Messiah: primo sguardo alla nuova serie originale Netflix

Abbiamo visto i primi episodi della serie "divina" di Netflix, disponibile sulla piattaforma streaming dal 1 gennaio.

Messiah: primo sguardo alla nuova serie originale Netflix
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Non sono tante le serie che affrontano il delicato tema della religione. Ed ecco che arriva su Netflix Messiah, una serie TV che fa dell'avvento di un Messia il suo tema principale attraverso un racconto atipico e particolare. Abbiamo visto i primi episodi, ecco cosa ne pensiamo.

Al Masih

Damasco è sotto assedio da parte dell'Isis, la città è sull'orlo del collasso, la capitolazione è vicina e la popolazione pensa solo a fuggire. C'è solo un uomo che, al contrario, crede che la vittoria sia vicina. Non se ne conosce il nome, ma predica alla folla come un vero profeta ed è convinto di quello che dice. Quando la fine è vicina, arriva una tempesta di sabbia su Damasco che riesce a far ritirare le truppe nemiche. La città, seppur provata, è sopravvissuta.

Negli Stati Uniti una reclutatrice della CIA, Eva Geller, inizia ad interessarsi a quest'uomo, che ha duemila seguaci, i quali lo chiamano, senza mezzi termini, Al Masih, cioè il Messia. Naturalmente alla CIA il primo pensiero è che stia creando un'altra fazione, violenta e conquistatrice, come l'Isis ed Al Qaeda.
Al Masih ed i suoi seguaci sono interessati, invece, a tornare in Palestina, ma al confine l'uomo viene arrestato. Gli interrogatori mostrano un uomo sereno e per niente impaurito dall'atteggiamento del suo carceriere.

L'uomo scompare improvvisamente dalla sua cella, ma piuttosto che scappare non ha paura di rendersi visibile al mondo e continua a predicare il suo verbo, con tanto di inspiegabili miracoli annessi. Intanto, sempre negli Stati Uniti, Felix Iguero, un reverendo predicatore interpretato da John Ortiz, deve fare i conti con un debito che lo porterà a dover chiudere la sua Chiesa.

Tempi duri per il Messia

Messiah tocca temi molto delicati: religione, terrorismo, il valore delle parole e la loro corrispondenza con i fatti. In Al Masih non è difficile scorgere delle evidenti analogie con Gesù: si annuncia con un discorso tenuto su di un colle, resta trenta giorni senza acqua e cibo durante una tempesta di sabbia e poi si reca alla volta di Gerusalemme ove viene arrestato senza alcuna apparente ragione da truppe straniere di stanza sul confine.
Ciò che tocca profondamente è la subitanea diffidenza che i servizi segreti, l'esercito, coloro che sostengono di portare la pace nel mondo mostrano nei confronti di un uomo che non fa minacce, non promette violenza, ma solo pace.

Insomma, Messiah sembra rispondere alla domanda su cosa succederebbe se un nuovo profeta apparisse tra noi e, soprattutto, come reagirebbe la popolazione mondiale, inclusi i cosiddetti poteri forti. La visione di Messiah fa riflettere sul fatto che oggi si è diffidenti dinanzi alle buone intenzioni di un soggetto sconosciuto e si pensa che ci sia sempre un doppio fine. Anzi, le sue azioni vengono completamente travisate dai potenti, i quali pensano che voglia addirittura scatenare una guerra.

Eva (Michelle Monaghan), agente CIA, non può credere che Al Masih non sia schedato tra i terroristi e continua a ricercare un viso che non troverà mai negli archivi, è pronta a mettere in dubbio ogni azione del "Messia".
È il lato razionale che non può cedere il passo al lato spirituale: per lei, legata ad un lutto, non c'è spazio per la fede o per la speranza, valori che Al Masih sembra incarnare.

Messiah Messiah risulta intrigante nella sua concezione: affronta un tema originale per una serie televisiva, riuscendo a gestire il racconto di argomenti delicati, facendosi strada su di un sentiero irto di ostacoli. I primi episodi incuriosiscono lo spettatore e lo pongono dinanzi ad una storia la cui direzione è difficile da prevedere e questo aumenta l’attrattiva per la serie. Abbiamo qualche dubbio sulla gestione del ritmo nei prossimi episodio, ma possiamo dire che l'inizio di Messiah è decisamente convincente.