"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori" diceva Fabrizio De André, sintetizzando un concetto tanto semplice quanto disarmante: c'è speranza ovunque, anche tra le macerie, perfino tra palazzi ormai disastrati e incendi disperati nel Bronx degli anni '70, teatro di crimine, guerriglia e povertà. I diamanti di Manhattan e della bella vita sono lontani, oltre il fiume c'è solo desolazione, quella di una comunità che sta sparendo e di una vera e propria zona di guerra fra poveri, bande di ragazzini che hanno in mano armi raffazzonate ed espressioni artistiche di strada, niente più. Eppure, anche lì nascono i fiori: nasce la poesia di Ezekiel (Justice Smith), nasce la melodica voce di Maylene (Herizen Guardiola), poco più che ragazzini eppure già segnati dalla vita di strada. Orfano lui, costretta ad una vita casa e chiesa lei, cercano entrambi una via di fuga e un percorso che già dalle prime immagini di The Get Down profuma di Baz Luhrmann, che mette mano alla testa e al cuore del progetto riempiendolo di tutto ciò che ha caratterizzato il suo cinema.
Dove c'è rovina, c'è pure la speranza di un tesoro
Ezekiel e Maylene sono due classici star-crossed lovers da novella, quelli che Baz Luhrmann ama celebrare: gli amori di Moulin Rouge!, di Romeo & Juliet, de Il Grande Gatsby in fondo non sono altro che questo, identità che si rincorrono destinate a stare insieme contro un fato avverso. In mezzo alla storia più antica del mondo c'è lui, il regista che ha risollevato un genere (il musical) rendendolo di nuovo amato e popolare grazie alla sua immaginazione e al suo stile inconfondibile, splendente nella sua continua ricerca della vera bellezza. In The Get Down Luhrmann si affaccia dietro la disperazione delle immagini di repertorio, nella stilizzazione estrema delle panoramiche nascoste dietro grana e interlacciati anni '70, nel ritmo della narrazione: un DNA estetico inconfondibile che porta la sua firma, creando un piccolo gioiello che sfida ogni canone di Netflix. Piacevole da gustare e impossibile da "bingewatchare", The Get Down può infatti solo essere assaggiato a piccoli sorsi, rifiutando categoricamente la scorpacciata di episodi tipica della piattaforma a favore di un gusto nuovo, più calmo, che permette di assaporare ogni momento. Una scelta indubbiamente rischiosa (il primo episodio dura un'ora e mezza) ma che visto lo stile e il tipo di narrazione funziona perfettamente.
