Falcon and The Winter Soldier: intervista alla regista Kari Skogland

Abbiamo avuto la fortuna e il piacere di scambiare due chiacchiere piacevoli e aperte con Kari Skogland, regista dell'ultima serie dei Marvel Studios.

Falcon and The Winter Soldier: intervista alla regista Kari Skogland
Articolo a cura di

E così anche The Falcon and The Winter Soldier ha concluso la sua cavalcata. Cosa rimane di questi primi 4 mesi del nuovo corso delle serie Marvel? Sicuramente delle sensazioni positive, poiché nonostante alcuni difetti - soprattutto al ritmo e alla scrittura di certi momenti - sia WandaVision che il ritorno di Sam e Bucky hanno mantenuto le promesse che la Casa delle Idee aveva fatto: voglia di sperimentare, di giocare con gli stilemi del medium seriale, di portare sul "piccolo" schermo la stessa qualità cui siamo ormai abituati da oltre un decennio con il MCU e soprattutto di rendere ulteriormente più organico un già magistrale universo condiviso. E per ora è stato rispettato tutto, un passo in avanti notevole rispetto alle fortune estremamente altalenanti delle altre esperienze televisive, dai Defenders su Netflix ad Agents Of Shield o Inhumans.

Abbiamo avuto l'immenso piacere di poter parlare di tutto ciò e non solo con Kari Skogland, regista unica proprio di The Falcon and The Winter Soldier, in quella che si è rivelata una chiacchierata piacevole e aperta. Prima però non possiamo fare a meno di ricordarvi le uscite Disney+ di maggio e rimandarvi alla nostra recensione di The Falcon and The Winter Soldier.

Tra pandemia e ambienti di lavoro entusiasmanti

Everyeye.it: Buongiorno, è un vero piacere fare la sua conoscenza. Per prima cosa, come sta? L'ultimo anno non è stato dei più semplici.
Kari: Sai, da un certo punto di vista è inebriante, non solo per aver finito la serie, ma anche per il fatto che tutti l'hanno ormai vista. I fan sembrano averla accolta con entusiasmo e io sono completamente elettrizzata.

Everyeye.it: Si guarda ai lati positivi almeno! A proposito, com'è stato girare la serie in piena pandemia? Ci sono stati in effetti anche dei problemi, come il ritardo delle riprese a Praga.
Kari: Eravamo semplicemente tutti molto attenti e per fortuna siamo tornati velocemente al lavoro. Seguivamo ovviamente i protocolli, ci siamo assicurati che tutto il gruppo fosse al sicuro, Ma anche quando le attività sono dovute cessare abbiamo sfruttato la pausa: siamo andati direttamente in post-produzione, continuando ad editare quello che avevamo, quindi è come se non avessimo mai avuto tempi morti.

E poi siamo tornati sul set, insieme a tante altre produzioni. L'aspetto migliore di tutto ciò è che durante la pausa, mentre il mondo stava cambiando, reagendo sia alla pandemia che a disordini politico-sociali, abbiamo potuto affinare la nostra storia. Non abbiamo apportato cambiamenti, la vicenda da raccontare è stata sempre la stessa, ma volevamo essere certi di averla centrata, di essere sul pezzo. Abbiamo in sostanza usato quel tempo in maniera molto saggia e il risultato si vede.

Everyeye.it: Come descriverebbe la sua esperienza con i Marvel Studios?
Kari: È stata eccezionale, sono un meraviglioso gruppo di persone alla continua ricerca del meglio del meglio. È una situazione particolarmente democratica e collaborativa, tutte le idee vengono prese in considerazione: gli attori, me stessa, il direttore della fotografia, tutti sono coinvolti nel dialogo insieme alla loro creatività e ai loro suggerimenti. È stato davvero eccezionale, il miglior ambiente di lavoro in cui sia mai stata.

Everyeye.it: Come ci si sente a dirigere un'intera miniserie e non solo qualche episodio?
Kari: Io ho iniziato nel cinema per passare solo successivamente alle serie, a quello che a tutti gli effetti era un nuovo mondo per me. E mi sono divertita molto a partecipare in questo tipo di intrattenimento. Quando si entra in gioco come regista in una situazione episodica si ha la sensazione di saltare su un treno in corsa. Quando invece mi occupo di un pilot sto gettando le fondamenta dello show, ma non ne vedrò la fine.

Credo che la grande differenza per me sia stata proprio nel fatto di poter raccontare una sola storia in 6 ore, ovviamente non girata in ordine. Se si sta girando un singolo episodio, bisogna girarlo in ordine per buona parte, il che significa che pur assistendo ad un momento magico di cui vorresti sapere di più, esplorare o approfondire, magari in puntate successive o nel finale, non lo puoi fare. E allora lavorare su The Falcon and The Winter Soldier è davvero sembrato realizzare un film di 6 ore.

Everyeye.it: Come bisogna trattare personaggi che hanno già una storia importante, come in questo caso? E non ci riferiamo al mondo dei fumetti, bensì allo stesso Cinematic Universe.
Kari: L'aspetto fantastico è che questi personaggi, sebbene da anni interpretati da Sebastian e Anthony, non erano mai tornati a casa. Abbiamo colto la possibilità di creare e immaginare la loro nuova dimensione: con Sam siamo tornati a casa, abbiamo conosciuto sua sorella e osservato i suoi problemi umani. Non riesce ad accendere un mutuo, deve stirare le sue camicie, mentre Bucky sta cercando di scendere a patti con il suo senso di colpa e di andare avanti. Entrambi sono alla ricerca della loro importanza, rilevanza, in un nuovo mondo e per gli attori stessi è stato un intrigante ed inedito territorio da esplorare. Il mio compito è stato piuttosto quello di creare per loro un ambiente sicuro in cui esprimersi al meglio, sperimentare, improvvisare, proprio per ridare quella sensazione di star guardando un insieme organico, naturale; due amici che parlano e non qualcosa secondo copione. Volevamo ritrarre due amici, due persone prima di tutto e poi due supereroi.

Everyeye.it: Grazie mille per il suo tempo, è stata una chiacchierata davvero piacevole!