Barry: recensione della nuova comedy HBO

La nuova serie HBO nasce come comedy ma si trasforma in un prodotto ben più rifinito e profondo. Che sia la ricetta perfetta per il grande pubblico?

Barry: recensione della nuova comedy HBO
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Esiste l'HBO di Game Of Thrones, esiste l'HBO di Westworld e poi esiste l'HBO di Barry. Che magari non condivide la loro stessa magnificenza visiva, ma che compensa grazie ad un'anima unica e particolare. Perché la serie ideata da Bill Hader in collaborazione con Alec Berg è inconsueta, singolare, pittoresca. Una lunga serie di aggettivi che comunque non riescono a trasmettere con efficacia lo stupore che lo spettatore si ritrova a provare davanti a uno show così distante dalla gran parte delle produzioni del panorama odierno. La nostra recensione.

Un sogno per cui uccidere?

Barry racconta la storia di un ex marine (Barry appunto, interpretato da Bill Harder) che dopo essere tornato in patria sceglie di intraprendere una professione piuttosto inusuale. Diventato killer su commissione, trascorre la propria vita nell'attesa del prossimo omicidio, o "lavoro", come preferisce chiamarlo nel tentativo di razionalizzare la propria situazione. In cerca d'evasione da questa sanguinosa routine, si lascia convincere dal suo unico amico ad abbandonare la fredda Cleveland per svernare sotto il sole californiano. L'occasione gli è gentilmente offerta dalla mafia cecena, il cui boss è in cerca di vendetta contro un personal trainer che ha poco saggiamente deciso di intrattenersi con sua moglie. Saranno proprio i preparativi per l'omicidio che porteranno Barry a intravedere lo spiraglio di luce a cui per lungo tempo aveva anelato. Uno spiraglio che porta le fattezze di Henry Winkler (l'immortale Fonzie di Happy Days), insegnante in parte guru, in parte approfittatore, che guida il corso di recitazione cui partecipa la vittima prescelta.

Ciò a cui il protagonista si ritrova davanti è una variegata comunità di sognatori che cercano in ogni modo di affermarsi nel mondo dello spettacolo, sia esso teatrale, televisivo o cinematografico. Pur arrivato lì per caso, pur goffo ed impacciato quando viene sospinto quasi a forza sul palco di fronte a tutti questi aspiranti attori, Barry rimane inaspettatamente affascinato da un contesto a lui sconosciuto e che sembra finalmente potergli regalare qualche soddisfazione. È proprio questo il seme da cui nascono gli intrecci narrativi che delineano la rappresentazione tragicomica di un personaggio desideroso di libertà eppure quasi irreparabilmente incastrato nella propria vecchia esistenza.

Commedia per natura, dramma per scelta

Ciò che da questa descrizione potrebbe sembrare uno spettacolo angoscioso è in realtà un viaggio lungo il sottile confine che separa dramma e commedia. La creatura di Bill Hader e Alec Berg si spinge più in là della maggior parte delle produzioni dramedy, giostrandosi tra sketch e momenti drammatici senza mai rischiare di svilire né gli uni né gli altri. Le situazioni di comic relief vengono distribuite con sapienza, così come le sequenze in cui lo show decide di abbracciare una narrazione più cupa e seriosa.

Il concept scelto da produttori e sceneggiatori è indubbiamente tra quelli di difficile attuazione, eppure è proprio l'ingrediente principale che conferisce all'intera serie un carattere forte e riconoscibile. Il risultato? Un giro sulle montagne russe che sbalza lo spettatore da esilaranti salite a rapide discese verso i punti più cupi della crudeltà umana.

Ogni corazza ha un punto debole

Buona parte degli applausi è per forza di cose dovuta allo stesso Bill Hader, protagonista di un'interpretazione sontuosa soprattutto per il suo carattere eclettico. Barry si trasforma in continuazione, da sognatore a disilluso omicida nauseato da un'esistenza vuota e violenta. La lunga presenza a schermo del protagonista ne permette quindi un'indagine più accurata, consentendogli di abbandonare i tratti macchiettistici che invece permeano alcuni dei personaggi secondari. La processione carnevalesca tratteggiata dagli sceneggiatori gode anch'essa di performance eccellenti, come quelle messe in campo da Henry Winkler con il suo Gene Cousineau, avido narcisista che si compiace dell'ammirazione dei propri allievi, o da Sarah Goldberg che sullo schermo dà vita a una ragazza il cui sogno di approdare ad Hollywood è stato ostacolato dal proprio ego e dal velenoso mondo dello spettacolo, verso il quale la serie non si esime dal lanciare qualche frecciatina. Con frequenza la macchina da presa si sofferma su questi e altri partecipanti alla festosa sfilata, quasi a voler ridere di loro, sottolineandone difetti ed imperfezioni.

L'unica nota dolente nel concerto diretto da Bill Hader è una linea narrativa principale che non lascia molto spazio né all'originalità né alla fantasia degli spettatori. Purtroppo, fin dalle prime puntate è facilmente pronosticabile la direzione che la serie sarà obbligata a prendere, con un incedere sempre più frenetico man mano che progrediscono gli episodi. Un simile carattere derivativo rischia quindi di sospingere l'interesse del pubblico lontano dagli sviluppi narrativi, limitandolo all'analisi degli stupendi personaggi creati dagli sceneggiatori.

Barry - Stagione 1 Si poteva probabilmente immaginare che una serie nata dalle menti di Bill Hader, famoso non solo per le sue partecipazioni ad SNL ma anche per ottime interpretazioni come The Skeleton Twins, e di Alec Berg, già executive producer di Silicon Valley, riuscisse a raccogliere senza troppa fatica l'interesse dell'audience. Eppure, Barry eccede probabilmente anche le più rosee aspettative, coniugando in modo brillante due universi apparentemente lontani come quello della commedia e del dramma. Il risultato, al netto di qualche sbavatura tecnica e di una generale mancanza di originalità nella sceneggiatura, è sorprendente e ci lascia ben sperare in vista di una seconda stagione già confermata dal network.

8