Il 2020 "Serial" si è aperto col botto. Grazie all'arrivo di show come His Dark Materials o anche The New Pope,oltre a tutte le serie TV Netflix di gennaio 2020 o ancora il catalogo serie TV Amazon Prime Video di gennaio, la nuova annata ha già saputo momenti importanti per gli appassionati della suddetta sfera d'intrattenimento. Le piacevoli sorprese sembrano destinate a non esaurirsi: disponibile dal 17 gennaio su Apple TV +, infatti, è arrivata anche Little America, serie TV antologica che ha come obiettivo la trasposizione televisiva di storie vere (raccontate in Epic Magazine), illustrate con un piglio sempre leggero, fresco, ma non per questo incapace di trasmettere le giuste sensazioni emotive.
Nello specifico, la produzione guarda alle storie degli immigrati che vivono sul suo statunitense e le loro - più o meno - travagliate avventure, per un totale di otto episodi che raccontano, per l'appunto, otto racconti diversi. Dopo aver visto il primissimo episodio, della durata di trenta minuti (anche gli altri episodi seguiranno questo format), siamo pronti a mettere a nudo le nostre sensazioni a caldo che, complessivamente, sono più che positive. Insomma: anche se è presto per parlare, abbiamo un'idea più precisa del perché lo show sia già stato rinnovato per una seconda stagione.
Un manager particolare
Il primo episodio racconta la storia del giovane Kabir (Ishan Gandhi), un ragazzino di otto anni che dimostra sin dall'inizio un acume ed un'intelligenza fuori dal comune. Con un sorriso sempre sulle labbra e una curiosità praticamente infinita, il piccolo passa le sue giornate insieme alla madre e al padre, i quali gestiscono un modesto hotel nel cuore degli States. La vita di Kabir, però, è destinata a cambiare inesorabilmente e in modo repentino, a causa di motivazioni che egli, nella sua innocenza infantile, imparerà a comprendere soltanto in futuro. Le leggi sull'immigrazione arrivano infatti a scombussolare la sua felice famiglia, costringendola a separarsi a tempo indefinito, fino alla risoluzione delle suddette noie burocratiche. I genitori, infatti, affidano il piccolo ad un tutore tutt'altro che convenzionale, il senza cuore Kunal (Sunkrish Bala) il quale, rapidamente, costringe con la sua totale indifferenza il giovane protagonista a prendere coscienza di sé e soprattutto della nuova realtà che lo circonda.
La tanto amata attività di famiglia finisce così nelle piccole mani di Kabir, il quale accetta con grande dedizione e sincera felicità la nuova missione, con la convinzione innocente che i genitori torneranno a casa in qualche mese. Senza entrare troppo nel merito della trama, vi diciamo soltanto che i piani del giovane non andranno esattamente come previsto e, ben presto, sarà costretto a prenderne atto. Inizia così per Kabir una nuova vita, la cui felicità va spegnendosi giorno dopo giorno, cancellando a poco a poco quello splendido sorriso e, soprattutto, quella sincera innocenza che lo contraddistinguevano. Ma, come si suol dire, la speranza è sempre l'ultima a morire e, come conclusione di un percorso di crescita, il giovane imparerà anche quest'altra lezione, in un finale di episodio ricco di emozioni.
Inizio promettente
Di pari passo con la qualità della scrittura con la quale viene narrata la storia, si affianca quella artistica e tecnica, che fin dalle prime battute evidenzia un livello qualitativo decisamente sugli scudi. Lo show scritto e prodotto da Kumail Nanjani, Emily V. Gordon e Lee Eisenberg (che ha recentemente strappato un contratto continuativo con Apple) con la collaborazione di Alan Young e Arthur Spencer e soprattutto quella di Joshuah Bearma e Joshua Davis di Epig Magazine, porta su schermo raffinate riprese, nelle quali si presta una grande attenzione per i piccoli dettagli, splendide inquadrature e un livello decisamente buono nella recitazione, per un risultato complessivo molto soddisfacente.
Il tutto viene accompagnato da una fotografia pulita che rende i vari passaggi un vero piacere per gli occhi. La beltà estetica dello show riesce dunque a rendere merito ad una serie scritta con perizia, senza peli sulla lingua, nella quale, anche se con piccoli gesti "mascherati", si attaccano le istituzioni, la politica e le autorità, incapaci di soddisfare le richieste di una minoranza della popolazione in costante difficoltà e a cui non sembra minimamente dare peso, nemmeno se a chiedere aiuto è un bambino di otto anni. A chiudere il quadro ci pensa poi una colonna sonora molto curata, che alterna brani tipici della cultura pop a musiche di folklore, mettendo in piedi un perfetto mix audiovisivo di pregevole fattura.
Il primo episodio di Little America ci ha lasciato sensazioni più che positive. L’opera antologica, che racconta la vicende degli immigrati negli Stati Uniti, sembra essere caratterizzata da una qualità complessiva di prim'ordine, sia sul fronte tecnico sia su quello contenutistico. Se il buongiorno si vede dal mattino, insomma, siamo pronti ad accogliere un’altra piccola perla della televisione, che va ad incastonarsi senza sfigurare nella luccicante schiera degli show più importanti degli ultimi anni.