«Baby, il mondo la domenica mattina: la paranoia della sera prima. È solo un sentimento passeggero: un altro giorno osceno si avvicina». Pensare a Baby non può non far partire nella testa dei più attenti amanti del cantautorato italiano una delle tracce meglio riuscite degli ultimi cinque anni di attività dei Baustelle. Sprofondare tra i Parioli, in una vita fatta di apparenza e di uno scimmiottare con tremendo desiderio l'Upper East Side di New York, è d'altronde un racconto decadente dei giorni osceni dei protagonisti, uno dopo l'altro, con la mattina pronta sempre a ricordare la paranoia della sera prima. Baby 2, disponibile dal 18 ottobre in sei episodi di circa 40 minuti l'uno su Netflix, continua da dove si era interrotta Baby Stagione 1, andando a seminare qualche nuovo dettaglio e qualche cliffhanger aggiuntivo per dare brio a una trama che si basa ancora fortemente sullo scandalo e sul danzare sulla punta di uno spillo dell'ambiguità. Dopo aver già analizzato la prima metà di stagione nella nostra Recensione dei primi 3 episodi di Baby 2, è tempo di tirare le somme sulla serie italiana prodotta da Netflix.
Il nuovo Papa dei Pairoli
Baby 2 riparte dalla morte di Saverio, dalla fine del suo impero e dall'inizio di quello di Fiore. L'estate è terminata e dopo il riposo e l'allontanamento momentaneo dall'ambiente scolastico, si può tornare tra le mura del liceo privato Collodi, luogo nel quale si consumano le doppie vite di Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani). Le due ragazze non si sono private dello smartphone di Saverio, anzi hanno deciso di continuare ad alimentare il loro giro di incontri sessuali con uomini attempati e benestanti.
Se da un lato Ludovica, però, continua a non preoccuparsi dei suoi legami sentimentali e vive il suo ruolo di baby squillo in maniera molto mercenaria, dall'altro lato Chiara subisce la sua vita notturna, destinata a riversare le paranoie e le difficoltà in quella diurna, che si dirama nel rapporto con Damiano (Riccardo Mandolini), allo stesso tempo invischiato in un debito con Fiore e costretto a fare da autista a una escort, non baby stavolta. Entrambe le ragazze, però, sono accomunate da una problematica emergente: la loro maschera sta per essere bruciata e svelata a tutti, rivelando la vita nascosta che hanno condotto per quasi un anno.
L'intera seconda stagione si basa esclusivamente sul pericolo di essere scoperte, sulla necessità di continuare nascondere la seconda vita, dalla quale non si riesce più a evadere. «È solo un gioco» riecheggia nella loro testa come se fosse un mantra, una convinzione: il pericolo non si avverte fino a quando non si mettono a rischio determinati rapporti, come per Chiara. È lei, d'altronde, che rappresenta la vera follia razionale, come l'aveva già definita Saverio nel corso della prima stagione, ed è lei quindi che tiene le fila, più di Ludovica, di questa attività malsana.
Baby, però, si convince di non voler andare troppo a fondo in quell'aspetto scabroso che verrebbe automatico ricollegare a una serie che sprofonda nel fenomeno delle baby squillo: l'interesse è sempre quello di analizzare l'adolescenza, il periodo buio dei ragazzini, analizzandone le paranoie, i dubbi, le paure, le difficoltà e le incertezze. Il mondo che le circonda, però, è sempre caricaturalmente decadente, spesso esasperante, come se tra i 15 e i 18 anni non ci potesse essere nulla di divertente, nulla di goliardico e di spensierato: tutte le azioni finiscono inevitabilmente per portare sofferenza e dolore, in qualsiasi accezione. L'età che originariamente era quella della vita senza pensieri si è trasformata all'improvviso in una dissacrante incocciata contro una parete.
L'intreccio che diventa testuggine
Inevitabilmente crescente il rapporto tra Ludovica e Chiara nel corso della seconda stagione: se le ragazze si erano avvicinate gradualmente durante la prima, è in questi sei episodi che arrivano a tessere un legame molto più profondo e significativo, caratterizzato soprattutto dall'essere - come anticipato poc'anzi - le due facce della medesima medaglia. Le ragazze alternano i loro momenti di lucidità e, vivendo quasi in simbiosi le decisioni di seguire o meno Fiore, si riescono a dare il cambio nel momento in cui l'una ha bisogno dell'altra nella difficoltà.
