Wanna: com'è nata la docuserie Netflix, tra polemiche e riflessioni

Da un personaggio “a misura di meme” alle critiche prima dell'uscita: parlano i realizzatori della docuserie sulla piattaforma dal 21 settembre.

Wanna: com'è nata la docuserie Netflix, tra polemiche e riflessioni
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Dopo Sanpa la piattaforma di Netflix cerca di fare nuovamente il botto con la docuserie Wanna. Il prodotto seriale in quattro puntate ripercorre non solamente l'indagine di Striscia la Notizia che portò alla luce l'illecito giro economico e le innumerevoli truffe avanzate da Wanna Marchi e la figlia Stefania, ma dà la possibilità alle stesse fautrici del reato di poter riportare gli eventi secondo la loro visione (anche se crediamo che la nostra recensione di Wanna metterà tutti d'accordo).

Decisione che non ha potuto che far già discutere il pubblico, prima ancora del rilascio del progetto seriale streaming, ma di cui l'ideatore Alessandro Garramone spiega subito la propria posizione: "Cerco storie per mestiere. Raccontare la vicenda di Wanna Marchi in maniera giornalistica è la forma intellettuale più onesta con cui potevamo approcciarci alla serie. Non avevamo intenzione di operare un lifting comunicativo, ma al contempo è giusto che le persone abbiano la possibilità di parlare. Quello che abbiamo però detto sia a lei che a Stefania è che non avrebbero avuto alcun controllo sulla stesura delle puntate o su quello che sarebbe stato riportato. Wanna è testimonianza di un trentennio di trasformazioni ed era ciò che volevamo mostrare."

Dalle interviste ai processi

Un lavoro che va da interviste girate in Brasile alla ricerca vastissima di persone e materiali di repertorio. Una preparazione lunga e misurata affinché venisse fuori un ritratto imparziale sulla figura delle due truffatrici, per mantenere bilanciata la visione della docuserie. "L'unico rapporto che c'è stato è di stampo professionale." spiega Garramone "C'è stata data l'opportunità di chiacchierare e prima e dopo quell'incontro ho stilato le domande che vedete nella lunga intervista della serie. Dovevamo trovare le corrispondenze con i fatti, le dichiarazioni, i processi.

Siamo arrivati a sette ore di intervista per entrambe. Sono fuoriusciti momenti di emozione da parte loro, ma anche diverse tensioni. Non possiamo dire perciò se sono realmente buone o cattive. Quello che abbiamo sempre ribadito però a Wanna e Stefania è che per noi la sentenza a cui sono state condannate è vera e legittima e che la serie non sarebbe stata un megafono per far passare la loro versione delle vicende. Non sappiamo nemmeno cosa ne pensano o penseranno del prodotto finale. Non l'hanno visto e non c'è bisogno che ce lo dicano". Se però si prosegue nella visione delle quattro puntate, nel catalogo di Netflix di settembre, si coglie bene il loro essere completamente anestetizzate nei confronti di ciò che hanno causato alla vita delle altre persone, rimaste ferite dalle loro televendite.

Continua Garramone: "Per loro la galera ha significato resistere invece di dover ammettere di essere colpevoli. Anche oggi non riconoscono come gravose le azioni che hanno compiuto verso le vittime. Quasi a ribadire una propria rettitudine morale. E questo nonostante durante le riprese di Wanna provassimo ad avanzare in provocazione nei loro confronti, mostrando atti o riportando affermazioni che spesso hanno visibilmente infastidito le intervistate. In ogni caso, però, hanno risposto a tutto, anche se le domande intorno a Wanna, Stefania e a quello che hanno creato non smetteranno mai di estinguersi".

L'evoluzione delle docuserie Netflix

Domande come la fine del Marchese Capra De Carrè, di cui non si hanno più avuto tracce, a differenza della presenza in Wanna di Mário Pacheco Do Nascimento, di cui Alessandro Garramone ricorda l'incontro: "Ho avuto una redazione incredibile dietro che è riuscita a scovare il Mago Don Nascimento. Abbiamo scoperto che in Brasile gli incartamenti vengono messi su internet, così che possano venir scaricati. Grazie a questa pista siamo giunti a quello che si è scoperto essere il vero avvocato dell'uomo e che ci ha messo in contatto con Don Nascimento. Inizialmente l'intervista doveva avvenire su Skype, ma dopo averlo visto ci siamo detti che bisognava inventarsi qualcosa e partire.

Così sono andato a Salvador per incontrarlo. Di alcune cose aveva voglia di parlare, su altre ha volutamente sorvolato. Ma quello che sappiamo è che non ha mai più avuto contatti con Wanna e Stefania". Oltre allo specchio di un'Italia immersa nei canali televisivi, l'intenzione di portare nella library di Netflix un prodotto come Wanna viene anche in virtù di un successo internazionale approdato sulla piattaforma: Tiger King. Racconta Gabriele Immirzi, produttore per Fremantle Italia: "Volevamo anche noi un personaggio che fosse "larger than life". E il merito di poter portare avanti una simile produzione è anche grazie a prodotti come Tiger King o all'investimento di Netflix che crede nella riuscita di questi progetti. Due anni fa sarebbe stato impensabile potersi dedicare così tanto tempo ad una docuserie da quattro puntate. E per il coinvolgimento di Wanna e Stefania ci teniamo a dire che non hanno ricevuto alcun compenso, hanno dovuto solo mantenere un accordo di riservatezza fino all'uscita su Netflix" - per rinfrescarvi la memoria sul successo Netflix ecco la nostra recensione di Tiger King.

Cosa pensare di Wanna

Sembrerebbe dunque che Wanna segua un po' l'andatura, come dicevamo in apertura, della serie Sanpa. "Abbiamo capito fin da subito che Wanna era un prodotto che avrebbe acceso la conversazione." ammette Giovanni Bossetti, manager per i contenuti italiani non fiction di Netflix "Abbiamo cominciato a confrontarci tra noi e anche con i colleghi vedevamo che l'argomento destava reazioni differenti. Questo ci ha fatto capire che la storia apparteneva ad un passato la cui memoria, però, è ancora viva e che possiede diversi collegamenti con la contemporaneità. C'è il tema dell'essere influenzati da un mezzo comunicativo, come ci confrontiamo noi con la telecamera, fin dove si è spinta la persuasione, ponendo comunque una certa distanza".

Una serie da cui, ad ogni modo, aspettarsi discussioni accese e certamente interessanti. Ma qual era, quindi, lo scopo del suo creatore e scrittore? Risponde Garramone: "Esplorare un rapporto madre-figlia che mi ha profondamente incuriosito. Un'altalena in cui a volte pensi che a tirare i fili sia il genitore e dopo si ribaltano i ruoli. Alla fine sono arrivato alla conclusione che Wanna e Stefania sono la stessa cosa. La gente simpatizzerà per loro? Non posso dirlo. Ma questa storia andava raccontata perché ha riguardato una delle nostre più grandi truffe, le stesse in cui oggi ci si può imbattere nel web. Al massimo posso credere che lo spettatore potrà esserne divertito, perché Wanna Marchi è un personaggio a misura di meme".