Capitani: la recensione della nuova serie crime di Netflix

Un misterioso omicidio sconvolge la comunità di Manscheid. L'ispettore Luc Capitani cercherà di risolvere il caso, tra ostacoli e oscuri segreti.

Capitani: la recensione della nuova serie crime di Netflix
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Una piccola cittadina, una ragazza scomparsa e la sorella gemella trovata senza vita: questo è il punto di partenza di Capitani, la nuova serie Netflix arrivata dal Lussemburgo. Se queste premesse vi hanno fatto tornare in mente altri titoli importanti come Twin Peaks (che abbiamo inserito tra le 5 migliori serie di NOW TV), forse è meglio spazzare via ogni dubbio, dicendovi subito che non siamo su quei livelli. Detto questo, è anche chiaro che un paragone del genere taglierebbe le gambe a gran parte dei nuovi prodotti seriali in arrivo, e se Capitani non è certo il prodotto di punta tra le uscite Netflix di febbraio, questo non vuol dire che non abbia delle qualità, come capirete nel corso di questa recensione.

Silenzio assordante

Nella piccola comunità di Manscheid, nel Nord del Lussemburgo, tutti si conoscono e la recente morte della giovane Jenny (Jil Devresse) ha destabilizzato l'apparente quiete che caratterizzava la cittadina. Una morte misteriosa, con il corpo della ragazza ritrovato nel bosco e la sorella gemella Tanja scomparsa da giorni. L'ispettore Luc Capitani (Luc Schiltz), in viaggio in una zona vicina, accetta il caso, e una volta sul posto decide di servirsi dell'aiuto di Elsa Ley (Sophie Mousel) e Joe Mores (Joe Dennenwald).

I tre inizalmente non sembrano essere molto in sintonia, visto che Luc mostra sin da subito una leadership spigolosa che resta quasi indigesta ai due giovani aiutanti e agli abitanti del villaggio, i quali non vedono di buon occhio uno straniero nella loro piccola comunità rurale. Luc è però determinato nel voler scoprire cosa sia realmente accaduto, e inizierà un'indagine che si rivelerà ben più complicata del previsto, anche a causa dell'omertà che regna nel paese, dove si cela una realtà losca e deprimente. La prima immagine che abbiamo di Manscheid è legata alla quiete e alla cordialità degli abitanti del posto, ma appena la superficie viene scalfita, iniziano ad emergere le ferite e i problemi che infestano il luogo.

Il setting della storia e le premesse sono sicuramente interessanti e salta subito all'occhio, sin dai primi episodi, l'atmosfera che lentamente si intreccia con la vicenda principale. L'indagine condotta da Luc ci porta infatti a conoscere alcuni cittadini del villaggio, che in alcuni casi sono ben caratterizzati e ci trasportano nella tipica quotidianità del paese, dove i pettegolezzi sono alla base di ogni discussione e i pregiudizi dilagano, pesando sulle persone incastrate dall'opinione che la comunità ha nei loro confronti.

Questo crea dei conflitti interiori che pesano sulla coscienza di alcuni dei personaggi che impariamo a conoscere, che in molti casi vengono sopraffatti dai giudizi degli altri finendo per compiere atti estremi. Al contrario, quelli che godono di popolarità e potere nella zona, fin da subito risultano ambigui, sia agli occhi dello spettatore che dell'ispettore, con quest'ultimo che con grande fatica riuscirà a rompere il silenzio che avvolge il misterioso caso. A conti fatti, abbiamo quindi un'ambientazione misteriosa e adatta al racconto, nella quale troviamo personaggi secondari vivi e perlopiù credibili; ma non tutto va per il verso giusto.

Vicino al traguardo

Se la comunità nella quale la storia prende corpo è viva e a tratti ben caratterizzata, quello che manca è forse il coraggio. Infatti, nonostante l'ambiguità e la doppia vita di alcune figure importanti della storia, manca quel pizzico di originalità e creatività che avrebbero alzato l'asticella. Non ci sono personaggi memorabili, e anche quelli che godono di una maggiore attenzione non riescono ad emergere del tutto, con una piattezza creativa che sembra attanagliare tutta la produzione. Lo stesso Luc non sempre riesce a tenere in piedi la narrazione e, anzi, in alcuni casi è abbastanza sottotono.

Nello specifico, se il rapporto con l'agente Elsa si sviluppa, quello con il collega Moraes resta invece solo abbozzato, con quest'ultimo legato ad una scrittura superficiale e abbastanza stereotipata. Un'altra nota dolente riguarda alcuni colpi di scena, che o sono intuibili o cercano di sorprendere con sviluppi abbastanza discutibili, presentando un ritmo narrativo che vive di alti e bassi, tra momenti di tensione riusciti e fasi dell'indagine meno coinvolgenti.

Infine, il comparto tecnico non impressiona, probabilmente anche per il budget a disposizione, rimanendo nella media delle produzioni di questa fascia senza guizzi di sorta. Quello che resta di questa prima stagione è quindi la sensazione che manchi quel qualcosa in più che avrebbe permesso alla serie di imporsi su altri livelli, portandoci a seguire una vicenda che, pur mettendo in scena alcuni aspetti interessanti, resta intrappolata dalla mancanza di elementi di spicco che avrebbero permesso di ottenere un risultato anche sopra le aspettative.

Capitani, come detto in precedenza, ha diversi pregi che non sempre ritroviamo tra le tante serie che ogni mese affollano Netflix, ed è un peccato che certi aspetti non siano stati sfruttati a dovere, mostrando limiti troppo evidenti per essere messi in secondo piano. In conclusione, anche se il risultato finale è più che sufficiente, non vengono raggiunti i livelli offerti da altre produzioni più blasonate, a causa di una storia che cerca di sorprendere ma non sempre riesce nel suo intento. Vi ricordiamo anche che Capitani, molto probabilmente, avrà una seconda stagione che potrebbe anche limare i difetti di questo primo ciclo di episodi, sfruttandone le potenzialità.

Capitani Il materiale per un ottimo risultato c'era, ma Capitani non riesce ad andare oltre la sufficienza per la presenza di diverse forzature e un comparto tecnico abbastanza debole. Aspetti comunque migliorabili in futuro, per una storia che in questa prima stagione cerca di sorprendere ma ci riesce solo in parte.

6.5