Recensione The Newsroom

L'importanza della libertà d'informazione nell'ultimo serial scritto da Aaron Sorkin

Recensione The Newsroom
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E' davvero l'America ancora la terra della democrazia? Il continente dove vige la più assoluta libertà di pensiero? Anche nell'epoca di Twitter vale la definizione del terzo presidente Thomas Jefferson di America come "impero della libertá"?
The Newsroom, il drama estivo della HBO subentrato nella fascia oraria di Game of Thrones e scritto dal celebre sceneggiatore Aaron Sorkin, avrá pure dei difetti come serial televisivo, ma é sufficientemente scaltro da porre con arguzia alcuni interrogativi sulla libertá d'informazione negli Stati Uniti d'America. Lo fa con un flusso di dialoghi incessante, continui botta e risposta che magari lo spettatore medio farà fatica a seguire abituato a serial più action o comedy più frivole, ma quando approvi un copione scritto da uno dei migliori sceneggiatori sulla piazza è normale che il focus sia sulle perfomance degli attori anzichè sulla regia, la scenografia, il montaggio.
Forse tematiche così scottanti e di grande spessore intellettuale (ma anche pratico: la contaminazione post-Fukushima o la crisi economica ci interessano tutti da vicino) non si confanno ai sonnacchiosi periodi estivi, eppure di fronte al generale letargo televisivo di Luglio e Agosto è stato un piacere trascorrere alcune serate in compagnia di The Newsroom. Ora che la serie è conclusa e in attesa di una già confermata seconda stagione non ci resta che tirare le somme dell'ultimo prodotto televisivo firmato Aaron Sorkin.

Tra realtà e finzione

Will McAvoy (Jeff Daniels) è un popolare anchroman del fittizio network ACN (Atlantic Cable News), il suo grintoso faccione compare sulle televisioni di circa metà degli statunitensi ogni sera all'ora di cena. Iscritto al partito repubblicano, anti-abortista, per anni ha difeso governatori e parlamentari dell'elefantino incluse le scelleratezze dell'ex Presidente George W. Bush; lo faceva per pigrizia e per acquiescenza nei confronti dei vertici aziendali foraggiati da alcune corporation vicine ai repubblicani.
Per caso ma nemmeno troppo (come svelato nel finale di stagione), durante una conferenza di fronte ad una platea di studenti universitari il biondo Will sbrocca irrimediabilmente. Alla domanda "perche' l'America e' il piu' grande paese del mondo?" dapprima risponde ironicamente "i New York Jets", poi ripensandoci seriamente cambia versione: "Non siamo affatto il piu' grande paese del mondo [...] Siamo settimi al mondo per alfabetizzazione, 49esimi per aspettativa di vita, 178esimi per mortalita' infantile, terzi per reddito familiare medio, quarti per forza lavoro ed esportazioni. Siamo i primi al mondo soltanto in tre settori: numero di cittadini in carcere pro capite, numero di adulti che credono negli angeli e spese per la Difesa, settore in cui spendiamo piu' di 26 nazioni insieme, 25 delle quali sono nostre alleate". C'era un tempo in cui saldi principi morali dettavano gli indirizzi politici, in cui si faceva guerra alla povertà non ai poveri, in cui con umiltà (?) primeggiavano nelle arti come nelle scienze, nello sport come nell'economia, e tutto grazie al fatto di essere ben "informati. Da grandi uomini, uomini che erano rispettati". Da tale sfogo di fronte all'intera nazione (sapete com'è, basta uno smartphone per finire su Youtube ed essere visti da milioni di persone) comincia l'avventura di Newsnight 2.0, conseguenza dell'instabilità del signor McAvoy e sfruttata dalla produttrice MacKenzie "Mac" McHale (Emily Mortimer), nostalgica di un giornalismo libero e spregiudicato, nonchè ex fiamma di Will.
Come prosegue The Newsroom è presto detto. Seguendo da vicino il lavoro giornaliero della redazione di ACN, lo spettatore assiste da un lato alla preparazione del notiziario serale scoprendo ben presto come le breaking news sono l'eccezione e non la norma nella sceneggiatura di Sorkin, dall'altro agli intrecci amorosi anche piuttosto melensi tra colleghi incluso un intricato pentagono di relazioni e sentimenti che si trasforma con una punta di sarcasmo in una citazione di Sex and the City.
La nuova direzione intrapresa da Newsnight soddisfa il presidente della divisione news, Charlie Skinner (un meraviglioso Sam Waterston), ma non i vertici aziendali specie quando Will inizia ad attaccare gli esponenti dei Tea Party, l'ala destra del partito repubblicano, definendoli RINO (Republican in name only)

