Agents of S.H.I.E.L.D.: recensione di una deludente sesta stagione

Il 19 agosto si è concluso su Fox il nuovo ciclo della serie Marvel, ricco di premesse interessanti ma non mantenute.

Agents of S.H.I.E.L.D.: recensione di una deludente sesta stagione
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La sesta stagione di Agents Of S.H.I.E.L.D. è un po' quella delle prime volte: non c'era mai stata, infatti, una pausa talmente lunga tra due stagioni della serie Marvel, durata in sostanza un anno intero; è la stagione fino a ora più corta, 13 episodi contro i soliti 22; ed è la stagione in cui le vicende di Daisy Johnson e del suo team si separano ancora più nettamente dalla timeline del MCU, con giusto qualche rimando che in realtà complica ancora di più il posizionamento cronologico.
Si trattava, quindi, di un'annata importante, che avrebbe potuto e dovuto confermare i notevoli passi in avanti compiuti dalla serie, supportata anche da un numero minore di puntate e di conseguenza senza la necessità di introdurre momenti morti. Avrebbe potuto e dovuto essere il momento di trovare un'identità sempre più precisa, di introdurre qualche new entry e portare al massimo i personaggi principali già noti, vista anche la scomparsa di Coulson (Clark Gregg). E invece le tante promesse - a partire da un incipit intrigante - non sono state mantenute e questa sesta stagione, alla fine dei conti, non risulta altro che un dimenticabile ponte con lo scopo di accompagnare lo spettatore verso la settima e ultima avventura degli agenti.

Avventure spaziali non richieste

Le vicende prendono il via a circa un anno dalla dipartita del direttore Coulson e, inizialmente, si dividono in due archi narrativi paralleli: sulla Terra il neo direttore Alphonso "Mack" Mackenzie (Henry Simmons), con l'aiuto degli agenti May (Ming-Na Wen) e "Yo-Yo" Rodriguez (Natalia Cordova-Buckley), è impegnato nella ristrutturazione quasi totale dello S.H.I.E.L.D., utilizzando come base operativa il Faro; nello spazio invece ritroviamo Daisy e Jemma (Elizabeth Henstridge) alla ricerca del Fitz (Iain De Caestecker) che si era congelato per raggiungerli nel futuro distopico conosciuto agli inizi della stagione precedente. Entrambi i compiti si complicano in maniera drastica, ça va sans dire. Sulla Terra, infatti, arriva una nuova tremenda minaccia rappresentata dal misterioso Sarge e il suo equipaggio, mentre nello spazio il ritrovamento di Fitz diventa giorno dopo giorno sempre più improbabile, senza tracce e senza indizi. Iniziamo subito proprio con quest'ultimo arco narrativo, a cui vengono dedicate intere puntate, ma che manca di qualsivoglia profondità o interesse. Il più delle volte si assiste a piccole avventure autoconclusive con picchi di rara sterilità creativa - come ad esempio le due puntate circa nel casinò alieno. Per lunghi tratti è una storyline veramente imbarazzante, con il buon Enoch (Joel Stoffer) trasformato in un comic relief senza motivazioni e con una trama povera portata avanti forzatamente da delle coincidenze assurde. E oltretutto è qui che viene introdotto il secondo villain della stagione, che però è uno dei personaggi meno riusciti dell'intera serie, per nulla carismatico e a tratti incoerente. Un fallimento, salvato solamente da un unico momento in cui gli sceneggiatori sembrano aver ritrovato la retta via e dal ruolo fondamentale - ma ambivalente - di queste avventure nel season finale.

