Andor 1x11 Recensione: tanta introspezione prima del gran finale

Ad un solo appuntamento dal finale, Andor frena per disporre tutti i pezzi sulla scacchiera e offrire un delizioso episodio riflessivo.

Andor 1x11 Recensione: tanta introspezione prima del gran finale
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A prescindere dall'apprezzare o meno Andor, questione che oltre dalla qualità dipende chiaramente dai gusti personali, ci è impossibile non lodare la sua coerenza, anche a costo di estraniare parte dell'audience potenziale. Perché esordiamo così? Perché la serie creata da Tony Gilroy (che di recente ha smentito una teoria dei fan di Andor) è ormai giunta al suo penultimo episodio e, nonostante la scorsa settimana avevamo in fondo un po' sperato in un aumento del ritmo (qui potete recuperare la nostra recensione di Andor 1x10), non intende minimamente rinunciare al suo stile compassato, interessato soprattutto a sistemare con calma ogni singolo pedone sulla sua scacchiera.

Una direzione ben diversa rispetto alle altre produzioni seriali targate Disney, che ad un certo punto sembrano sempre prediligere una spettacolarità spesso vuota o decontestualizzata, che ignora quasi del tutto la trama o, nel peggiore dei casi, arriva persino a banalizzarla. Andor dimostra ancora una volta la sua avversione radicale per escamotage del genere e, invece che puntare su un cambio di rotta, propone una puntata stranamente di passaggio, in cui a farla da padrone è il peso emotivo di alcuni avvenimenti.

30 uomini + 1

Ma procediamo con calma: ritroviamo Cassian (Diego Luna) e Melshi (Duncan Pow) nel tentativo di trovare una via di fuga dal pianeta di Narkina 5, con gli imperiali impegnati in una vana azione tesa a limitare le perdite dell'evasione; Mon Mothma (Genevieve O'Reilly) e Luthen (Stellan Skarsgard) sono alle prese con le dure conseguenze delle proprie scelte, poco importa che si tratti di potenzialmente legarsi ad un criminale o sacrificare 30 uomini per non allertare l'Impero; sullo sfondo, intanto, una morte su Ferrix scuote l'intera cittadina e allerta l'interesse di chiunque sia interessato a catturare Andor, dalla Ribellione fino a Deedra (Denise Gough) e Syril (Kyle Soller).

Quindi, come anticipato, è un capitolo più che altro riflessivo, che vuole stabilire una volta per tutte quanto sia devastante il peso di partecipare alla Ribellione, di condurre una doppia vita estenuante e non solo per un individuo drastico quale Luthen. Di conseguenza vi è spazio anche per figure rimaste perlopiù sullo sfondo come Vel (Faye Marsay) o Kleia (Elizabeth Dulau), via via più esauste dal dover costantemente parlare in codice o per allusioni e spossate - per usare un eufemismo - da novità che non giungono mai. Per non parlare delle tremende torture riservate a Bix (Adria Arjona), vittima forse per molti versi involontaria di un disegno che non può conoscere tanto in profondità o l'ossessione che divora ogni giorno Syril, talmente persistente e pervasiva da averlo reso cieco se non disinteressato ad ogni altra cosa.

Pregi e difetti

Il problema di Andor e di puntate del genere rimane però sempre lo stesso da due mesi a questa parte: a venir meno è il ritmo, abbandonato totalmente in favore di un senza dubbio meraviglioso character study sul proprio cast. Un motivo d'orgoglio e lo stiamo d'altronde lodando settimana dopo settimana, ma ad un solo appuntamento dal termine la sensazione è che si poteva osare un po' di più per farci attendere con ulteriore voglia il season finale. E no, da questo punto di vista non può bastare la promessa lampante di un inferno che si scatenerà su Ferrix o la vaga allusione di un altro piano di Luthen.

Intendiamoci, lo scontro verbale tra il mercante d'antiquariato e Saw (Forest Whitaker), la contesa tra Vel e Kleia, un momento di straordinario impatto emotivo riguardante Cassian; questi sono tutti aspetti che da soli valgono il prezzo del biglietto. Si poteva e forse si doveva trovare un punto d'incontro, sbilanciato enormemente in favore sempre e comunque dell'approfondimento psicologico dei personaggi, ma che non cancellava ogni traccia di ritmo incalzante. Come ad esempio nel secondo episodio, qualcosina si poteva pur anticipare per dare più consistenza e un ruolo più centrale nella trama ad un capitolo troppo di passaggio. Ma è davvero l'unica grande mancanza di una produzione che, con un finale degno di tutto ciò che è venuto prima, si pone su un livello qualitativo altissimo.

Cassian Andor Per molti versi il penultimo appuntamento di Andor mette in luce tutti i pregi e i - pochi - difetti della serie targata Star Wars. Da una parte, infatti, abbiamo un'attenzione ai dettagli clamorosa, un approfondimento psicologico dei personaggi da applausi, dei momenti e scontri che da soli valgono il prezzo del biglietto, sempre legati da un fil rouge perfetto e che vuole delineare in sostanza cosa vuol dire legarsi alla Ribellione. Quali sacrifici bisogna compiere? Quali e quanti compromessi vanno accettati? E come si convive con le proprie scelte? Momenti da pelle d'oca, non c'è altro modo per descriverli. D'altra parte, però, non possiamo ignorare di trovarci davanti appunto al penultimo episodio, che oltre a sistemare dei pezzi sulla scacchiera e promettere qualcosa fa ben poco. Andor da questo punto di vista è sempre stata una serie senza mezzi termini, che per i risultati e coerenza raggiunti merita sicuramente delle lodi, ma a volte la sensazione è che si poteva osare giusto un po' di più per ricreare un ritmo incalzante e più televisivo.