"Il punto di forza di The Newsroom risiede nella costante interconnessione tra la realtà fittizia della redazione di Newsnight e gli avvenimenti dannatamente reali che hanno coinvolto l'America e il Mondo intero"

per il loro carattere intransigente e le dichiarazioni razziste, sessuofobe e islamofobe. Peccato solo che alcuni di questi repubblicani estremisti riversino cospicui finanziamenti nelle casse del network: un tesissimo braccio di ferro tra il desiderio di fare informazione e quello di mantenere il proprio posto di lavoro dura l'intero arco narrativo di The Newsroom, dalla notte successiva alle elezioni di mid-term del 2010 in cui il partito repubblicano ha riconquistato una risicata maggioranza al Congresso e i prodromi nel 2011 delle primarie presidenziali che si concluderanno proprio in questi giorni a Tampa con l'investitura di Mitt Romney.
Il punto di forza di The Newsroom risiede proprio nella costante interconnessione tra la realtà fittizia della redazione di Newsnight e gli avvenimenti che tra l'Aprile del 2010 e l'Agosto del 2011 hanno coinvolto l'America e il Mondo intero. La prima puntata si conclude con un'edizione straordinaria sul disastro petrolifero nel Golfo del Messico, più avanti si parla dell'esplosione del reattore nella centrale di Fukushima ed il silenzio attorno al livello di radiazioni, la crisi economica non manca mai e con essa i tentativi della politica per arginarla. C'è spazio naturalmente per la politica estera con le rivolte giovanili in Nord Africa e l'emotività nell'essere in contatto diretto con un ragazzo che a piazza Tahrir c'è stato in quei giorni, ma sopratutto l'uccisione di Osama Bin Laden nel Maggio 2011 la cui puntata relativa sovrappone con intelligenza registica le parole (fittizie) di Will McAvoy con quelle (reali e da pelle d'oca) di Barack Obama.

Sorkin e i suoi burattini

The Newsroom ha ricevuto elogi e critiche in madrepatria, scoperchiando per certi versi quel forte legame tra politica e informazione che lo stesso show ha cercato di portare a galla. Grazie al cielo quanti ne hanno parlato su riviste o siti internet europei si sono soffermati sull'aspetto artistico della serie televisiva, ovviamente la sceneggiatura del premio Oscar per The Social Network, Aaron Sorkin. Molti lo hanno raffrontato a The West Wing, riconoscendo i parecchi punti in comune tra le due serie ma anche la superiorità della serie sullo Studio Ovale; altri hanno elogiato la scrittura caustica e sagace, schietta nell'affrontare gli scottanti temi politici, sociali ed economici della contemporaneità. Noi siamo stati inebriati dal continuo intrecciarsi tra fatti reali ed eventi inventati dalla fantasia dello sceneggiatore, tra cui spicca la galassia di personalità amiche di McAvoy (tra cui il vice-presidente Biden, la deputata vittima di un attentato Gabrielle Giffords), senza contare i pezzi grossi del gossip e showbiz newyorchese citati.
Agli indiscutibili pregi della maniera di raccontare la vicenda si accostano altrettanti difetti. Lo stile in molti casi risulta artificioso, ansioso di idealizzare questo o quel personaggio e dimentico di restituire un pizzico di naturalezza al dialogo inscenato. Sorkin sembra scordare di trovarsi nel mondo reale, all'interno di una redazione televisiva assolutamente plausibile, e non nella Roma pulp di Spartacus.
Il distacco dal terra-terra ha sensibili ripercussioni sul modo di recitare degli attori. In più di un caso ci appaiono come macchiette impegnate a santificare sè stesse piuttosto che preparare la scaletta per la trasmissione quotidiana: Will è troppo cinico per essere un convincente trascinatore redazionale, MacKenzie troppo emotiva per apparire come un figura distensiva in cabina di regia, Maggie (giovane associate producer) è troppo impacciata per essere una mangia-uomini (ben due colleghi sono innamorati di lei), Sloan Sabbith (incantevole responsabile finanziaria, interpretata da Olivia Munn) è stucchevole nell'essere tanto seducente quanto inadatta ai rapporti umani e Neal Sampat (interpretato dal protagonista di The Millionaire, Dev Patel) non ha un briciolo di serietà e dignità nel suo ruolo di nerd interessato ad alieni, Yeti e troll internettiani.
Sorkin ha ammesso in alcune interviste di essersi ispirato all'amico e conduttore tv Keith Olbermann, nella cui redazione ha trascorso proprio i momenti