Tanta luce ma poi oscurità

Quasi tutto ciò che Agents Of S.H.I.E.L.D. ha di positivo nella sesta stagione è condensato nello scontro con Sarge, a partire proprio da quest'ultimo personaggio: Sarge è freddo, deciso, disinteressato a qualunque cosa che non sia la sua missione e accompagnato da una squadra di personaggi non meno interessanti e particolari di lui che seguirebbero il loro leader fino alla morte. Insomma, il misterioso individuo apparso dal nulla è perfettamente riuscito e, per poco più di metà stagione, anche la trama è appassionante, poiché il mistero viene svelato poco alla volta. Un interesse crescente che però viene poi totalmente smorzato, per il banale motivo che da un certo episodio le vicende vengono narrate in maniera mediocre. Personaggi che si comportano in maniera piuttosto incoerente - la relazione tra Mack e "Yo-Yo" è di un'infantilità grottesca - o che prima affermano una cosa e dieci secondi dopo fanno l'opposto, tutti gli interrogativi vengono semplicemente svelati fin troppo presto e i pochi colpi di scena rimasti apparivano chiari fin dall'inizio della stagione, per non parlare dei momenti cruciali risolti con una rapidità disarmante, salvati soltanto da una messa in scena suggestiva. Fatichiamo davvero a giustificare una sceneggiatura così disomogenea e una narrativa talmente altalenante, vere e proprie pietre tombali di una stagione che, ai nastri di partenza, sembrava affascinante ed evocativa e invece si è dimostrata capace di dilapidare un capitale potenzialmente vincente. Non mancano momenti dall'impatto - emotivo e scenico - di alto livello, sono semplicemente in netta minoranza.

Un finale entusiasmante e al contempo deludente

Il season finale è il ritratto perfetto dell'intera stagione. Pur mancando un ulteriore pizzico di coraggio che avrebbe alzato ulteriormente l'asticella, è inaspettato, improvviso e apre scenari meravigliosi. E l'aspetto curioso è che nulla viene spiegato, si possono solo fare supposizioni su ciò che è accaduto. È un modo intelligente di chiudere una stagione, perché dona informazioni per speculare ma non abbastanza per comprendere o prevedere tutto. Ma, come detto, è un cliffhanger legato alle avventure spaziali di Fitz-Simmons, un finale intrigante che ha richiesto due sacrifici enormi: non solo le grandi ed epiche risoluzioni della saga di Sarge vengono ridotte a momenti scarni e insulsi, ma l'intera storyline si trasforma in una deviazione insignificante nell'attesa che l'altra vicenda si sviluppi. Sarge e il suo piano non hanno nessuna conseguenza o la benché minima influenza sugli altri avvenimenti, né riescono ad approfondire significativamente gli agenti dello S.H.I.E.L.D., dando infine quel retrogusto amarognolo che ci fa chiedere che senso abbia avuto tutto ciò.

Ed è questo ciò che rimane della sesta stagione di Agents Of S.H.I.E.L.D.: un personaggio carismatico, una minaccia incombente e mistica, protagonisti - a parte qualche scivolone - sempre funzionali persi in una narrativa concepita male, priva di ritmo e a tratti imbarazzante. E un finale, che verrebbe quasi da definire clamoroso, non può coprire o salvare tutto ciò. Un incidente di percorso, che speriamo venga riabilitato da una possente stagione conclusiva. Abbiamo avuto più volte prova che questi agenti possono dare molto di più.

Agents of S.H.I.E.L.D. - Stagione 6 La sesta stagione di Agents Of S.H.I.E.L.D. parte con delle ottime premesse: trame interessanti, personaggi carismatici e un'identità da ricostruire. Insomma, sembrava l'ennesimo passo in avanti di una serie che ormai quasi sei anni fa è iniziata in maniera tragica e che annata dopo annata si è conquistata un proprio posto nel panorama televisivo. Ma non è andata cosi, qualcosa si è rotto e ci si ritrova al cospetto di una stagione narrativamente mediocre, concepita e studiata male, con colpi di scena rivelati troppo presto e quasi intere storyline che scadono in momenti imbarazzanti. Ciò che tiene a galla la serie sono, come sempre, i suoi protagonisti e la new entry Sarge, personaggio carismatico, freddo, cinico. Ma non può bastare a risollevare totalmente una stagione deludente, complice anche un altro villain di un piattume estremo. Gli agenti possono e devono dare di più, si spera nella settima e ultima stagione.

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