Black Mirror 5: un primo sguardo alla quinta stagione

Diamo un'occhiata ai primi due episodi della quinta stagione della serie antologica di Charlie Brooker, dal 5 giugno su Netflix

Black Mirror 5: un primo sguardo alla quinta stagione
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Sono passati otto anni dal debutto sul canale britannico Channel 4 di Black Mirror, la serie antologica di Charlie Brooker che indaga le drammatiche e angoscianti conseguenze del progresso tecnologico - sempre più avanzato rispetto a quello reale e contemporaneo, ma mai del tutto alieno alla nostra realtà - sulla vita di persone ordinarie. In questi otto anni sono cambiate tante cose: siamo diventati ancora più dipendenti dalla tecnologia e al tempo stesso più paranoici per quanto riguarda la nostra dipendenza da essa; e nel 2015 Netflix ha acquistato i diritti per Black Mirror, che sul nuovo mercato internazionale ha un po' cambiato i toni, mescolando all'angoscia e alla paranoia una maggiore attenzione alla componente emotiva e psicologica dei vari protagonisti.
Le ultime due stagioni non sempre hanno funzionato, regalandoci picchi di altissima qualità narrativa (pensiamo a San Junipero, il primo episodio a lieto fine della serie) così come puntate non del tutto convincenti (Arkangel), ma è un rischio di cui tener conto in una serie antologica. Dopo lo speciale interattivo Bandersnatch, Black Mirror torna con una quinta stagione che, almeno sulla carta, parrebbe essere un ritorno alle prime stagioni: tre episodi e non più sei, con nomi importanti come Anthony Mackie, Andrew Scott e Miley Cyrus nel cast. Se però vi aspettate i fasti delle prime stagioni, guardate altrove. Qui parliamo proprio dei primi due episodi, e attenzione: l'articolo contiene spoiler!

Tradimenti e realtà virtuali

Il primo episodio della quinta stagione di Black Mirror si intitola Striking Vipers e segue le vicende di Danny (Anthony Mackie), incastrato in una monotona vita borghese con una moglie - Theo, interpretata da Nicole Behaire - con cui non comunica davvero più, un figlio di tre anni e un secondo figlio che lui e Theo stanno cercando di avere da mesi, finora senza successo. Una via di fuga dalla realtà gli viene offerta dal suo vecchio amico, Karl (Yahya Abdul-Mateen II), che gli regala il nuovo capitolo di Striking Vipers, un videogioco di combattimento in stile Tekken a cui giocavano sempre quando erano più giovani. La realtà virtuale avanzatissima permette a entrambi di vestire i panni del personaggio scelto, sentendo il dolore dei colpi inferti al proprio avatar senza riportare veri danni nel mondo reale; e ben presto il mondo virtuale con tanto di alter ego gli permette di portare la loro intesa e sintonia su un piano sessuale, mentre la vita di entrambi al di là del videogioco si sgretola pian piano.
Striking Vipers offre diversi spunti di riflessione, dal confine tra pornografia e tradimento all'importanza della comunicazione nei rapporti interpersonali, passando da una visione intima dell'amicizia maschile fino alla complessità della sessualità e a come la realtà virtuale e in generale internet possa spingerci oltre limiti che normalmente non supereremmo mai; ma nessuno di questi punti viene veramente approfondito, mantenendo il tutto su un livello di narrazione alquanto superficiale che accenna ma non approfondisce nulla, probabilmente anche per colpa di una caratterizzazione dei protagonisti appena abbozzata (nonostante l'ottimo lavoro degli interpreti principali, che riescono a rendere veri i loro personaggi).

La tecnologia e i valori umani

Smithereens non è propriamente fantascienza e non ha nulla di distopico: è il dramma di un uomo segnato dal lutto e dal senso di colpa per un errore fatale legato a doppio filo alla tecnologia e alla (nostra) dipendenza dai social media, a questo nostro bisogno costante di controllare le notifiche, i like e i commenti ai nostri post. Andrew Scott è eccezionale nei panni di Chris, autista di un servizio di car sharing che ogni giorno parcheggia nei pressi della sede londinese di Smithereens - un social network simile a Twitter - nella speranza di avere come cliente un pezzo grosso dell'azienda. Quando sulla sua auto sale Jaden (Damson Idris), Chris può finalmente far partire il suo piano e rapirlo, minacciandolo con una pistola per ottenere il contatto di Billy Bauer, fondatore di Smithereens.

Il regista James Hawes costruisce sapientemente la tensione fino al confronto telefonico finale, in cui Chris riversa tutta la sua angoscia contro un sistema - quello dei social network, dipendenza compresa - da cui è riuscito a uscire solamente per una tragedia personale. La premessa e lo sviluppo dell'episodio sono diversi da ciò a cui Black Mirror ci ha abituati: non siamo messi di fronte alle conseguenze dell'evoluzione tecnologica estrema; siamo noi nella nostra quotidianità. Non siamo Chris, ma chi in giro per il mondo segue il fatto di cronaca in diretta via social, mettendo momentaneamente in pausa la nostra vita per guardare uno schermo nero.