Il genere horror - tanto nelle serie tv quando al cinema - è così saturo di titoli, più o meno validi, che trovare qualcosa di originale da raccontare sembra davvero un'impresa titanica. È difficile eguagliare l'inquietudine di una serie di successo come Hill House, ma la Francia ha deciso di provarci con un titolo prodotto da Samuel Bodin. Marianne, disponibile su Netflix a partire da questo 13 settembre, non sembra sfruttare elementi particolarmente innovativi, ma fa suoi dettagli semplici e una trama opprimente per trasportare lo spettatore in un incubo divenuto realtà. La prima puntata di Marianne ha lo scopo di introdurre un'opera che potrebbe avere successo o finire nel dimenticatoio, ma che è riuscita con il suo pilot a suscitare più di un brivido, grazie ad ambientazioni angoscianti e uno stile tipicamente europeo.
Un incubo che prende vita
Emma (Victoire Du Bois) è una scrittrice di successo che ha completato definitivamente la propria saga horror, dedicata al personaggio di Lizzie Lark e della strega Marianne. Nonostante la delusione dei fan, che vorrebbero continuasse a scrivere, Emma desidera dedicarsi ormai ad altro, fino a che un'amica d'infanzia, Caroline, non la informa della follia della madre. Caroline sostiene che la donna sia impazzita proprio a causa della serie di libri, che l'hanno convinta di essere Marianne. In cerca di risposte, Emma e la sua assistente si recano nella cittadina natale dell'autrice e di Caroline. Quello che le aspetta è un vero e proprio incubo. Più che a una storia davvero orinale, gran parte dell'inquietudine generata dal primo episodio di Marianne è dovuta a uno stile narrativo che riesce a sfruttare al meglio elementi molto semplici. Questi sembrano rispecchiare paure quasi infantili: la risata di una donna nell'ombra, una mano grinzosa che sale dal fondo del letto, uno sguardo stralunato e un sorriso sinistro. Non c'è nulla di innovativo in questi dettagli, ma Marianne se ne serve con una certa sensibilità artistica, facendo di loro la propria veste stilistica e affidando a essi lo scopo di portare avanti la componente horror.
Utilizzati in questo primo episodio secondo una certa misura - optando più per una paura che si insinua nel profondo dello spettatore, più che sull'eccesso di banali jumpscare - la serie mostra fin da subito di saper giocare secondo i giusti ritmi. Marianne, strega nata dalla penna di Emma, si rivela essere frutto di tremendi incubi d'infanzia, che la ragazza credeva di essersi lasciata alle spalle grazie alla scrittura. Si ripresentano però successivamente alla decisione di porre fine alla saga di Lizzie Lark, come se quell'orrenda figura si fosse nutrita per tutti quegli anni della narrazione e cercasse ora nuova linfa vitale.
Un'ambientazione che getta le basi per una serie angosciante
Contribuisce al mood complessivo di Marianne una fotografia fredda e un'ambientazione nostalgica. La cittadina natale di Emma, Elden, con i suoi grigi paesaggi marini, fa da sfondo a una vicenda che punta molto sul ricordo del passato, sul senso di colpa per qualcosa che è accaduto, sul rapporto contrastato della protagonista con gli abitanti del luogo, presentando fin dal pilot un titolo non solo incentrato sulla scoperta del Male, ma sull'approfondimento psicologico delle figure in gioco. Le prime buone impressioni potrebbero non essere prova di una serie complessivamente valida, ma stabiliscono per lo meno le potenzialità di questo prodotto e dell'immaginario di Samuel Bodin. Una figura horror classica come quella della strega potrebbe ancorare Marianne alla banalità di molti altri titoli horror poco originali, ma potrebbe al tempo stesso sfruttare la semplicità delle paure ataviche dell'uomo, che da sempre teme le creature potenti, sinistre e incomprensibili.