"Sorkin sembra scordare di trovarsi nel mondo reale, all'interno di una redazione televisiva assolutamente plausibile, e non nella Roma pulp di Spartacus"

precedenti allo scoppio del disastro petrolifero nel Golfo del Messico. Will McAvoy è in parte ispirato a lui, al suo caratteraccio, all'integerrima fedeltà nel riportare i fatti e l'abilità di inimicarsi i piani alti. La dipendenza da psicofarmaci, antidepressivi e l'assunzione di sostanze stupefacenti è invece un tratto biografico rimediato dallo stesso Sorkin, che ha ammesso di aver scritto alcune sceneggiature in gioventù sotto l'influsso della cocaina. Ci chiediamo a questo punto: se il personaggio di Will McAvoy, anchorman di manifesta fede repubblicana, ha chiari riferimenti a persone reali perchè allora ridurlo a banale macchietta? Sorkin ha risposto a tale interrogativo con finta modestia manifestando così tutto il proprio ego: "mi piace scrivere dialoghi che siano divertenti da recitare, anche se poi, nella vita vera, non parlo mai così. Credo che parte delle critiche che mi muovono dipendano dal fatto che chi le muove mi identifica coi miei personaggi. Ma io non sono così: creo artificialmente il suono di persone intelligenti e competenti che parlano, però io non sono uno di loro".

Quali riflessioni possiamo trarre da The Newsroom? Scopritele a pagina 2!

