Bordertown, la recensione del poliziesco finlandese di Netflix

Le convenzioni del giallo nordico sono esplorate sul suolo finlandese, tramite le indagini di un poliziotto tormentato dai metodi poco ortodossi.

Bordertown, la recensione del poliziesco finlandese di Netflix
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Quando Netflix iniziò a darsi alla proposta di contenuti esclusivi, prima della realizzazione di prodotti originali come House of Cards e Orange Is the New Black, nel 2012 propose ai propri utenti Lilyhammer, una crime comedy di stampo norvegese con contaminazioni americane (il protagonista è un gangster che cerca di reinventarsi nella città di Lillehammer) che nel paese d'origine era andata in onda in modo tradizionale, sul canale NRK1. A sei anni di distanza, per lo meno per quanto riguarda l'Italia, lo stesso stratagemma è messo in atto con Bordertown, poliziesco finlandese che in patria va in onda su Yle TV1. La prima stagione, composta da undici episodi, è stata trasmessa nell'autunno del 2016 (la seconda, attualmente in lavorazione, debutterà entro la fine del 2018), per poi essere messa a disposizione sul servizio di streaming in determinati territori - Stati Uniti, Regno Unito, Danimarca, Islanda, Norvegia, Svezia, Russia e Paesi Bassi - il 31 marzo 2017. Adesso anche il pubblico italiano potrà passare una decina di ore nel freddo del confine tra la Finlandia e la Russia, insieme al poliziotto Kari Sorjonen (Ville Virtanen), il cui cognome dà alla serie il suo titolo originale.

Il gelido palazzo della mente

All'inizio della serie Sorjonen decide di lasciare la regione di Helsinki e il suo lavoro per la KRP (Keskusrikospoliisi, la principale organizzazione di indagini criminali in Finlandia) per passare più tempo con la moglie, appena sopravvissuta per il rotto della cuffia a un tumore al cervello, e la figlia adolescente. Si trasferisce quindi a Lappeenranta, vicino al confine con la Russia, sperando di avere una vita più tranquilla come capo della polizia locale. Ma tra rapimenti, morti sospette, traffici di stupefacenti e altri misteri, l'investigatore specializzato nell'uso della tecnica mnemonica nota come "palazzo della mente" (vedi alla voce Sherlock, modello dichiarato di Bordertown fin dalla sinossi ufficiale disponibile in rete) avrà parecchio da fare, senza dimenticare le tensioni a casa e l'inchiesta giornalistica sul passato del poliziotto, che genera qualche dubbio sul posto di lavoro.

Il motivo principale per cedere alla tentazione del bingewatching, facilitato in questo caso dalla suddivisione della stagione in blocchi da due o tre episodi per ogni indagine, è il volto stanco e sciupato di Virtanen, veterano del grande e piccolo schermo finlandese (precedentemente aveva recitato in un'altra serie poliziesca, Sincerely Yours in Cold Blood), perfettamente calato nella parte dell'antieroe tormentato con l'asciuttezza tipica delle produzioni nordiche, un punto di forza che potrebbe anche rivelarsi problematico per chi vuole divorare tutti gli episodi in un giorno (i momenti di leggerezza scarseggiano). I recessi più profondi dell'animo umano sono messi in evidenza, in contrapposizione alla bellezza fredda del paesaggio di Lappeenranta, i cui boschi e laghi accolgono situazioni sempre più crudeli, fino ad arrivare a un finale di stagione che metterà a dura prova il pensiero che aveva portato Sorjonen a cambiare città e lavoro. La sua progressiva discesa agli inferi è intrisa di pathos e brividi, l'antidoto ideale al caldo estivo che può spingere ulteriormente a rifugiarsi tra le offerte del catalogo di Netflix.

Bordertown - Stagione 1 Netflix si sposta in territorio finlandese, mettendo a disposizione un poliziesco dove gli elementi riconoscibili sono mescolati in un calderone decisamente più nordico del solito, con un'ottica piuttosto dark e poche parentesi leggere per riprendersi dalla crudeltà dei casi su cui indaga il tormentato Kari Sorjonen, una nuova, affascinante aggiunta al canone dei protagonisti del filone letterario e seriale di genere proveniente dall'Europa del nord.

7.5