Una Serie di Sfortunati Eventi: la recensione

Ecco cosa pensiamo delle prime disavventure degli orfani Baudelaire, protagonisti di Una Serie di Sfortunati Eventi.

Una Serie di Sfortunati Eventi: la recensione
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Era il 2002 quando a Barry Sonnenfeld venne offerto il ruolo di regista per il film di Una Serie di Sfortunati Eventi, fortunata serie di libri per ragazzi firmata da Lemony Snicket, pseudonimo di Daniel Handler. Già regista dei film de La Famiglia Addams, Sonnenfeld sembrava la persona ideale per trasportare il black humor dai libri al grande schermo. Il copione venne scritto dallo stesso Handler, ma poi la regia passò a Brad Silberling e la sceneggiatura venne completamente riscritta, allontanandosi molto da quello che era il progetto iniziale. A più di dieci anni di distanza, Netflix ha permesso a Sonnenfeld ed Handler di tornare sul loro progetto rendendolo una serie tv: la prima stagione conta otto episodi (dei primi due abbiamo già parlato qui) e copre gli eventi dei primi quattro romanzi della serie. Dopo averli visti tutti, è finalmente giunto il momento di tirare le somme su questa prima stagione, capace di intrigare grazie all'umorismo dark che la contraddistingue, così raro per un prodotto il cui target principale restano i bambini e le famiglie.


Dalla Stanza delle Serpi all'Atroce Accademia

Gli episodi proseguono seguendo fedelmente i primi quattro libri della saga, con una narrazione che incuriosisce ne La Stanza delle Serpi (anche grazie al carismatico zio Monty, interpretato da Aasif Mandvi) ma che purtroppo rallenta sensibilmente con i due episodi de La Funesta Finestra, i cui momenti più interessanti sembrano essere quelli che vedono l'incursione di Lemony Snicket. La Sinistra Segheria fa tornare alta l'attenzione dello spettatore perché è un adattamento inedito, con vicende che il film del 2004 non era arrivato a coprire. Le disavventure dei fratelli Baudelaire a questo punto rischiano di risultare ripetitive (raggiungono un nuovo posto, trovano il conte Olaf travestito, riescono a scamparla e lui fugge), ma le continue allusioni alla società segreta di cui sembra facessero parte i signori Baudelaire riescono a mantenere vivo l'interesse dello spettatore.

Attori ancora non del tutto perfetti

Louis Hynes per il momento risulta più talentuoso della coprotagonista Malina Weissman, e riesce a rendere il suo Klaus più tridimensionale rispetto a Violet, che invece risulta a tratti ancora piuttosto piatta, con una voce poco espressiva. Le "battute" irriverenti di Sunny riescono sicuramente a far sorridere il pubblico, ma a volte il CGI usato per il viso della piccola Baudelaire è così evidente e raffazzonato da risultare grottesco se non addirittura ridicolo. Neil Patrick Harris convince ma non del tutto: di tanto in tanto emerge l'attore dietro il personaggio, che in alcune scene arriva persino a ricordare la gestualità e la vena teatrale di Barney Stinson, della sitcom How I Met Your Mother (di cui abbiamo parlato durante un Weekend Nostalgia).

Un prodotto convincente che può ancora migliorare

Resta comunque difficile fare un paragone con il Conte Olaf portato da Jim Carrey sul grande schermo nel 2004: l'Olaf di Harris è più caricaturale e quello di Carrey invece più sinistro, ma sono inseriti in due prodotti del tutto differenti. La serie Netflix segue pedissequamente le vicende dei libri, rispettandone cronologia e stile narrativo senza tuttavia proporsi come copia audiovisiva di una storia cartacea: ci sono aggiunte in grado di intrigare sia i lettori sia chi si avvicina per la prima volta alla saga - il misterioso cannocchiale, le continue allusioni a una certa società segreta, il personaggio di Jacqueline (Sara Canning) e le peripezie dei genitori (Cobie Smulders e Will Arnett) sono elementi nuovi che però non scardinano l'universo narrativo creato da Daniel Handler aka Lemony Snicket. Del resto c'è proprio la penna di Handler dietro sei degli otto episodi della prima stagione, mentre era stato escluso dal progetto del film, che infatti mischia i primi tre libri senza riuscire davvero a convincere i lettori. Questa prima stagione sembra essere un buon punto di partenza, ma c'è ancora tanto da fare per riuscire a convincere un pubblico che comprenda sia i fan dei libri che i novizi: i Baudelaire mancano ancora di una caratterizzazione a tutto tondo, il mistero della società segreta deve essere approfondito e la trama deve evolversi dai semplici tentativi di sfuggire al Conte Olaf. Il contenuto dei prossimi romanzi fa ben sperare su ognuno di questi punti; non resta che vedere se la seconda stagione riuscirà a compiere quel passo che manca per rendere Una Serie di Sfortunati Eventi un prodotto in grado di convincere in ogni suo aspetto.

A Series of Unfortunate Events - Stagione 1 Questa prima stagione di Una Serie di Sfortunati Eventi si configura come un buon punto di partenza per un prodotto che tuttavia deve ancora migliorare per riuscire a convincere appieno, partendo in primis dalla recitazione dei fratelli Baudelaire e di Neil Patrick Harris, che a volte emerge troppo dietro il suo Conte Olaf. La narrazione intriga ne La Stanza delle Serpi per rallentare bruscamente con La Funesta Finestra e riprendersi con la Sinistra Segheria, la cui struttura narrativa tende però a ripetere quella dei precedenti episodi. Le incursioni didascaliche di Lemony Snicket e le continue allusioni a una società segreta sono il vero collante di questa stagione.

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