Recensione House of Cards - Stagione 4

La serie di punta di Netflix mette in evidenza i suoi punti di forza e le sue debolezze nel quarto ciclo di episodi, l’ultimo che è stato curato dal creatore Beau Willimon prima di un cambio di showrunner

Recensione House of Cards - Stagione 4
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Nella sua recensione del finale della quarta stagione di House of Cards sul sito The A.V. Club, il critico Scott Von Doviak si chiede: "Qual è l'appeal di Frank Underwood?". Lui si riferisce ad Underwood come persona nell'universo della serie, ma è un dubbio legittimo relativo anche al suo statuto come personaggio televisivo, protagonista di quello che, nominalmente, è il prodotto seriale che rappresenta la rivoluzione di Netflix. Arrivati alla quarta stagione, c'è il rischio che Underwood diventi statico, intrappolato in uno schema narrativo destinato a girare su se stesso e ripetersi fino alla conclusione del programma (a differenza dell'originale inglese, letteralmente diviso in tre atti). Una sfida che potrebbe creare non pochi grattacapi ai nuovi showrunner Melissa James Gibson e Frank Pugliese, che avranno l'onore/onere di sostituire il creatore della serie, Beau Willimon. Quest'ultimo, dal canto suo, ha lasciato la sua Washington piena di corruzione con le basi per un nuovo ciclo di episodi che potrebbe, potenzialmente, restituire a House of Cards la gloria di un tempo.

Underwood vs. Underwood

Già la terza stagione aveva promesso un possibile cambiamento di dimensioni epocali, con una frase semplice ma devastante: "I'm leaving you". Per un anno abbiamo aspettato le conseguenze di quel finale, ma col senno di poi era abbastanza evidente che la rottura tra Frank e Claire non sarebbe stata duratura. Se da un lato la cosa non è del tutto negativa, poiché gran parte del piacere derivato dalla visione di House of Cards è legato all'alchimia personale tra Kevin Spacey e Robin Wright quando i coniugi Underwood sono in perfetta sintonia (una nozione che acquisisce un nuovo, terrificante significato nell'agghiacciante, indimenticabile immagine di commiato di questa stagione), dall'altro ci dispiace un po' non aver potuto vedere Claire come nuovo avversario principale di Frank, principalmente perché colui al quale spetta tale onore, Will Conway, ha un carisma a dir poco intermittente (ma questo è dovuto più alla scrittura che alla recitazione di Joel Kinnaman, che nei suoi faccia a faccia con Spacey dà ottimi risultati). L'auspicio, a questo punto, è che ci sia un miglioramento con la nuova gestione creativa, dato che Conway dovrebbe rimanere una parte integrante della serie per almeno un anno ancora.

A volte ritornano

L'impressione dominante, oltre al ritorno allo status quo originale, è che questo quarto ciclo di episodi sia una specie di compilation dei momenti migliori della serie, sensazione confermata dal ritorno di vecchi protagonisti del programma come Gerald McRaney e, sotto forma di apparizioni spettrali, Corey Stoll e Kate Mara. Tutte ospitate comprensibili alla luce della decisione di Willimon di esplorare nuovi orizzonti autoriali, ma anche espedienti piuttosto schematici - nonché, nel caso di Stoll e Mara, un omaggio immeritato alla sesta stagione de I Soprano - che impediscono alla serie di evolvere. Da quel punto di vista, le modifiche dietro le quinte possono essere un segno positivo, nella speranza che House of Cards ritrovi la cattiveria e l'irriverenza delle prime due annate. L'immagine finale promette bene, a patto che non sia un altro cliffhanger ingannevole.

House of Cards - Stagione 4 La quarta stagione di House of Cards continua a mettere in evidenza le debolezze della serie, procedendo in maniera prevedibile e a tratti ripetitiva. Al contempo, però, pone le basi per una quinta annata che, se gestita nel modo giusto, potrebbe costituire un ritorno alle glorie passate. Il nuovo “cattivo” Joel Kinnaman arranca di tanto in tanto, a seconda del materiale a disposizione, ma la coppia Kevin Spacey-Robin Wright rimane una garanzia di qualità.