Euphoria 2 Recensione: il ritorno di Zendaya fa centro?

Torna la serie di Sam Levinson con protagonista Zendaya, per addentrarsi ancora di più nei disagi giovanili tra malessere e bellezza.

Euphoria 2 Recensione: il ritorno di Zendaya fa centro?
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Come ripartire dopo un gran finale. È pur vero che la seconda stagione di Euphoria non si collega direttamente all'episodio conclusivo della precedente, dove a fare da ponte tra le due compaiono i doppi speciali natalizi a cavallo del 2020 e 2021 incentrati sulle figure di Rue Bennett e Jules Vaughn (recuperate qui la nostra recensione dello speciale di Euphoria con Zendaya e la recensione dello speciale di Euphoria su Jules). Ma è comunque impossibile togliersi dalla testa un epilogo così sospeso nel panorama della serialità, in cui ogni cosa si è come fermata solamente per un istante.

Euphoria: dove eravamo rimasti?

Nell'episodio And Salt the Earth Behind You la narrazione su Rue e il resto dei suoi compagni di vita e scuola si interrompe arrestando il vortice di perversione e travaglio che la serie aveva messo in circolo, fregandosene di chiudere qualsiasi linea di racconto fosse stata aperta e preferendo restituire delle sensazioni piuttosto che concentrarsi sul compimento di un percorso portato a termine.

Una scelta azzardata, Euphoria è l'unica serie a cui avremmo potuto concedere un'assurdità simile. Eppure, nel vuoto a perdere in cui si lascia trascinare la ragazza, nella caduta nell'abisso che tramuta la storia in un videoclip continuo senza più alcuna presa con la realtà e immateriale come il mondo degli stupefacenti di cui Rue è assuefatta, l'essenza di Euphoria si sprigiona in tutta la sua potenza. Il suo animo, la sua natura. L'essere perfettamente incentrata sui suoi personaggi, ma avere comunque la possibilità di distaccarsene per raccontarli nella soluzione più eterea che ci si possa aspettare. Un'evanescenza tale che riacquista presa e carnalità con gli episodi speciali, ma che come un fantasma continua a volteggiare sulla seconda stagione, che fa così del ritorno della serie scritta e ideata da Sam Levinson un'immagine ancora più astratta e percettiva di quanto lo spettatore possa anche solo sopportare.

È con un costante senso di pericolo che il pubblico va ad approcciarsi fin dal primo minuto al ritorno delle puntate di Euphoria. Un sentimento di malessere che, se era riuscito a penetrare la pelle degli spettatori con la sua prima uscita, decide di infliggere in profondità i disagi che i personaggi stanno attraversando dentro l'epidermide di chi è lì per guardarli.

Osservare le strade intraprese dai protagonisti è un dolore per la consapevolezza di un'impotenza che lo show impone allo spettatore, il quale non può fare altro che assistere all'auto-distruzione di una gioventù completamente allo sbando. Il presentimento costante di una tragedia che potrà abbattersi da un momento all'altro, il sentore di una catastrofe inevitabile a cui nessuno di loro potrà riuscire a sfuggire, catapultandoli ancora di più verso l'inevitabilità di una fine che non prospetta alcuna speranza. Una melma da cui nessuno potrà uscire, né ora né forse mai.

Tra estetica e morte: tutto il dolore giovanile in un'unica serie

Se già nella prima stagione Levinson aveva lasciato spazio alla creatività visiva che andava a sua volta definendo e tratteggiando l'interiorità dei personaggi, col suo ritorno Euphoria mantiene l'estasi raggiunta su quel nominato finale di stagione portandolo al punto di libertà massima.

L'estetica si scollega da qualsiasi rimando al mondo tangibile sperimentando ancora di più nella regia e nella messinscena, isolando intere sequenze rendendole pura espressione dello spirito intimo della serie, che predilige le suggestioni alle parole, l'immagine alla verità. La mano di Sam Levinson è più indipendente di quanto sia mai stato permesso a qualsiasi altro prodotto, creando un vero e proprio genere riferibile in tutto e per tutto a quella sua matrice, facendo di Euphoria un immaginario chiaro e identitario che lo rende inavvicinabile. Quella sofferenza che nella seconda stagione si fa più stringente, quella propensione alla morte che si sente così disperata messa in relazione alla giovane età dei personaggi, fa da traino a problemi adolescenziali che qui assumono il peso dell'incomprensione da parte del circondario e il tentativo di riempire quei turbamenti affogandoci dentro ancor di più, fino a restare senza fiato. Agitazioni intense per una società che ha lasciato i propri figli allo sbaraglio e contro cui quest'ultimi hanno deciso di schiantarsi come sfrecciando incoscienti di notte su un' autostrada.

L'amore per se stessi non esiste e ha come possibilità solamente il riempire l'inadeguatezza con la meccanicità del sesso, mentre l'opportunità di rimanere puliti viene macchiata dal cedere senza più resistenze alle droghe per perdersi così nel loro effetto anestetizzante. E vediamo l'inevitabile smarrimento anche degli adulti : padri e nonni che sono stati da giovani più o meno persi, destinati alla tossicità dalle convenzioni famigliari o sociali che hanno a loro volta avvelenato i figli.

In Euphoria non c'è possibilità di salvezza se non - per il pubblico - nella sua incandescente bellezza. Se non per la meraviglia della sua capacità espressiva e il saper trasformare la drammaticità in forma artistica. Scuotendo lo spettatore e abbandonandolo come abbandonati sono i protagonisti, la serie lo conduce fino all'interno del racconto e glielo trapianta direttamente nelle interiora. La vulnerabilità di personaggi e pubblico messa completamente a nudo, per una serie che è impossibile smettere di guardare, anche quando fa più male.

Euphoria stagione 2 Come proseguendo sulla scia del finale della prima stagione, Euphoria continua il suo percorso nei disagi e nel travaglio di un gruppo di adolescenti esprimendo la loro interiorità attraverso la regia e la messinscena. La seconda season si fa assai più astratta, cercando nell'estetica la propria forma espressiva e confermando un immaginario che appartiene solo a questa serie. Un senso di pericolo e di malessere verso i protagonisti di cui lo spettatore ha un sentore costante, alleggerito solamente dalla bellezza visiva del lavoro di Sam Levinson.