First look Beauty And The Beast - Stagione 1

The CW propone una versione contemporanea e a tinte sovrannaturali della storia d'amore tra la Bella e la Bestia, un progetto dedicato a un target prevalentemente molto giovanile e con una struttura un po' da procedural.

First look Beauty And The Beast - Stagione 1
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Quando il network The Cw ha presentato il nuovo palinsesto per questa stagione autunnale, sicuramente Beauty and the Beast è stato uno di quei titoli che ha attirato subito l'attenzione del pubblico. Per prima cosa perché corrispondeva al ritorno sul piccolo schermo di Kristin Kreuk e poi perché, con il suo nome così chiaramente identificativo, richiamava alla mente atmosfere fiabesche mai dimenticate e sempre molto amate. Sin da subito i produttori hanno precisato, senza nasconderlo, che la serie affondava le proprie basi dall'omonimo progetto andato in onda tra il 1987 e il 1990, aggiornandolo e rimodernandolo per renderlo più appetibile per le nuove generazioni. Ne avevamo parlato, cercando di sbirciarne i contenuti nelle parole dei suoi protagonisti, durante il Comic Con di San Diego e oggi, dopo aver visto l'anteprima mondiale del pilot presentata nella sezione Kids & Teen del Roma Fiction Fest, possiamo cercare di capire in cosa si differenzia Beauty and the Best da suo predecessore.

Come si chiude un cerchio

2003. Dopo un'altra serata di lavoro al bar, Cat è pronta per tornare a casa, quando si accorge che la sua macchina ha la batteria scarica. Chiama sua mamma e insieme cercano di sistemare la cosa, ma due uomini armati si avvicinano loro e, senza apparente motivo, le aggrediscono con dei fucili. La ragazza scappa nel bosco: tutto sembra spacciato e gli aggressori le sono alle calcagna, quando un essere esce dal buio e caccia via i due uomini. Nel corso degli anni le hanno sempre detto che probabilmente era stata salvata da un orso, ma Cat è sempre stata convinta si trattasse di altro e da quel giorno ha continuato a investigare sulla notte in cui è stata uccisa sua madre. Oggi Catherine Chandler è un detective della polizia di New York che cerca di far convivere il suo lavoro con la vita personale e la persistente voglia di scoprire la verità. La svolta avviene quando sulla scena di un omicidio vengono ritrovate le impronte di Vincent Keller, medico militare deceduto sotto il fuoco nemico in Afghanistan nel 2002, e un capello appartenente ad un esemplare ibrido con una struttura molecolare simile a quelli ritrovati la notte della morte della mamma di Cat. In che modo i due casi sono collegati tra loro? E com'è possibile che siano state ritrovate le tracce di un uomo morto da 10 anni?

Quale bestia?

Dare le giuste risposte a queste domande è davvero troppo facile e scontato, senza nemmeno inoltrarsi troppo nel pilot di Beauty and the Beast il cui mistero, comunque, si esaurisce già al termine dei primi 30 minuti. Vincent è una vittima degli esperimenti dei militari che hanno sperimentato su di lui un siero in grado di renderlo un soldato migliore, più forte e con i sensi più affinati. Peccato però che ci sia un effetto collaterale: l'eccesso di adrenalina lo rende aggressivo e incapace di controllare la sua forza... insomma, una bestia. Cosa che capiamo perché intuitiva e spiegata a gran voce più volte, ma non aspettatevi una trasformazione fisica evidente che caratterizzi il passaggio da uomo e bestia. Da questo punto di vista Beauty and the Beast soffre della pecca dell'iconografia moderna, in cui i tipici miti caratterizzati da un aspetto repellente e molto artefatto (vampiri, licantropi, demoni, spettri...) vengono mostrati al pubblico come sempre perfetti e bellissimi. L'attrazione verso le più famose creature della notte non avviene più per il fascino intrinseco della loro stessa esistenza, quanto più per il complesso estetico ben studiato secondo i canoni del momento. Non a caso Jay Ryan, interprete appunto della bestia Vincent Keller, è uno di quelli che non passano di certo inosservati. Il suo ruolo all'interno della serie, seppur non ancora svelato, non è certo impossibile da intuire. Presumibilmente diverrà un pezzo fondamentale della routine di Catherine: fonte di informazioni di ciò che può essere successo la notte dell'omicidio di sua madre, utile aiuto nella risoluzione dei più disparati casi della polizia grazie alle sue abilità e, ovviamente, unico esponente del sesso maschile di cui fidarsi davvero e a cui aprirsi sentimentalmente. Una prospettiva che non sappiamo quanto possa risultare allettante, vista la struttura già ampiamente sfruttata da moltissime altre produzioni e presentata in modo visivamente mediocre.

Once Upon a Time Is Now...

Così recitava la tag-line della serie originale trasmessa tra il 1987 e il 1990. In quel La Bella e la Bestia interpretato da Ron Perman e Linda Hamilton dove si respiravano ancora delle atmosfere fuori dalla realtà che, seppur oggi sarebbero state innalzate a bandiere del kitsch, regalavano al progetto uno stile del tutto unico e particolare, funzionale per l’epoca. Il plot si sviluppava su un duplice livello approfondendo da un lato la relazione tra Vincent, una mitica bestia di nobili origini, e Catherine, assistente procuratore distrettuale di New York, e dall’altro esplorando l’utopica società sviluppatasi nell’underground cittadino, dove una moltitudine di strani esseri vive in segreto. Curioso era come all’epoca Vincent non fosse il tipo di bestia destinato a trasformarsi in umano: non rappresentava, infatti, il simbolo della bellezza com’è recepita dalla società in contrato con quella realmente importante e la sua forma animale era solo una caratterizzazione del personaggio.

Beauty And The Beast - Stagione 1 Prodotto da CBS e in programmazione su The CW da ottobre, Beauty and the Beast si conferma come un prodotto il cui destino è legato a sviluppi futuri. Com’è strutturato attualmente appartiene più a quelle serie costruite per attirare un pubblico di teenager più interessato al fascino fisico dei suoi protagonisti (tra Kristin Kreuk e Jay Ryan è difficile affibbiare il titolo di bello solo a uno dei due) che allo sviluppo psicologico che possono portare avanti nella narrazione. Il pilot non lascia molte reali speranze di successo e, anzi, pone delle basi piuttosto deludenti, ricche di stereotipi e luoghi comuni di sceneggiatura, che mal fanno sperare.