American Gods 3 Recensione: la serie Starz finisce nel limbo

La terza stagione di American Gods cerca di ripartire dopo il passo falso della seconda, con risultati alterni e mai esaltanti.

American Gods 3 Recensione: la serie Starz finisce nel limbo
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C'era una volta American Gods, la prima stagione di American Gods, adattamento televisivo del romanzo del 2001 di Neil Gaiman. Al timone c'erano Bryan Fuller (Hannibal, Star Trek Discovery) e Michael Green (Logan, Blade Runner 2049) con una visione ben precisa: dare forma alle vicende di Shadow Moon (Rick Whittle) e Mr. Wednesday (Ian McShane) attraverso una messinscena a dir poco ispirata e suggestiva, ampliando e rafforzando il materiale d'origine, che personificava le divinità pan-religiose in uno scontro all'ultimo sangue con i nuovi dèi, generati dalla fede dell'umanità nelle nuove tecnologie.

Un successo di pubblico e critica, affossato da una seconda stagione che aveva sofferto un travagliato processo produttivo, che aveva visto un cambio di showrunner e l'uscita di scena di parte del cast come gesto di solidarietà nei confronti di Fuller e Green. Si perse così gran parte della chimica che aveva reso grande la prima stagione, con poche eccezioni positive - come il dio Anansi di Orlando Jones - spazzate via da un ulteriore cambio ai vertici, che ha visto l'avvicendarsi di un nuovo showrunner e il licenziamento dello stesso Jones .

Ora American Gods ha chiuso i battenti e si lascia alle spalle un suo terzo ciclo di episodi il cui risultato è figlio di quelle dinamiche che hanno reso così travagliata la produzione di questo show. Abbiamo già avuto modo di esprimere alcune opinioni preliminari nella nostra anteprima di American Gods 3 e, prima di lasciarci alle spalle la lotta tra vecchi e nuovi dei in vista delle uscite Amazon di aprile, dobbiamo chiudere i conti con questo nuovo capitolo con la nostra recensione completa.

Un nuovo inizio

Quello che cerca disperatamente di fare la terza stagione di American Gods è dare un nuovo inizio allo show, una sorta di ripartenza dopo l'insuccesso della seconda stagione. La serie si muove così su due binari che raggiungono rispettivamente risultati differenti. Il primo è ovviamente la prosecuzione degli intenti belligeranti di Wednesday nei confronti dei nuovi dèi. In questo caso ci troviamo di fronte ad una narrazione molto diluita nelle dinamiche, soprattutto per quanto concerne il segmento dedicato alla new entry Demetra. Per il resto la struttura di queste incursioni di Wednesday non cambia di molto rispetto al passato e grida a gran voce di arrivare al punto, visto che sono ormai tre stagioni che sentiamo dèi vecchi e nuovi minacciarsi a vicenda, senza giungere ad un risultato concreto.

Il secondo nuovo inizio è quello di Shadow, che alla fine della scorsa stagione aveva scoperto di essere nientemeno che figlio di Odino, quel Wednesday che fino a quel momento aveva scarrozzato per gli Stati Uniti e del quale si era reso protettore. Non solo, quindi, la consapevolezza del fatto che gli dèi camminano tra noi, ma anche gli inevitabili interrogativi sulla propria identità: umana o divina?

L'occasione per tirare le fila del discorso è l'adattamento di una delle parti più suggestive del romanzo di Gaiman e forse quella più riuscita di questa stagione: il soggiorno di Shadow a Lakeside. Cittadina modello, dove tutti conoscono tutti e le tradizioni sono sacre, Lakeside sembra il perfetto paradiso di ghiaccio nel quale nascondersi, ma è proprio sotto la coltre gelata che si nasconde un segreto raccapricciante, che spetterà proprio a Shadow dipanare. Dispiace che siano ormai tre stagioni che il personaggio interpretato da Whittle subisca gli eventi circondato da un'aura di ingenuità ed innocenza che sconta la mancanza di un'evoluzione più dirompente.

Un'evoluzione che, a quanto pare, è stata riservata all'ex moglie Laura - che contrariamente al libro ha sempre goduto di una maggiore attenzione da parte della writing room -, con una Emily Browning perfetta nella parte, sebbene il personaggio già in scrittura sia fin troppo esuberante, col rischio di banalizzarne l'arco di sviluppo.

