Altered Carbon: prime impressioni sulla nuova serie Netflix

Dal 2 febbraio su Netflix, Altered Carbon è la prima incursione del colosso streaming nel mondo della fantascienza.

Altered Carbon: prime impressioni sulla nuova serie Netflix
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Dopo anni di temporanea lontananza dalle luci della ribalta, l'ultimo anno ha visto la definitiva rinascita della fantascienza, e in particolare di quell'immaginario tutto fumo, luci al neon e ragionamenti filosofico-esistenziali che va sotto il nome di cyberpunk. Dall'affermazione di The Expanse, al lancio di Philip K. Dick's Electric Dreams; dal ritorno di Star Trek (vera serie sci-fi, non cyberpunk), fino ovviamente al ritorno in pompa magna del brand che prima di tutti aveva reso un cult questo tipo di esperienze, Blade Runner 2049: pur con esiti altalenanti, è indubbio che il pubblico sia tornato a desiderare atmosfere del genere, con il risultato di arrivare fino a un vero e proprio abuso indiscriminato di grafiche laser anni '80 e a una rapida saturazione del mercato. Film, serie, videogiochi: il cyberpunk è tornato, vende, ed è chiaro che i diversi producer ci si vogliano lanciare. Netflix chiaramente non è da meno, ed ecco arrivare nel suo catalogo Altered Carbon, tratto dall'omonimo romanzo di Richard K. Morgan (in Italia pubblicato con il titolo "Bay City").

Uomini, serpenti, memorie, omicidio

Bay City, anno 2384. Dopo duecento anni il combattente Takeshi Kovacs (Joel Kinnaman) si risveglia in un corpo che non è il suo. La società umana ha infatti messo a punto un sistema per preservare l'identità e la coscienza personale salvandole in supporti di memoria digitali, rendendo di fatto i corpi come dei semplici contenitori (chiamati qui "custodie") facilmente sostituibili in caso di danneggiamento. Un passo in avanti verso l'immortalità, insomma, con la "morte vera" causata esclusivamente dalla distruzione di queste memorie. Ovviamente una società di questo tipo dà forma alle più svariate disparità, con la possibilità di accedere, per i ricchi e potenti magnati della terra, a funzionalità e benefit inimmaginabili, come i backup che vanno a ovviare a eventuali distruzioni delle memorie. Proprio da uno di questi magnati Kovacs viene risvegliato per risolvere un caso di omicidio: quello di chi l'ha riportato in vita. Laurens Bancroft, questo il suo nome, si è apparentemente suicidato, perdendo i ricordi delle quarantotto ore precedenti causa il mancato backup. Assolutamente convinto di non essersi tolto la vita, affida il compito di scoprire la verità a quello che scopriamo essere un elemento finemente addestrato, membro di una "setta" terroristica, e per questo considerato il migliore per venirne a capo.

Questo per sommi capi è la situazione che il pilot di Altered Carbon ci presenta. Biomacchine, intelligenze artificiali, umanità meccanizzate, omicidi, un caso da risolvere, tutto rientra nei canoni a cui il genere ci ha abituati. Le premesse della serie ci proiettano in un mondo che pur nella sua classicità riesce a darci l'impressione di aver elaborato una propria visione. Non mancano infatti spunti di riflessione già rapidamente accennati e che siamo convinti verranno approfonditi nel corso dei dieci episodi. Si gettano le basi per ragionamenti complessi, così come per uno sviluppo orizzontale intrigante, inframmezzato dalla possibilità di scavare più a fondo nella mitologia del mondo creato da Morgan.

Le luci della città

Anche dal punto di vista estetico Altered Carbon non poteva esimersi dal pescare a piene mani dall'immaginario classico del cyberpunk. C'è tutto quello che ci aspetteremmo di vedere in una serie del genere: auto volanti, immensi grattacieli dalle mille luci, una saturazione disturbante di messaggi pubblicitari dalle più svariate bizzarrie estetiche; e insieme bui e fumosi sobborghi, vicoli pericolosi e chiassosi dove trovare di tutto, dalle droghe agli strani alberghi tematicamente ispirati ad Edgar Allan Poe. Ci sono poliziotti nelle loro auto squadrate, una straripante mescolanza multietnica, la Yakuza, prostitute virtuali, sesso e molta violenza. Gli ambienti, l'illuminazione, l'uso degli effetti digitali hanno una resa altissima per un prodotto televisivo, e si vede quanta cura sia stata messa nel voler ricreare un mood iconico, riconoscibile, ma allo stesso tempo entusiasmante nell'originalità della rivisitazione.

Al momento un po' sottotono sembrano le musiche, meno incisive di quello che ci si sarebbe potuti aspettare, ma che nel complesso riescono ad accompagnare la narrazione in maniera funzionale. Lo show ideato da Laeta Kalogridis non inventa pressoché niente di nuovo, potendo al primo impatto dare forse l'idea di essere fin troppo derivativo, ma quello che fa lo fa in maniera egregia. Non possiamo quindi che promuoverla per il momento, sperando che tutti questi elementi di qualità non si spengano nelle banalità di una scrittura che si accontenti di cavalcare canoni già fin troppo noti.