Alias Grace 1x01: storie di un'assassina

Dopo The Handmaid's Tale, ecco un'altra serie TV tratta dai libri di Margaret Atwood: Alias Grace, una storia non convenzionale su un'assassina dell'800.

Alias Grace 1x01: storie di un'assassina
Articolo a cura di

Quello che ormai si appresta a concludersi è stato un anno denso di soddisfazioni per Margaret Atwood. Sia chiaro, la Atwood è un'autrice che da oltre un ventennio colleziona premi letterari e apprezzamenti di sorta in ogni dove, per via del suo stile di scrittura postmoderno e intertestuale. Quello che le mancava, forse, era il riconoscimento del grande pubblico, specie di quello europeo; e oggi, dopo che il suo nome è stato avvicinato fra i papabili vincitori del Nobel alla letteratura (poi andato a Kazuo Ishiguro), si può dire finalmente dire che Margaret Atwood è fra le scrittrici più influenti dell'intero globo, in maniera questa volta più che conclamata. Merito anche di The Handmaid's Tale, una fra le migliori serie TV che hanno debuttato in questo 2017, tratta dalla prolifica penna dell'autrice canadese. Ed è proprio su questa scia, di successo ormai planetario, che si inserisce anche Alias Grace (L'altra Grace nell'adattamento italiano), nuova miniserie tratta dall'omonimo libro della Atwood e figlia di una sinergia fra Netflix e CBC, network canadese free-to-air su cui la serie è andata in onda a cadenza settimanale a partire dalla fine di settembre, prima di arrivare, in contemporanea mondiale, su Netflix giusto qualche giorno fa.

Simili pur nella diversità

Mettiamo subito le mani avanti: fin dal primo episodio, gli affezionati di The Handmaid's Tale si renderanno conto di una notevole differenza, percepibile a chiunque mastichi un po' di prodotti seriali. Se infatti nella serie TV targata Hulu la sensazione di trovarsi di fronte a un peso massimo della categorie era chiara sin dai primissimi minuti (per via di una fotografia eccezionale, di una regia incredibilmente sensibile nel catturare ogni scorcio e grazie a degli interpreti straordinari), con Alias Grace l'impatto iniziale potrebbe non essere esattamente lo stesso.

Sia chiaro, i valori produttivi, in termini anche solo meramente economici, non si discutono. Però, a conti fatti, sin da questo primo episodio, a fronte dei sei totali di cui questa miniserie si compone, si capisce che la sola firma della Atwood non può banalmente rendere qualsiasi serie TV imperdibile. È un'osservazione scontata che va comunque sottolineata, per non rimanere scottati alla prova dei fatti, ma anche per godersi appieno un prodotto, qual è Alias Grace, che riesce comunque a offrire momenti di buon intrattenimento seriale.

Prima del femminismo, prima di tutto

Protagonista della serie è Grace Marks, una domestica di origine irlandese, interpretata da una splendida Sarah Gadon, accusata di omicidio. Mai come in questo caso è il contesto a dare significato, radicalizzando ogni pregiudizio di genere: siamo infatti nel Canada del 1843, quasi un secolo prima dell'istituzione del suffragio universale nel suddetto paese, e anche chi è poco pratico con le faccende di storia può facilmente immaginare quale fosse la condizione femminile dell'epoca. In ogni caso, la pena decisa per Grace è l'ergastolo, che in quindici anni è stato scontato fra carcere e manicomio (all'epoca una donna assassina, almeno d'oltreoceano, era considerata un'eccezione non da poco conto). Il twist narrativo, su cui va a inserirsi proprio la serie, consiste nell'introduzione, che arriverà circa a metà del primo episodio, del dottor Simon Jordan (interpretato da un algido Edward Holcroft), medico americano interessato a studiare i processi mentali che si susseguono nella testa di Grace. La figura del dottor Jordan è fondamentale: assumendo il ruolo di una sorta di Freud ante litteram, quest'ultimo cercherà di scavare il più possibile all'interno di un'ambigua Grace, i cui intenti manipolatori fanno alzare la guardia sia allo spettatore che al medico stesso, dando così il là a lunghi flashback grazie ai quali si ricostruisce la storia dell'assassina.

Raccontando un Ottocento oscuro

Una formula, quella dell'analessi, che sì funziona, ma che potrebbe risultare noiosa sul lungo periodo, specie se sviscerata sotto il cliché della seduta psicologica, che comunque, grazie al suo scopo ricostruttivo, riesce a ben coniugare gli elementi da thrilling, che Alias Grace presenta, al ritratto della società dell'epoca, molto riuscito. A tal proposito, l'intera serie è permeata da una riuscitissima atmosfera cupa, che strizza l'occhio a più riprese al Jane Eyre di Cary Fukunaga, e non è un caso.

Infatti, sia il film ispirato al romanzo di Charlotte Brontë che Alias Grace, condividono un sottotesto molto chiaro, e che è elemento pregnante nei testi a cui entrambi i prodotti audiovisivi fanno riferimento: la condizione femminile nell'Ottocento, trattata, più che attraverso una serie di fatti, grazie a dei risvolti psicologici di non poco conto. Di più: se in The Handmaid's Tale questo concetto è radicalizzato, riducendo le donne a oggetto, qui siamo in una fase precedente, ma non per questo meno cruda, con le donne come antagoniste, individui subdotati a cui non dare credito alcuno. Ed è proprio questo frangente che potrebbe far elevare, al termine dei suoi sei episodi, questo Alias Grace.