativo coerente idealmente suddiviso in tre atti di una stagione ciascuno.

Ciò giustifica quel rifiuto quasi violento dinanzi alla rigenerazione, che potrebbe comportare un nuovo riavvio della personalità del Signore del Tempo, e non è un caso che Moffat abbia scelto come sfondo gli eventi di The Tenth Planet, che nel 1966 segnò l'esordio dei Cybermen e l'addio del Primo Dottore, interpretato da William Hartnell. Come il suo illustre predecessore, Capaldi è la prima incarnazione nel contesto di un nuovo ciclo di tredici vite: un ritorno alle origini in termini produttivi e di scrittura, con lo showrunner che ha abilmente chiuso le storyline rimaste in sospeso durante la sua gestione (River Song in primis) e ha reso omaggio agli anni d'oro in tutti i modi possibili, tra cui il ritorno in scena del Maestro che, pur avendo le fattezze di John Simm (magnifico al fianco dell'erede Michelle Gomez), era anche una rievocazione spudorata del lavoro di Roger Delgado e Anthony Ainley nella serie originale. Proprio confrontandosi con lui c'è stato il culmine del percorso di "riabilitazione" del Dottore, un punto d'arrivo logico per poter cedere il ruolo e la serie ad un nuovo interprete e alla supervisione generale di Chris Chibnall, che subentrerà a Moffat.

Tre anni di passione

Delle sei stagioni curate da Moffat sono forse proprio le tre con Capaldi a rappresentare il massimo del potenziale offerto da due collaboratori uniti dal loro essere fan della prima ora di Doctor Who (l'attore è cresciuto con Hartnell, lo sceneggiatore con Patrick Troughton, il Secondo Dottore). Il loro è stato un lavoro effettuato da fan per i fan, senza dimenticare coloro che hanno una familiarità minore con il franchise nato nel 1963. Da quel punto di vista è stata fondamentale l'introduzione di Bill, ennesimo avatar del pubblico ma anche un'assistente capace di infondere alla varietà di storie (tra cui una trasferta su Marte e l'incontro con una legione romana) la giusta dimensione emotiva, con una conclusione che può fungere sia da apice logico di un arco autoconclusivo, in caso Chibnall decida di tagliare i ponti espliciti con il passato recente per i nuovi episodi, sia da atto introduttivo per una nuova evoluzione al fianco del Tredicesimo Dottore.

Altrettanto importante in quel reparto è stata la figura di Missy, unica costante delle tre annate di Capaldi e vera protagonista della storia serializzata di questo ciclo di commiato, una chiusura che è anche un nuovo inizio e una lettera d'amore a tutto ciò che Doctor Who è stato, è e continuerà ad essere. A cominciare dalla puntata natalizia, che si preannuncia ricca di emozioni e sorprese. Con in più una certezza, la stessa immutata da più di dieci anni: "The Doctor will return". Quando lo sappiamo, resta da scoprire il come. E conoscendo Moffat, sarà un ritorno che non accontenterà tutti, ma trasuderà un inconfondibile amore per le infinite potenzialità di un programma mai veramente uguale, ma sempre riconoscibile. Un amore che, nel bene e nel male, ci mancherà.

Doctor Who - Stagione 10 L'ultima stagione completa di Steven Moffat e Peter Capaldi, in attesa del passaggio di consegne nello speciale natalizio, conferma i punti di forza del sodalizio tra sceneggiatore e attore, entrambi interessati ad un'esplorazione relativamente inedita della personalità del Dottore che, tra lotte spaziali e tragedie intime, ha raggiunto l'apice in questi dodici episodi, diseguali ma uniti da una grande coerenza nel voler combinare l'eredità di un franchise ormai immortale e le logiche seriali di oggi. Se le premesse sono queste, l'addio definitivo del duo si annuncia a dir poco maestoso.

8.5