Alice Pagani (trasformata dall'incontro con Silvio Berlusconi in Loro) e Benedetta Porcaroli mettono in scena i momenti migliori della serie, grazie anche al supporto di alcuni comprimari che hanno una presenza scenica importante: tra questi ovviamente Damiano, la figura maschile più riuscita dell'intero cast, ma anche Fedeli, il figlio del preside che nella prima stagione si è riscoperto omosessuale e si ritrova a combattere l'omofobia e la difficoltà dei suoi compagni di classe nell'interpretare al meglio la loro sessualità.
Vengono invece gradualmente meno, vedendo scemare la loro presenza, alcune interpretazioni indubbiamente non degne della profondità che Baby ha sempre cercato, come quasi a snellire le presenze poco attorialmente valide da un cast che deve risultare magnetico. Questo, d'altronde, è l'aggettivo giusto da attribuire alle due protagoniste, affascinanti in maniera diversa, pronte ad accontentare le necessità e i gusti variopinti tanto degli spettatori che degli uomini che pagano i servizi di entrambe.
Il resto del cast si esalta in alcuni sparuti interpreti, senza voler far necessariamente emergere tutti: è gradevole il notare una presenza molto più ingombrante di Claudia Pandolfi, in un ruolo molto meno affranto di quanto fatto ne La prima cosa bella di Paolo Virzì, ma che riesce a toccare anche le corde nostalgiche degli anni trascorsi con Un medico in famiglia. Tra le new entry c'è sicuramente da apprezzare l'inserimento di Tommaso (Thomas Trabacchi) nel ruolo del professore di storia e di filosofia di Ludovica: dapprima conosciuto come uno dei suoi clienti, diventa poi una presenza fondamentale nel creare un collegamento tra il mondo del giorno e quello della notte, ma mostrandoci anche quanto sia difficile a volte reprimere le pulsioni sessuali in età matura.
La nostra vita prima di stanotte
In questo evolversi di situazioni, però, Baby continua a soffrire dei suoi difetti, che per quanto limati nel corso di quest'anno hanno ancora una volta condizionato la produzione: la visione scorre, ma per potersi lasciar prendere dagli avvenimenti è necessario essere il più in linea possibile con le problematiche adolescenziali, appesantite da una decadenza non necessaria e assolutamente ridondante in molte occasioni.
Le ingenuità nei dialoghi continuano a esistere, così come il dover necessariamente basare alcuni avvenimenti sul non detto, sul non spiegato: per non scadere nello scabroso e per non mostrare immagini che rischierebbero di compromettere la genuinità di base della serie, gli autori sorvolano su alcuni eventi, abbozzano maldestramente le scaramucce tra compagni di scuola e costringono lo spettatore a domandarsi cosa sia realmente accaduto. Baby, nel suo insieme, vuole trattare un argomento di cronaca, ma senza sporcarsi troppo le mani, restando in una comfort zone che non vuole esasperare l'esistenza delle baby squillo e quasi ridurre il fenomeno a un nulla.È palese che le intenzioni fossero quelle di emulare il roboante successo avuto da Tredici, almeno nella prima stagione, raccontando un'altra terribile sfaccettatura della vita adolescenziale, ma è pur vero che il tentativo è maldestro: Baby è esasperante, nel suo altalenare i rapporti tra i protagonisti, il loro precipitare in una voragine di perdizione e di pentimenti, risolti poi con una leggerezza quasi disarmante la mattina successiva.
Abbandonate le necessità di esaltare la lotta di classe, che nella prima stagione aveva messo Ludovica sotto l'occhio di bue, e confermate le intenzioni di mantenere sempre in maniera naif l'aspetto della prostituzione minorile, Baby resta una serie all'acqua di rose, con il suo stile. Che possa piacere è certo, che possa non piacere è altrettanto giustificato, a maggior ragione dinanzi a delle criticità obiettivamente visibili.
Baby 2 è una serie che potrebbe nascere con intenzioni documentaristiche di uno scandalo dei giorni nostri, ma sfocia nel raccontare la decadenza dell'adolescenza, in maniera morbosamente asfissiante. La regia e la fotografia soddisfano, così come le principali interpretazioni: a essere troppo traballante è l'insieme dei dialoghi, che scadono troppo spesso nella banalità. Dall'altro lato, però, c'è da sottolineare la capacità degli autori di creare il giusto pathos in alcune situazioni, a patto di avere ancora la sensibilità giusta, dettata dall'età esatta, nei confronti degli eventi sentimentali che caratterizzano l'adolescenza. Ancora una volta, però, ricordiamo che questo periodo di crescita non è necessariamente così dark e così cupo. C'è molto altro nella vita adolescenziale e il dover per forza raccontarne l'oscurità e i momenti dissacranti sta iniziando a diventare quasi stucchevole. Appuntamento intanto alla terza stagione, perché il cliffhanger del sesto episodio ce lo conferma in maniera abbastanza lampante.