Love Death & Robots: prime impressioni sulla nuova serie animata di Netflix

Tim Miller e David Fincher hanno confezionato una serie animata antologica ricca di varietà e visioni creative che fin dall'inizio promette molto bene

Love Death & Robots: prime impressioni sulla nuova serie animata di Netflix
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Un allucinato viaggio animato all'interno dei più variegati immaginari sci-fi. Questo è ciò che ci veniva promesso nel lisergico trailer di presentazione di Love, Death & Robots. Ed in effetti dopo la visione dei primi sei episodi della nuova serie diTim Miller e David Fincher, le intenzioni e la natura del prodotto sono già molto ben chiare e delineate. Disponibile su Netflix dal 15 marzo, la serie si presenta come un'opera antologica in diciotto episodi grossomodo basati, come suggerisce il titolo, su amore - carnale e perverso ma anche sentimentale ed emotivo - morte e robot appunto, tanti e variopinti robot. Difficile in qualche modo non pensare in un primo momento a una sorta di Black Mirror animato, anche perché i fascinosi titoli di testa in qualche modo ricordano nello stile grafico la serie di Charlie Brooker, anch'essa ormai pienamente nelle mani del colosso dello streaming. Andiamo però un po' più nel dettaglio.

Di amore, robot e altre storie come la morte

Senza voler fare eccessivi spoiler, diciamo che questa Love, Death & Robots è una serie antologica nel significato più totalizzante del termine. Non solo temi, contenuti edambientazioni differenti per ogni singolo episodio ma anche durata - estremamente variabile e che passa senza problemi dai cinque ai diciassette minuti - e soprattutto tecnica d'animazione. Ciascun corto animato infatti mette in scena un diverso tipo di tecnologia e stile animato, passando da una tradizionale forma in 2D ad una CGI molto prestante e realistica, fino a una sorta di anime in 3D mixato a elementi grafici più fumettosi, che ricorda molto le sensazioni del recente Spider-Man - Un nuovo universo, vincitore dell'Oscar come miglior film d'animazione agli ultimi Academy Awards.

Insomma dal punto di vista puramente estetico la nuova creatura di Netflix si presenta fin dalle prime battute come qualcosa di debordante, immaginifica, un gioiello di tecnica ricco di creatività visiva che in più di un'occasione si trasforma in pura gioiosa allucinazione per la retina. Come per il citato film Marvel, ci troviamo di fronte a un altro passo cardine per lo sviluppo dell'animazione, che in questo caso, coinvolgendo tantissimi studi in giro per il globo, ha deciso di mostrare al pubblico globale di cosa è capace, quanto sia una forma ricca di estro e inventiva, e quali siano le possibilità visive e narrative di una tecnica troppo spesso frettolosamente bollata di infantilismo.

Il carnevale dell'animazione

Così come varie sono le tecnologie utilizzate, anche gli immaginari messi in scena spaziano enormemente, pescando tra le più svariate declinazioni del tema fantascientifico. Già nei primi sei episodi si passa da un cyberpunk opprimente e allucinato, che con uno stile vibrante e frenetico ci permette di sbirciare dentro la promiscuità e la perversione che si nasconde dentro gli enormi palazzotti al neon, a un horror dalle sembianze più fantasy, avventuroso e guerrigliero; da una spassosa comedy post-apocalittica in compagnia di tre robot in vacanza tra le macerie di un'umanità disintegrata a un post-umanesimo bestiale, molto videoludico. Per non parlare di una strana e preoccupante distopia casearia e un racconto dai toni country-folk fatto di pannocchie, trattori e robottoni.

Insomma, ci sono storie e mondi per tutti i gusti, che nel loro essere fulminee funzionano a meraviglia e anzi spingono in alcuni casi a fantasticare e desiderare un approfondimento di quei mondi appena tratteggiati. Quello che stupisce in positivo infatti è come, seppur nella rapida successione che porta da un evento all'altro, ogni singolo mondo sia ben caratterizzato e, almeno per il momento, non dia mai l'impressione di già visto. Questo è sicuramente e principalmente merito dell'ottimo studio dell'art direction che ha profuso tutti gli sforzi possibili per associare a ciascun corto lo stile e la tecnica animata più funzionale a esaltare scrittura, creatività e messa in scena. Unico neo, ma è anche piuttosto comprensibile, il ricorso a sporadici cliché del genere, che in alcuni episodi vanno a minare l'originalità della scrittura, creando un'inevitabile scala qualitativa tra i singoli spezzoni. Di per sé un nonnulla, che però salta all'occhio con più evidenza quando si è dinanzi a una tale esplosione di visioni.