Chernobyl: primo sguardo alla miniserie in onda su Sky Atlantic

Arriva sul piccolo schermo il racconto di una delle tragedie più gravi del secolo scorso, nella miniserie di cui stanno parlando tutti.

Chernobyl: primo sguardo alla miniserie in onda su Sky Atlantic
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È molto complicato, se non addirittura impossibile, descrivere con numeri e parole l'effettiva portata della tragedia nucleare che scosse l'Europa e il mondo intero nella notte del 26 aprile 1986. Ecco che allora arrivano in soccorso le immagini, quelle di innumerevoli film, documentari e di Chernobyl, nuova serie prodotta da HBO, diretta da Johan Renck (Bloodline) e interpretata da Jared Harris e Stellan Skarsgard, in Italia trasmessa su Sky Atlantic dal 10 giugno. Una produzione drammatica che ripercorre, con crudele realismo, i momenti immediatamente successivi a una delle catastrofi più importanti del secolo scorso. Non è un'operazione facile quella portata avanti da HBO, soprattutto per il rischio di scadere in una narrazione romanzata. Eppure fin dai primi momenti di visione sembra che lo show creato da Craig Mazin faccia tutto il possibile per raccontare con fredda precisione ció che si è consumato all'ombra della centrale nucleare di Chernobyl, e non è quindi un caso che in America tutti ne parlino come della serie migliore del 2019 (del resto, su IMDB è il titolo seriale con il rating più alto in assoluto).

1:23:45

All'1:23 e 45 secondi una luce improvvisa illumina la notte. Pochi secondi dopo un frastuono enorme investe il complesso abitativo vicino alla centrale nucleare di Chernobyl. Delle fiamme fanno brillare la costruzione che inizia a risplendere nonostante il buio profondo. È l'inizio di un disastro la cui effettiva gravità si scoprirà solamente con il passare del tempo.
Nei primi momenti, a soffocare la verità e a impantanarne la diffusione sono la paura e la miopia dei responsabili della centrale. Eppure, e questo primo episodio lo esemplifica benissimo, basta poco tempo alle persone coinvolte per avere una minima idea di quello che si trovano ad affrontare. Che ci sia qualcosa di strano in molti lo capiscono fin da subito, a partire dalle prime squadre di intervento chiamate per domare le fiamme violente dell'incendio. Nei loro occhi si riflette la luce accesa e vibrante del fuoco e si riesce a percepire la paura che deriva dalla coscienza di star affrontando qualcosa verso cui non si è preparati. La sensazione di trovarsi di fronte a una terribile sorpresa.

Coraggio e silenzio

Proprio questo sembra essere uno dei temi ricorrenti all'interno della narrazione proposta dallo show. Una contrapposizione tra chi si sforzava di indagare e comprendere la gravità della situazione in modo da proteggere le persone in pericolo e chi, forte della propria posizione di potere, cercava di mettere tutto sotto silenzio. In questo primo episodio, intitolato 1:23:45, a ogni spinta di verità il muro statale del silenzio si dimostra sempre più pesante e irremovibile.

La storia diventa quindi anche una lotta tra due estremi e non solo la ricostruzione cronologica degli eventi successivi all'esplosione del reattore. Diventa il racconto dei sacrifici compiuti dalla popolazione comune, dai pompieri impegnati a rimuovere i detriti radioattivi alle cure fornite dai dottori e dalle infermiere del vicino ospedale, mentre l'egoismo burocratico degli apparati statali appesantisce l'aria contaminata che circonda la centrale e rischia di rendere inutili gli sforzi di questi eroi di ogni giorno.

Leggenda o documentario

Le fatiche e le sofferenze raccontate nella serie fanno paura. Creano angoscia perché la realtà di Chernobyl può essere compresa (seppure non nella sua interezza) solamente con le immagini che (anche) questa serie offre ai nostri occhi. I numeri stessi della tragedia variano ancora oggi, vittime di stime così diverse tra loro da creare un pesante alone di confusione. Il banco di prova maggiore per lo show prodotto da HBO diventa allora la capacità di raccontare con attenzione (e uno stile quasi documentaristico) le storie dei singoli personaggi, di chi quel 26 Aprile si trovava fin troppo vicino al disastro, senza far scadere la dimensione narrativa in un sensazionalismo romanzato che finirebbe per banalizzarne l'importanza.