Jack Ryan: intervista a Wendell Pierce

Su Prime Video è disponibile la nuova serie dedicata alla spia di Tom Clancy. Abbiamo intervistato Wendell Pierce, mentore di Jack Ryan nella serie.

Jack Ryan: intervista a Wendell Pierce
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Wendell Pierce è un autentico enigma. Te lo ritrovi davanti e provi un immediato senso d'inquietudine. E non perché metta a disagio l'interlocutore, sia chiaro, ma sembra un rilevatore di bugie ambulante, al punto che ti verrebbe l'istinto di confessargli anche i peccati che non hai commesso. Ecco perché è perfetto per il ruolo di ambiguo mentore di John Krasinski in Tom Clancy's Jack Ryan, disponibile su Amazon Prime Video. Pierce, che abbiamo incontrato in occasione del Festival della televisione di Monte Carlo, stato appena promosso a socio dello studio Spencer Litt nella serie Suits, dove interpreta il padre di Rachel, al secolo Meghan Markle, ormai duchessa inglese d'acquisizione dopo il matrimonio con il principe Harry e quindi non più disponibile a fare il paralegale in tv. Pierce ha lasciato il segno su molti progetti del piccolo schermo, da Ray Donovan a La strana coppia, ma resta indimenticabile il ruolo in The Wire . Ora nell'adattamento a puntate dei bestseller di Clancy si prepara a una nuova sfida pronta a rimanere a lungo nell'immaginario collettivo.

Come si è preparato al ruolo di spia?
"Mi ha aiutato moltissimo conoscere veri agenti segreti governativi. Ho smesso di averne una visione idealizzata e ho cercato di carpirne l'umanità per poterla poi infondere nel mio personaggio, James Greer."

Quale lezione ha imparato?
"Dalle ricerche ho capito che in questo settore puoi lavorare solo con chi ha una moralità solida, ed è questo il primo aspetto che mi ha colpito nel confronto con i veri agenti. E io voglio che si veda chiaramente che la bussola morale nella serie sia puntata a nord."

Quanta preparazione atletica è servita?

"Nessuna scena d'azione è gratuita, anzi ha una coreografia molto rigida e deve seguire un senso. I movimenti sono fluidi come una danza ma hanno uno scopo preciso, come quando nel pilot vediamo Jack Ryan che fa a botte durante un interrogatorio. Tutto è studiato nel minimo dettaglio."

Parlare di terrorismo oggi sembra un dovere. Che ne pensa?
"L'arte non è solo intrattenimento ma si riflette in quello che fai, vittorie e sconfitte, e ci unisce come comunità, permettendoci di definire ideali e valori comuni e seguirli."

Pensa che stia succedendo?
"Sì, stiamo vivendo la Golden Age della tv e nelle puntate troviamo riflessa la nostra vita e ciò che per noi conta di più. Un po' come le canzoni che ispirano a tenere duro in tempi difficili."

Lei è noto anche per le attività filantropiche. Invece di staccare un assegno ci mette la faccia. Perché?
"A New Orleans ho fisicamente contribuito a ricostruire il mio quartiere perché era fondamentale ritrovarsi tutti insieme e ricominciare. È per questo che vorrei essere ricordato in futuro. È la nostra umanità che ci unisce, non solo nello spazio ma anche nel tempo."

Il creatore Carlton Cuse (Lost) e il suo collega John Krasinski si sono sperticati spesso in lodi nei suoi confronti. Cosa ne pensa?
"Mi lusinga molto, ma i complimenti sono solo un incentivo per fare meglio e non deludere chi conta su di me."