BoJack Horseman: prime impressioni sulla quinta stagione

Diamo un'occhiata ai nuovi episodi di uno dei migliori prodotti originali Netflix, disponibili dal 14 settembre.

BoJack Horseman: prime impressioni sulla quinta stagione
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Dopo aver alzato l'asticella della qualità a ogni nuova stagione, torna uno dei personaggi più amati della nuova serialità televisiva. Disponibile dal 14 settembre su Netflix, la quinta stagione di BoJack Horseman ci riporta così nella sua disastrata Hollywoo, tra party in piscina e progetti abortiti, autocommiserazione e sensi di colpa, nel difficile viaggio senza meta del cavallo più disperato dello show business. A caldo, ecco le prime impressioni di una nuova stagione che - forte dei suoi protagonisti, delle sue new entry (come il Flip McVicker di Rami Malek, già intravisto nella quarta stagione) e di una formula vincente - promette di essere un ulteriore tassello nella parabola tragicomica di un personaggio sempre più umano e, drammaticamente, sempre più simile a noi.

Dove eravamo rimasti?

Il tempo è una freccia, si sa, e pare giunto il momento - dopo aver archiviato i fantasmi del passato e le responsabilità della paternità - anche per la star di Horsin' Around e Secretariat di smettere di guardarsi indietro e gettarsi a capofitto (si fa per dire) in una nuova avventura. È qui, su un set paradossalmente identico a casa sua, che ritroviamo allora BoJack, questa volta intento a calarsi nei panni oscuri e tormentati del detective Philbert, protagonista della nuova serie di punta del sito WhatTimeIsItRightNow.com. Ma non è tutto oro ciò che luccica e BoJack continua a portarsi dietro i suoi problemi, scaricandoli stavolta su quell'alter ego in trench e distintivo troppo simile a ciò che il cavallo che non vorrebbe più essere. E le cose non vanno certo meglio per i suoi comprimari, tra desideri di maternità oramai impellenti (Princess Carolyn impegnata con la burocrazia delle adozioni), personaggi prigionieri del proprio ruolo assurdo e stralunato (Todd, come sempre imprevedibile) e rapporti destinati, forse, a finire definitivamente (il divorzio tra Diane e Mr. Peanutbutter).

Un racconto di solitudini

Già da questi momenti iniziali, Bojack Horseman - al di là delle consuete e intelligenti strizzate d'occhio all'attualità (qui le molestie nel mondo dello spettacolo e il fenomeno #MeToo) - si conferma essere quel grande affresco animato di solitudini e inadeguatezze che ci ha fatto innamorare sin dal primo episodio, un inferno patinato in cui i suoi protagonisti paiono intrappolati ma a cui cercano di reagire come possono, dosando, magari, la quantità di vodka da bere di prima mattina o preparandosi per un full-frontal davanti alla macchina da presa, mentre si sta avvitando una lampadina. Assurda, drammatica, grottesca, la serie creata da Raphael Bob-Waksberg, tanto nei toni quanto nelle situazioni, pare ben determinata a non tradire se stessa e l'essenza di un personaggio oramai entrato a pieno titolo nell'olimpo dei migliori antieroi seriali contemporanei.