Mcdonaldization vs civilization

E' vero, i legami molto stretti tra politica, economia e informazione non sono un'esclusiva statunitense. L'Italia vive tutt'ora all'interno di un gigantesco conflitto d'interessi tra televisione e politica nazionale, dove accade con frequenza che un giornalista esprima il punto di vista di un ministro e non - sarebbe almeno più onesto - il proprio.
La realtà giornalistica statunitense e quella italiana, quella francese, finlandese, giapponese non sono poi così diverse, ma almeno tutte le nazioni all'infuori degli USA non vanno in giro a decantare in maniera spocchiosa il loro patriottismo di facciata. Per uno pronto a denunciare i mali e le contraddizioni statunitensi ve ne sono almeno altri cento pronti senza battere ciglio a rispondere alla domanda perchè l'America è il più grande paese del mondo con la vuota ancorché falsa retorica di diversità, opportunità e libertà.
La nazione guida dell'Occidente sta diventando una terra di fanatici. Spregiudicati in economia, impassibile di fronte alla mercificazione dell'assistenza sanitaria, alle rapine finanziarie di Madoff e dei sub-prime. Sempre pronti a salutarti con fare da amiconi e sorriso a 32 denti, ma quando non visti perpetrare forme di segregazione residenziale, lavorativa, religiosa nei confronti dei più disparati gruppi etnici, anche se il loro bersaglio preferito sono sempre gli afroamericani.
Terra di fanatici religiosi, dove pur di dichiararsi credente il 98 % della popolazione aderisce alle sette più strambe (vedi alla voce Scientology), mentre la restante popolazione atea si avvale di tutti i mezzi per persuadere circa l'inganno divino, la delusione divina, l'indifferenza divina, l'inesistenza del divino.
The Newsroom aggiunge ben poche novità a tale quadro di contraddizioni, ma non vuole per nulla proporsi come una serie di denuncia e d'impegno civile. E' innegabile però che tra i meriti della sceneggiatura di Sorkin vi sia una lunga riflessione sulla salute del dibattito politico negli Stati Uniti. La nazione che per prima ha ammesso la necessità che sia il popolo a scegliere chi li governa, che ha esteso il diritto di voto a tutta la popolazione prima di chiunque altro, soffre da alcuni decenni di un disinteresse nei confronti della democrazia. Alle presidenziali del 2004 la partecipazione elettorale ha toccato il minimo storico, inducendo l'osservatorio di un'università californiana a scrivere che "questo significa davvero che la democrazia negli Stati Uniti ha fallito. Senza una scelta elettorale la democrazia non può esistere e libertà significa solamente il diritto di scegliere la propria marca di dentifricio. Senza un'attiva e indipendente informazione, siamo deficitari in libertà e democrazia".
L'appello, però, è caduto nel dimenticatoio, tant'è che ben 33 Stati hanno approvato una legge il cui obiettivo è estirpare gli isolati casi di frodi elettorali obbligando i cittadini a presentare all'atto di voto un documento con foto, che negli Stati Uniti sono la patente o il passaporto. E se qualcuno non può permettersi l'auto? O una vacanza all'estero? A costui è impedito di esercitare un proprio diritto e guarda caso chi non ha l'auto o la carta per l'espatrio appartiene a quella fascia di popolazione (calcolata da Sorkin nell'11% degli aventi diritto) al di sotto della soglia di povertà, la stessa fascia che la middle class e i potentati economici vogliono espellere dal "sogno americano".
A questo punto non possiamo certo sorprenderci che nel Giugno 2011 durante un dibattito sulla CNN cui parteciparono i candidati alla presidenza per il partito repubblicano, il moderatore chiese a Michele Bachmann chi preferisse tra Elvis e Johnny Cash, a Tim Pawlenty Coca o Pepsi, a Newt Gingrich Ballando con le stelle o American Idol e per finire a Mitt Romney dolce o piccante. Per la cronaca il contendente di Obama il prossimo novembre si è espresso a favore del dolce.
The Newsroom mostra solo lo spezzone dedicato a Michelle Bachman, ma vi consigliamo caldamente di vedervi per intero la sequenza del dibattito. Scrivendo la prima stagione Sorkin non poteva avere presente l'ultima perla dello speaker radiofonico Rush Limbaugh pronunciata appena qualche giorno fa, ma speriamo vivamente che la proporrà nella seconda stagione di The Newsroom. A Tampa proprio nei giorni della convention repubblicana nazionale i meteorologi hanno ventilato la possibilità che un uragano si abbatta sulla città; Limbaugh ha collegato i due eventi profetizzando che lo stesso Obama attraverso complessi riti magici abbia evocato tale cataclisma naturale proprio per fare uno sgarbo ai rivali politici! Tra i commenti più divertenti c'è stato quello del fumettista Mark Agee che su Twitter ha scritto: "dite quello che volete, ma io voterò indubbiamente per quell'uomo che può controllare il vento"

The Newsroom - Stagione 1 The Newsroom è la nuova serie tv scritta da Aaron Sorkin e trasmessa dalla HBO durante il periodo estivo. Racconta delle vicissitudini umane, amorose, politiche della redazione di un fittizio network (Atlantic Cable News) desideroso di realizzare un notiziario televisivo libero e indipendente. Lo scontro con i vertici della società finanziata da quelle stesse corporation che l'anchorman Will McAvoy e colleghi hanno preso di mira dettano le linee generali della trama del serial, laddove le singole puntate si focalizzano su eventi di cronaca realmente accaduti generando uno squisito intreccio tra finzione e realtà. Il lavoro di Sorkin è ben fatto e ricco di suggestioni, ma la caratterizzazione psicologica dei personaggi spesso lascia a desiderare dipingendo gli stessi protagonisti come delle macchiette. Ciò non toglie che la serie sia in grado di fornire spunti di riflessioni utili sulla società a stelle e strisce, sulla sua economia spregiudicata e sulla realtà politica sopratutto del partito repubblicano.