Recensione Top of the lake

Una dodicenne incinta cerca di suicidarsi nelle acque del lago. La giovane Robin Griffin dovrà risolvere il mistero che la circo

Recensione Top of the lake
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Nella cittadina di Laketop, in Nuova Zelanda, la dodicenne Tui Mitcham si immerge nelle gelide acque del lago e si spinge sempre più in profondità, con l’intenzione di togliersi la vita. La ragazza viene ritrovata appena in tempo, e le successive analisi rivelano che porta in grembo un bambino. Il caso è affidato alla giovane Robin Griffin, un ispettore di polizia, appena arrivata da Sydney per assistere la madre malata; Robin incontra Tui e tenta di farsi rivelare l’identità del padre di suo figlio, ma Tui sceglie di rinchiudersi in un ostinato silenzio.
Mentre Robin tenta di far luce sulla verità, la ragazza viene riportata dai suoi fratelli, Mark e Luke, e da loro padre Matt, uomo burbero e autoritario, considerato il capo della piccola comunità di Laketop. Tui, però, fugge dalla propria casa e trova protezione sulle rive del lago, in un luogo chiamato Paradise, nel quale si sono appena trasferite un gruppo di donne di mezza età, seguaci della carismatica guru spirituale GJ. Il mattino seguente Robin si reca presso Paradise per recuperare Tui, ma nel frattempo la ragazza è scomparsa nel nulla, mentre sulla superficie del lago affiora un cadavere.

DALLE LEZIONI DI PIANO AL PICCOLO SCHERMO

A quattro anni di distanza dal suo ultimo cimento cinematografico, il bellissimo Bright Star, sulla vita del poeta John Keats, la regista e sceneggiatrice Jane Campion è tornata finalmente dietro la macchina da presa: non al cinema, tuttavia, ma con un progetto per il piccolo schermo co-prodotto dalla Tv australiana, da Sundance Channel e dalla BBC. Realizzata dalla Campion insieme al collega Gerald Lee e presentata in anteprima al Sundance Film Festival negli USA e al Festival di Berlino 2013 in Europa, Top of the Lake è una miniserie di 350 minuti distribuiti nell’arco di sei puntate (diventate sette nella messa in onda americana), accolta dal consenso unanime della critica e pluricandidata alla scorsa edizione degli Emmy Award (dove ha ricevuto il premio per la fotografia). Ambientata e girata dalla Campion nella natia Nuova Zelanda, Top of the Lake rientra appieno in quel filone di serial poliziesco dal taglio realistico, basato sul rigore della messa in scena e sull’attenzione per le dinamiche psicologiche, del quale recentemente abbiamo avuto un eccellente esempio con The Killing. Top of the Lake, tuttavia, compie un passo ulteriore in direzione di un realismo ben lontano dalle convenzioni narrative hollywoodiane e dai canoni della serialità televisiva, strettamente legati alla gestione della suspense e al susseguirsi dei colpi di scena come immancabile elemento di appeal rispetto al pubblico.

Il mistero del lago

La miniserie della Campion si richiama piuttosto agli stilemi di un certo cinema indipendente, e in tal senso risulta assai più interessata all’approfondimento del background dei personaggi, alla rappresentazione dei loro stati emotivi e del loro contrastato universo interiore, che non all’azione o agli aspetti peculiarmente thrilling del racconto. Partendo da tali presupposti, l’autrice del pluripremiato Lezioni di piano e di Ritratto di signora sviluppa un racconto, intenso e spesso doloroso, che va a toccare molti dei temi nevralgici del suo cinema: l’innocenza infranta, che trova un’ideale personificazione nella figura della piccola Tui (Jacqueline Joe); l’opposizione fra una sensibilità tipicamente femminile ed un microcosmo spietatamente fallocentrico, nel quale le donne sono ancora oggetto di soprusi ed umiliazioni; la difficoltà dei rapporti familiari, logorati da tensioni e da sottili inquietudini; il nostro quotidiano confronto con la sofferenza, fisica o psichica; la violenza, un cancro sociale, culturale ma prima ancora etico, in grado di esprimersi in molteplici forme e varianti, ed espressione di un istinto di sopraffazione che miete le sue vittime proprio fra i più deboli.

I PERSONAGGI E IL CAST

In questa dimensione cupa e drammatica, ad incarnare il polo positivo della storia, vale a dire la protagonista capace di contrapporsi con fierezza al suddetto sistema di omertà, di abusi e di ingiustizie, è la giovane ispettrice Robin Griffin, magnificamente interpretata da Elisabeth Moss (premiata con il Golden Globe come miglior attrice), già nota al pubblico televisivo per il ruolo della copywriter Peggy Olson nella serie Mad Men e qui alle prese con un personaggio assai più ‘duro’ e consapevole, benché animato al contempo da un’intima dolcezza. La affiancano i due uomini con i quali Robin divide la propria giornata: uno, il detective Al Parker (David Wenham), in ambito professionale, l’altro, Johnno Mitcham (Thomas M. Wright), fratellastro di Tui, in ambito privato (fra Robin e Johnno, infatti, nascerà ben presto un’appassionata relazione). A completare il cast, almeno nei suoi componenti di maggior spicco, troviamo poi due stimati veterani del grande schermo. L’attore scozzese Peter Mullan, interprete di film come My Name Is Joe e Tirannosauro, conferisce una ruvidità e a tratti addirittura una ferocia impressionanti all’ambiguo Matt Mitcham, padre della piccola Tui, determinato a recuperare la figlia scomparsa con ogni mezzo, lecito o illecito. Mentre l’attrice americana Holly Hunter - alla quale proprio Jane Campion, esattamente vent’anni fa, aveva donato il ruolo più memorabile della sua carriera, la tormentata Ada McGrath protagonista del film Lezioni di piano, facendole conquistare un meritatissimo Oscar - si cala nei panni della figura più misteriosa ed affascinante dell’intera miniserie: GJ, bizzarra leader della micro-comunità muliebre che si è stabilita sulle sponde del lago. Un personaggio inquietante e stregonesco, con lunghissimi capelli bianchi e un’indecifrabile severità scolpita nello sguardo di ghiaccio; uno sguardo dal quale sembra trapelare l’amara consapevolezza che quel “paradiso” di cui tutte le sue adepte vanno affannosamente alla ricerca, forse, non è mai neppure esistito.

Top of the lake La regista e sceneggiatrice Jane Campion, già acclamata autrice per il cinema, confeziona un serial poliziesco che si allontana dai format convenzionali della suspense per puntare invece sulla descrizione dell’ambiente sociale (una cittadina della Nuova Zelanda) e sull’introspezione psicologica dei personaggi, nel segno di un asciutto e rigoroso realismo. Elisabeth Moss, ex-star di Mad Men, è l’eccellente protagonista nel ruolo di una giovane e caparbia ispettrice, affiancata da veterani del calibro di Peter Mullan e Holly Hunter.