Recensione Childhood's End

Charles Dance è l'alieno Karellen in Childhood's End, trasposizione televisiva in tre puntate del romanzo Le guide del tramonto pubblicato nel 1953 dallo scrittore sci-fi Arthur C. Clarke.

Recensione Childhood's End
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Nel 2016 delle gigantesche navicelle giungono sulla Terra. L'umanità assiste all'apparizione di cari scomparsi da tempo, i quali portano con loro un messaggio del leader alieno Karellen. L'entità asserisce di essere il nuovo supervisore del nostro pianeta e che il suo scopo è quello di migliorare la vita eliminando per sempre guerre, fame e povertà. I nuovi arrivati, soprannominati Overlords (Signori supremi) dal giornalista Hugo Wainwright, prendono contatto con il contadino Ricky Stormgren, che diventa il loro interlocutore venendo trasportato in più occasioni sull'astronave, a cui appare come la camera di albergo in cui trascorse alcuni giorni felici con Annabell, la sua ex-fidanzata morta anni prima di cancro. Dopo il primo "rapimento" Ricky viene contattato dai servizi segreti e assume definitivamente il ruolo di portavoce degli Overlords per il mondo intero. Nonostante gli alieni mantengano la promessa di migliorare le condizioni di vita terrestri, non tutti però vedono di buon occhio le intromissioni aliene, in primis proprio Wainwright che da il via ad un movimento di ribelli. Il processo è ormai però in atto e Karellen prospetta una nuova età dell'oro per la Terra...

L'alba di un nuovo futuro

Ci sono voluti oltre sessant'anni per vedere realizzata una trasposizione in carne e ossa di Le guide del tramonto, romanzo pubblicato dal grande scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke nel 1953. All'inizio del dicembre 2015 ha finalmente visto la luce Childhood's End, miniserie televisiva in tre episodi (per quattro ore di durata complessiva) prodotta dall'emittente di genere Syfy e liberamente ispirata alla fonte originaria: i cambiamenti, pur non significativi, modificano alcuni personaggi e risvolti della trama, in particolare per ciò che concerne la parte finale. Dirette dal regista perlopiù televisivo Nick Curran le tre puntate sfruttano un cast numeroso e variegato nel quale spiccano le partecipazioni di Col Meaney (Star Trek: Deep Space Nine), Julian McMahon (Nip/Tuck) e di un sublime Charles "Tywin Lannister" Dance sotto mentite spoglie.

Il giorno e la notte

L'impresa non era certo delle più semplici e, a conti fatti, il risultato può dirsi solo parzialmente riuscito. Il primo episodio è sicuramente quello che colpisce di più l'immaginario del grande pubblico, con un prologo "apocalittico" nel quale l'afroamericano Milo sostiene di essere l'ultimo uomo sulla terra e una rappresentazione visivamente spettacolare (memore in parte di Independence Day e altri classici a tema) dell'arrivo delle astronavi aliene. Episodio in cui viene messa tanta carne al fuoco, con risvolti introspettivi di un certo interesse che riguardano la vita del personaggio di Ricky, figura predominante almeno per buona parte dell'operazione. A lasciare un segno indelebile, paradossale cliffhanger di sorta, è poi il colpo di scena che conclude il pilot, capace di lasciare a bocca aperta chi ignaro del romanzo di Clarke. Allo stesso modo anche l'intensità drammatica ne guadagna, con profonde riflessioni sul libero arbitrio, il terrore del diverso e sulle credenze religiose che speziano il contesto narrativo.
Curran firma un inizio registicamente solido, con influenze più o meno evidenti da altri cult di genere come La guerra dei mondi (2005) di Spielberg e Signs (2002) di Shyamalan, in grado di mantenere sempre alto l'interesse anche dal punto di vista prettamente ludico. Con la seconda puntata però, senza stare a svelare spoiler di sorta, la struttura globale comincia in parte a scricchiolare e paradossalmente il salto temporale in avanti di qualche lustro ammortizza l'atmosfera fantastica, cedendo alle logiche del melodramma e del thriller più canonico, in una stasi del ritmo che accompagna anche sprazzi del season finale. Finale sostenuto in parte dal convergere di eventi più prettamente sci-fi che, pur non del tutto plausibili, ripristinano un certo impatto emozionale capace di risollevare l'esito complessivo di un progetto tanto ambizioso quanto incapace di lanciare al centro tutte le numerose frecce che aveva al suo arco.

Childhood's End Con uno straordinario Charles Dance, "voce e sguardo" del misterioso Karellen, ad ergersi come vera e propria punta di diamante di un cast altrimenti altalenante, Childhood's End prova a portare sul piccolo schermo il romanzo cult di Arthur C. Clarke. Il "prova" è voluto in quanto l'operazione, pur non priva di fascino soprattutto nel pilot e nella mezzora conclusiva delle quattro ore di visione, non mantiene il giusto equilibrio tra gli elementi puramente sci-fi (realizzati con convincenti effetti speciali che infondono una sana dose di meraviglia) e i rapporti interpersonali che legano i vari protagonisti umani, finendo per abbandonarsi in più occasioni a eccessi melodrammatici non sempre plausibili. La visione quindi, piacevole nonostante una certa pesantezza dovuta all'incostante gestione del ritmo, è consigliata in particolare agli amanti del genere o della fonte originaria, avvertiti che pregi e difetti si stagliano quasi in egual misura.