Il tema del lutto e del lasciar andare per poter continuare con la propria esistenza è uno dei leitmotiv della stagione, nonché il motore dell'azione per la stessa Laura, che deve letteralmente attraversare i gironi dell'aldilà per compiere la propria vendetta nei confronti di Wednesday per la morte di Sweeney e per la propria. Il tema della perdita insegue anche il personaggio di Salim (Omid Abtahi), sebbene con una pedanteria galoppante che rischia di soffocarne il valore.

Viaggio senza ritorno

L'episodicità della narrazione rimane in ogni caso uno degli scogli maggiori da superare nella visione della serie Starz, con eventi di passaggio che meriterebbero invece ulteriore approfondimento e altri che, viceversa, non si capisce quanta ragione abbiano di essere presenti, vista la diluizione già forzata del materiale d'origine, che in questa stagione si riduce veramente ad una frazione del libro, senza elaborare un costrutto adeguato di supporto al di là delle vicende di Laura. Tutta la trama relativa a Bilquis appare infatti quasi come un corpo estraneo, nonostante il tentativo di dare una sfumatura alla dicotomia tra vecchi e nuovi dèi fosse più che necessaria per smussare i confini monocorde delle singole fazioni. Sebbene le intenzioni di Gaiman e compagni in questa stagione fossero quanto mai buone, con l'obiettivo finale di assicurare una narrazione più organica e meno slegata, l'obiettivo non sembra essere stato raggiunto in questi frangenti.

A farne le spese sono soprattutto gli antagonisti e il tentativo di connotare meglio Mr. World naufraga in una crisi identitaria che dovrebbe invece essere propedeutica alla definizione della sua (non) identità, con derive a tratti risibili e poco in linea con l'ordine narrativo che avrebbe dovuto essere ristabilito. Non convince del tutto nemmeno il percorso di Technical Boy, nonostante la fascinazione derivante dalla natura stessa del personaggio, ulteriormente approfondita nel corso della stagione.

Non bastano quindi le forze schierate in campo dal punto di vista produttivo per recuperare a tratti l'ispirazione visiva degli esordi, con qualche momento davvero azzeccato e un ottimo studio delle transizioni tra una scena e l'altra; perché gli effetti visivi, la fotografia patinata, le buone interpretazioni e una regia che vive di alcuni momenti di ispirazione non bastano per migliorare la qualità delle pagine dalle quali tutto proviene. Una buona opera di revisione e di editing avrebbe permesso di sfrondare alcuni rami per rafforzarne altri e magari concedere il minutaggio necessario per regalarci un finale più soddisfacente, più in linea con quanto raccontato finora, e regalare a tutti un motivo per cui continuare - o, per meglio dire, iniziare - questa lotta sovrumana tra dèi incarnati.

Nel cercare di innescare nuovamente la miccia dello show, Gaiman e soci creano così un capitolo quasi di passaggio, non fosse per l'organicità della parentesi di Lakeside, tirando le fila di molti archi di sviluppo e giungendo a punti di climax importanti, che purtroppo non troveranno seguito. Un peccato ancor più grave alla luce della consapevolezza di questo azzardo, che tronca ex abrupto una fase delicatissima di tutta la narrativa di American Gods, che avrebbe sì condotto, di conseguenza, lo show sul viale del tramonto, con il tanto agognato scontro tra dèi del quale sentiamo cospirare da anni, ma che in questo modo è risultato vano quanto il sacrificio di Shadow Moon.

American Gods - Stagione 3 La terza - e a quanto pare ultima - stagione di American Gods non si congeda nel migliore dei modi. Un finale insoddisfacente e anticlimatico è solo la pietra tombale di una dilatazione e di una frammentazione eccessiva delle dinamiche relative alla tanto agognata guerra di Wednesday, le cui fila sono oramai visibili quanto i meccanismi del congegno del Ragazzo Tecnologico. Per lo meno possiamo dire che la parentesi relativa a Lakeside possa definirsi soddisfacente, al netto di qualche cambiamento che semplifica leggermente la narrazione.

6.8