Vikings Valhalla 2: un inizio tra novità e ripetizione su Netflix

Almeno nelle prime puntate, Vikings Valhalla mette in evidenza gli stessi problemi della scorsa stagione, tra intuizioni e stanche ripetizioni.

Vikings Valhalla 2: un inizio tra novità e ripetizione su Netflix
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Giunta ormai la seconda stagione di Vikings: Valhalla su Netflix (prima di lanciarvi sulla più importante tra le serie Netflix di gennaio 2023, vi consigliamo di riprendere dalla nostra recensione di Vikings Valhalla), non ci è ancora chiaro se la creatura di Jeb Stuart possa davvero definirsi un'operazione compiuta. Ed è una situazione alquanto peculiare, in quanto si trova sempre a metà tra il riuscirci e il continuare a proporre trame trite e ritrite. Riassumendo all'estremo era proprio questo il difetto principale che avevamo riscontrato nella prima stagione: perfetta la nuova inquadratura degli eventi, ottimale la decisione di partire dal basso per poi pian piano ampliare la scala delle ambizioni, interessante il capovolgimento di un mondo vichingo ora più cristiano che pagano; tutte intuizioni che riuscivano a rendere freschi anche alcune delle grandi tematiche classiche di Vikings, in primis un'invasione dell'Inghilterra.

Però poi si ricadeva negli errori altrettanto classici, da trame politiche vuote e ripetitive a storie di tradimenti e vendette per il potere, cui abbiamo assistito in ogni salsa possibile e immaginabile. Soprattutto Valhalla non ha tentato minimamente di proporle in modi differenti dalla serie madre, come invece aveva fatto per il resto. Insomma, un certo grado di approssimazione e forse di pigrizia dovuta al nome di peso che porta non ha permesso al telefilm Netflix di sbocciare. Adesso le cose sono cambiate?

Un limbo delicato

Non più di tanto, almeno a giudicare dalle primissime puntate. Ma ricapitoliamo un attimo, poiché dopo l'invasione di Kattegat da parte di Sweyn (Soren Pilmark), per i nostri protagonisti si apre un piccolo limbo su come proseguire la loro saga. Freydis (Frida Gustavsson), infatti, è sì accompagnata sempre dal fedele Harald (Leo Suter), ma è dolorosamente divisa tra il dimenticarsi di tutto per condurre una vita pacifica e le sue responsabilità in qualità di ultima figlia di Uppsala. Ritroviamo invece Leif (Sam Corlett) in una situazione molto più disperata, guidato soltanto dalla voglia di vendetta contro Olaf (Johannes Haukur Johannesson) al punto da spingersi sul baratro della follia.

Sullo sfondo, intanto, si stagliano le ben note vicende politiche che attanagliano non solo Kattegat e la Norvegia, bensì anche l'Inghilterra, dove la regina Emma (Laura Berlin) continua a riscontrare parecchie difficoltà nel farsi accettare. E già dall'opposta direzione che sembra stiano prendendo le storie dei due groenlandesi si può osservare con chiarezza la dicotomia capace di ingabbiare Valhalla fin dall'esordio: Freydis si sta rendendo con calma protagonista di una storyline che abbraccia tutte le novità dello spin-off di Vikings, incarnate dal nuovo scenario socio-religioso e da una voglia sfrenata di offrire qualcosa di diverso; per Leif, d'altro canto, si sta preparando una banale storia di vendetta personale mescolata a voglie di potere, con tanto di alleanze da stringere e un esercito da formare.

Una dicotomia onnipresente

Crediamo che nelle ultime stagioni di Vikings il solo personaggio di Ivarr sia stato protagonista della stessa ed identica trama più di un paio di volte - con risultati estremamente altalenanti. E questa stessa dicotomia può essere intravista in qualunque altro aspetto, a partire dalle trame politiche. Se nel delineare la situazione di Kattegat vi è perlomeno stata dedicata una dose discreta di savoir faire, di sincero dramma portato dalla stagione precedente il cui portavoce - finalmente più personaggio e meno macchiettistico - è Sweyn, in Inghilterra si prosegue con una superficialità e un'indolenza ai limiti dell'insopportabile.

La sensazione, lieti di essere smentiti da qui fino a fine stagione, è che questa storyline sia presente perché deve essere presente, non per guizzi di creatività degli sceneggiatori. Dicotomia altresì evidente nelle sequenze d'azione, a volte convincenti e coinvolgenti, altre mediocri e amatoriali - corredate poi da effetti speciali piuttosto dozzinali. In sostanza ecco la situazione di Valhalla, una serie che alterna in continuazione buone intuizioni a sterili tentativi di proporre un more of the same già sopportato con difficoltà dalla maggior parte della fanbase. C'è ancora tempo per spezzare ciò? Sì, ma sta iniziando purtroppo a scadere.

Vikings: Valhalla - Stagione 2 Torna Vikings: Valhalla e tornano le stesse ed identiche incertezze che avevano caratterizzato la prima stagione, almeno nelle prime puntate. Da una parte, infatti, lo sviluppo della storyline di Freydis cerca di inglobare con successo tutte le novità della creatura di Jeb Stuart, dal nuovo contesto socio-religioso fino ad una voglia generale di offrire qualcosa di nuovo. L'altro protagonista, invece, il nostro caro Leif, si ritrova ingabbiato su un sentiero di vendetta personale cui abbiamo già assistito numerose volte solo nelle ultime stagioni di Vikings. Ed è una dicotomia che si può intravedere in ogni altro aspetto, come le storie politiche - più curate quelle di Kattegat, mediocri ed insoddisfacenti in Inghilterra - o le sequenze d'azione. È un limbo bizzarro quello di Valhalla, sempre a metà tra riuscire nel proprio intento e proporre un more of the same. Vediamo cosa ci riserverà il resto della stagione.