Marianne: prime impressioni sulla nuova serie horror Netflix
Una scrittrice horror torna nella cittadina natale per indagare sull'inquietante antagonista dei suoi romanzi, la strega Marianne
Il genere horror - tanto nelle serie tv quando al cinema - è così saturo di titoli, più o meno validi, che trovare qualcosa di originale da raccontare sembra davvero un'impresa titanica. È difficile eguagliare l'inquietudine di una serie di successo come Hill House, ma la Francia ha deciso di provarci con un titolo prodotto da Samuel Bodin.
Marianne, disponibile su Netflix a partire da questo 13 settembre, non sembra sfruttare elementi particolarmente innovativi, ma fa suoi dettagli semplici e una trama opprimente per trasportare lo spettatore in un incubo divenuto realtà. La prima puntata di Marianne ha lo scopo di introdurre un'opera che potrebbe avere successo o finire nel dimenticatoio, ma che è riuscita con il suo pilot a suscitare più di un brivido, grazie ad ambientazioni angoscianti e uno stile tipicamente europeo.
Un incubo che prende vita
Emma (Victoire Du Bois) è una scrittrice di successo che ha completato definitivamente la propria saga horror, dedicata al personaggio di Lizzie Lark e della strega Marianne. Nonostante la delusione dei fan, che vorrebbero continuasse a scrivere, Emma desidera dedicarsi ormai ad altro, fino a che un'amica d'infanzia, Caroline, non la informa della follia della madre. Caroline sostiene che la donna sia impazzita proprio a causa della serie di libri, che l'hanno convinta di essere Marianne. In cerca di risposte, Emma e la sua assistente si recano nella cittadina natale dell'autrice e di Caroline. Quello che le aspetta è un vero e proprio incubo.
Più che a una storia davvero orinale, gran parte dell'inquietudine generata dal primo episodio di Marianne è dovuta a uno stile narrativo che riesce a sfruttare al meglio elementi molto semplici. Questi sembrano rispecchiare paure quasi infantili: la risata di una donna nell'ombra, una mano grinzosa che sale dal fondo del letto, uno sguardo stralunato e un sorriso sinistro. Non c'è nulla di innovativo in questi dettagli, ma Marianne se ne serve con una certa sensibilità artistica, facendo di loro la propria veste stilistica e affidando a essi lo scopo di portare avanti la componente horror.
Utilizzati in questo primo episodio secondo una certa misura - optando più per una paura che si insinua nel profondo dello spettatore, più che sull'eccesso di banali jumpscare - la serie mostra fin da subito di saper giocare secondo i giusti ritmi. Marianne, strega nata dalla penna di Emma, si rivela essere frutto di tremendi incubi d'infanzia, che la ragazza credeva di essersi lasciata alle spalle grazie alla scrittura. Si ripresentano però successivamente alla decisione di porre fine alla saga di Lizzie Lark, come se quell'orrenda figura si fosse nutrita per tutti quegli anni della narrazione e cercasse ora nuova linfa vitale.
Un'ambientazione che getta le basi per una serie angosciante
Contribuisce al mood complessivo di Marianne una fotografia fredda e un'ambientazione nostalgica. La cittadina natale di Emma, Elden, con i suoi grigi paesaggi marini, fa da sfondo a una vicenda che punta molto sul ricordo del passato, sul senso di colpa per qualcosa che è accaduto, sul rapporto contrastato della protagonista con gli abitanti del luogo, presentando fin dal pilot un titolo non solo incentrato sulla scoperta del Male, ma sull'approfondimento psicologico delle figure in gioco.
Le prime buone impressioni potrebbero non essere prova di una serie complessivamente valida, ma stabiliscono per lo meno le potenzialità di questo prodotto e dell'immaginario di Samuel Bodin. Una figura horror classica come quella della strega potrebbe ancorare Marianne alla banalità di molti altri titoli horror poco originali, ma potrebbe al tempo stesso sfruttare la semplicità delle paure ataviche dell'uomo, che da sempre teme le creature potenti, sinistre e incomprensibili.
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