Le Fate Ignoranti La serie: 21 anni dopo la magia è rimasta intatta?

Un nuovo inizio per il cult di Özpetek che, nonostante abbia una scrittura solida, rischia di non adattarsi alla struttura seriale.

Le Fate Ignoranti La serie: 21 anni dopo la magia è rimasta intatta?
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Le Fate Ignoranti - La serie è uno di quei progetti del piccolo schermo che sembra ricadere nella classica formula revival, con prodotti che, visto il successo incredibile, vengono poi trasposti con altre meccaniche narrative, con una lettura tendente al reboot, ma cercando di mantenere intatta l'anima dell'opera originale. Nel 2001, Le Fate Ignoranti di Ferzan Özpetek (vi consigliamo di dare un'occhiata alla recensione de La dea fortuna, ultima fatica del cineasta) è stata una vera e propria rivoluzione per il nostro cinema, affrontando tematiche che ventuno anni fa erano ancora scomode in Italia, portandole deliziosamente ed elegantemente alla luce del sole (Venezia 78 il regista ha celebrato i vent'anni de Le Fate Ignoranti con un evento speciale). Una carica travolgente e inaspettata, dominata dall'amore, e dall'equilibrio dei vari personaggi, anime diverse, ma profondamente legate da un affetto reciproco.

Un cult che ha seminato i suoi frutti e che, ragionando sulla sua portata contenutistica, è molto complicato da trasporre ai giorni nostri. Soffermandoci, per ora, solo sui primi due episodi iniziali de Le Fate Ignoranti - La Serie, possiamo dire che sia Özpetek che Romoli hanno riservato una cura particolare sia alla sceneggiatura che alla regia, muovendosi intelligentemente tra tradizione e innovazione e ricercando in una mezza misura il bilanciamento perfetto. Se è indubbio il valore alla base della realizzazione, è anche vero, però, che molti elementi stridono tra loro e mettono in dubbio sia il funzionamento della struttura seriale applicata al film, sia il fine ultimo del titolo. Vi ricordiamo che lo show debutta su Disney+ il 13 aprile 2022 con tutte e 8 le puntate che compongono l'opera.

Il rischio di stravolgere l'aspetto più riuscito della pellicola

Le Fate Ignoranti - La serie ha, bene o male, lo stesso incipit del lungometraggio: la morte di Massimo (Luca Argentero) rappresenta l'incontro tra due universi agli antipodi: il mondo borghese della moglie Antonia (Cristiana Capotondi) con il microcosmo multietnico in cui si muove Michele (Eduardo Scarpetta), amante di Massimo da un anno.

Se partiamo da questo, la realizzazione è rimasta pedissequamente legata alla pellicola; ciò che cambia, fin dall'inizio, è l'approccio alla storia che, con 8 episodi, ha la possibilità di respirare in modo molto più ampio e stratificato. Senza fare troppe rivelazioni, il pilot, ad esempio, per quanto si concentri sulla tragedia della scomparsa di Massimo, sviluppa anche il suo legame con Michele ancora prima che quest'ultimo incontrasse Antonia, un elemento assente all'interno del film, dove la relazione omossessuale tra i due viveva tramite i racconti dell'amante e degli altri personaggi. Si può notare, quindi, che le potenzialità narrative sono infinite perché una struttura seriale dà l'opportunità di caratterizzare i personaggi più dettagliatamente e in chiave più funzionale ai sensi della narrazione. A variare, oltre allo spazio dato ai vari comprimari, è anche il punto di vista della storia che si trasforma continuamente, rappresentando intelligentemente un pluralismo di voci efficace e molto dinamico.

Nonostante l'approccio episodico possa essere funzionale alla caratterizzazione dei vari ruoli e anche nella reinvenzione dei contenuti stessi del materiale originale, è anche vero che gran parte del successo de Le Fate Ignoranti derivava dall'alone di mistero che aleggiava tra i componenti di casa Mariani. La magia si trovava in quelle dinamiche che rimanevano sospese e che non avevano per forza bisogno di una spiegazione razionale o di una didascalizzazione marcata. Per questo motivo, un rischio concreto è che, con l'avanzare dello show, il voler spiegare e dettagliare a tutti i costi vada a ledere l'efficace non detto della pellicola.

Le Fate Ignoranti - La serie: la difficile arte di attualizzare

Detto ciò, ne Le Fate Ignoranti - La serie la scrittura dei personaggi è in generale riuscita, con alcune eccezioni di cui è difficile parlare, tenendo conto che mancano ancora 6 episodi per approfondire tali figure adeguatamente. Forse l'aspetto più affascinante, come spesso accade nel cinema di Özpetek, è la stratificazione dei dialoghi che riescono ad essere, al tempo stesso, comici e tragici, con più livelli di lettura che il pubblico è chiamato ad individuare.

La regia, in pieno rispetto dello stile dell'autore, è evocativa e sensibile, cattura gli sguardi dei personaggi, racconta storie soffermandosi sui dettagli dei luoghi, delle ambientazioni, sui vestiti e gli oggetti. Con l'occhio della cinepresa riusciamo quindi a comprendere le differenze sociali tra i gruppi dei protagonisti, la loro indole e i loro movimenti. Ad un primo sguardo, ciò che manca, rispetto al film, è quell'approccio rivoluzionario, quella linea innovativa che trova effettivamente difficoltà a prendere forma nella serie. Anche se il contenuto cerca di adattarsi ai tempi di oggi, con personaggi diversi, alcune piccole modifiche nella storia e alcuni macro e micro cambiamenti nello sviluppo dell'ordito, è difficile rimanere sullo stesso livello qualitativo perché, semplicemente, sono passati 21 anni.

Bisogna vedere se questo viaggio indietro nel tempo del filmmaker turco abbia delle solide basi che lo ancorino alla modernità perché, da quello che abbiamo visto, non vi è nessun elemento davvero straordinario. Ad ora, alla luce delle sole prime due puntate, possiamo constatare che, al netto di un studio dignitoso di regia e sceneggiatura, non si riesce a comprendere la finalità del progetto oltre alla mera riproposizione seriale di un film che ha fatto la storia del cinema italiano.

Le Fate Ignoranti - La serie Le Fate Ignoranti - La Serie con i primi due episodi già ci mostra l'incredibile potenziale che una struttura seriale può offrire ad un contenuto in precedenza ingabbiato in un più ridotto minutaggio filmico. Ma siamo veramente sicuri che approfondire di più i comprimari e rendere tutto più didascalico sia realmente un'arma vincente? Al netto di una sceneggiatura e una regia di buon livello, il rischio più grande del progetto è di non cavalcare quella rivoluzione che invece permeava ogni scena della pellicola originale, difficile da trasporre ai giorni nostri perché, semplicemente, erano tempi diversi e il mondo è cambiato.