See 2 Prime Impressioni: furia cieca tra Jason Momoa e Dave Bautista

I primi episodi di See 2 ampliano la visione del mondo post-apocalittico creato da Steven Knight e introducono lo scontro tra i fratelli Voss.

See 2 Prime Impressioni: furia cieca tra Jason Momoa e Dave Bautista
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Non è un mistero che nella line up iniziale di Apple TV+ il colosso di Cupertino puntasse particolarmente sull'ultima creatura di Steven Knight: See. Il creatore di Peaky Blinders, che al cinema era riuscito con Locke a ridurre ai minimi termini la cinematografia stessa, si trovava qui a plasmare un mondo letteralmente nuovo; un futuro distopico nel quale il genere umano, privato della vista e di tutte le sue possibili interazioni da un'epidemia, era regredito allo stadio tribale, con giochi di potere e una caccia alle streghe che aveva come oggetto i rarissimi vedenti, una minaccia che aveva già condannato il mondo centinaia di anni prima.

L'esperimento di Apple rimaneva per forza di cose limitato dalla sua natura introduttiva, che aveva l'arduo compito di creare l'universo della narrazione e che solo successivamente avrebbe trovato la via per un racconto più organico. A due anni di distanza, debutta così la seconda stagione di See che, libera dal giogo di un world building tutto in divenire, getta lo spettatore direttamente nella mischia, riprendendo là dove ci eravamo lasciati. Ovviamente il consiglio è quello di recuperare la nostra recensione di See per rivivere il viaggio di Baba Voss e dei suoi figli, oltre che restare aggiornati sulle uscite Apple TV+ di settembre 2021.

Cambio di marcia

Il primo impatto con il prologo di See 2 suggerisce subito una regia più dinamica e un approccio più cruento ai combattimenti, con particolare enfasi sui dettagli gore e splatter. Ma si capisce anche non sono solo questi gli unici elementi ad aver subito un trattamento a base di steroidi. Anche il mondo della narrazione allarga i propri orizzonti e ci presenta due nuove location: la metropoli in rovina di Trivantes, dove Edo Voss (Dave Bautista) tiene prigioniera Haniwa, figlia del fratello Baba, e Pennsa, la città che la Regina Kane reclama come nuova capitale del regno, comandata fino a quel momento da Lord Harlan (Tom Mison), un personaggio che richiama alla lontana il Ditocorto di Game of Thrones.

E sono proprio questi luoghi a racchiudere le dinamiche principali tra i personaggi, che fioriscono dal finale della prima stagione e che sono certamente destinate ad incontrarsi o, per meglio dire, scontrarsi, dal momento che Baba Voss tenta l'impresa di salvataggio nei confronti della figlia fino al primo scontro con il fratello Edo, mentre la follia della Regina Kane degenera sempre più rischiando di creare danni irreparabili quando dichiara guerra alla città di Trivantes (la più forte potenza militare di quel mondo, guidata da Edo stesso) incolpandola della distruzione dell'avamposto reale, spazzato invece via dall'ubris della regina stessa.

Lo sforzo di Knight sembra aver ripagato in questa seconda stagione e, avendo ricalibrato anche noi i quattro sensi rimasti ai protagonisti, siamo in qualche modo più partecipi nei confronti di un mondo che abbiamo dovuto assimilare e digerire nel suo esotismo tribale (dalla masturbazione come pratica religiosa ad una serie di nomi e nomenclature al limite dell'impronunciabile).

Merito forse anche del cambio di showrunner, il cui scettro passa nelle mani di Jonathan Tropper (Banshee), il quale ci consegna le basi di un conflitto tra fratelli che affonda le radici nell'inedito passato di Baba Voss, che prende vita dalle vendicative labbra di Edo, e che aumenta il peso specifico dei singoli personaggi - vedi Haniwa -, cercando la retta via per una narrazione che lasci il segno.

In un mondo che abbiamo imparato a conoscere come timoroso e diffidente nei confronti della vista, al punto da perseguirne i mitologici portatori, gli orizzonti si espandono, e ciò che era una minaccia viene ora considerato una risorsa per ottenere il dominio definitivo. Dobbiamo ancora capire come ciò che anche agli occhi del pubblico appare come un'anomalia miracolosa sia effettivamente avvenuta in più individui di quanti pensassimo, mentre dall'altra parte cerchiamo di metterci nei panni di Jerlamarel, il padre biologico dei figli di Baba Voss, privato da quest'ultimo della vista nello scontro decisivo per la liberazione dei figli; un amaro contrappasso col quale colui che sognava la rinascita di un mondo di vedenti dovrà presto scendere a compromessi, e che porterà di certo a ben altre conseguenze.

L'elemento che ha destato meno preoccupazione è stato quello formale, dal quale ci aspettavamo un'evoluzione del già ottimo comparto tecnico della prima stagione. Inutile dire che non siamo stati delusi e che, anzi, la messinscena risulta più in forma che mai; l'unico rischio potrebbe essere rappresentato da una deriva action troppo marcata, che rischierebbe di far uscire dai binari lo spirito originario dello show.

Per il resto non possiamo che prendere atto dell'ottimo lavoro svolto su tutti i fronti, dalla regia dinamica alla fotografia che riesce a valorizzare lo splendido lavoro di production design e dei costumi, fino alla recitazione dei protagonisti, ancora una volta perfettamente calati nelle rispettive parti.

See (Apple TV+) Lo show di Steven Knight, iniziato come un'anomalia nel campo della serialità televisiva, è stata una delle scommesse più rischiose per Apple al lancio del suo servizio streaming. Di certo non ha ottenuto il successo di pubblico che sperava, ma ha strappato un biglietto potenzialmente vincente per il futuro, giocando su un world building che alla lunga si sta rivelando vincente e che continua a produrre elementi per dare a See tutte le carte per riscattarlo dalle sue origini atipiche e non ortodosse. L'introduzione della rivalità tra i fratelli Voss e la degenerazione della follia della regina Kane potrebbero rappresentare l'inizio di questo cammino, ma gli elementi nelle nostre mani sono ancora troppo esigui per poter esprimere un giudizio definitivo, che rimandiamo così alla nostra recensione completa, nella speranza che l'investimento formale, sfociato in un aumento dell'elemento action e in una truculenza accentuata, non sfocino in una deriva di genere troppo marcata.