Un colpo fatto ad arte: recensione della docuserie originale Netflix

Tredici opere d'arte trafugate, molte piste, ma nessun risultato. Netflix ci mostra i retroscena di una delle rapine più misteriose della storia.

Un colpo fatto ad arte: recensione della docuserie originale Netflix
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Già da qualche anno Netflix ha deciso di non basare il proprio catalogo solo su serie tv e film, ma di allargarlo a docuserie di vario genere. I dati sono molto chiari su ciò che il pubblico apprezza di più: tra i titoli più visti non ci sono solo i classici documentari naturalistici, ma numerosi prodotti crime che raccontano vicende agghiaccianti (ma appassionanti) di delitti sanguinari, crimini irrisolti e misteri ancora da svelare.

Tra questi c'è uno degli ultimi titoli Netflix (qui trovate le novità Netflix di maggio) che racconta un evento su cui ancora non è stata fatta chiarezza, ma che rimarrà nella storia come una delle più grandiose rapine d'arte mai fatte. Ecco cosa ne pensiamo della nuova docuserie Un colpo fatto ad arte: la grande rapina al museo.

Un crimine inaspettato e senza precedenti

Boston, Massachussetts. L'Isabella Stewart Gardner Museum è uno dei più rilevanti luoghi d'interesse della città; vero e proprio punto di ritrovo per gli appassionati d'arte. Il museo conserva opere di rilevanza mondiale, appartenenti ad epoche diverse: tele di Vermeer, Rembrandt e Raffaello, e molti altri capolavori tra sculture e vasi antichi. Protetta sia di giorno che di notte da diversi custodi, nessuno avrebbe mai immaginato che la struttura divenisse teatro di una rapina tanto grave e ancora avvolta nel mistero. Il giorno di San Patrizio del 1990 - presumibilmente verso l'1:20 di notte - due individui travestiti da agenti di polizia si recano al museo ingannando i custodi di turno per farsi aprire. In seguito immobilizzano gli addetti e trafugano ben tredici opere d'arte. Le perdite in termini economici sono ingenti (circa 500 milioni di dollari), ma ancor più grave è l'impatto culturale del colpo, che ha comportato la perdita di opere dal grande valore storico-artistico. Alla fine, nel bottino si conteranno tele di Rembrandt, Vermeer, Flinck e molte altre, ad oggi mai ritrovate.

Ed è proprio in quanto caso irrisolto da ben trent'anni che la rapina all'Isabella Stewart Gardner Museum è diventata il soggetto di una nuova docuserie originale Netflix realizzata dalla Barnicle Brothers Production e diretta da Colin Barnicle, nella quale il crimine viene analizzato nel dettaglio, alla ricerca di risposte che lo spettatore - dopo i primi minuti di visione - non può non bramare.

Una narrazione appassionante e ricca di contributi

Un colpo fatto ad arte: la grande rapina al museo non risparmia agli spettatori appassionati di crime numerosi dettagli relativi al caso. Rifiuta però la disamina prettamente analitica per mettere in piedi una narrazione appassionante, che tiene l'osservatore incollato allo schermo. Alla ricchezza di dettagli si affianca così uno storytelling dinamico e interessante, costruito su interviste, ipotesi e contributi di investigatori e - elemento che dona alla serie un tocco decisamente affascinante - anche all'ex ladro d'arte Myles Connor Jr.. Un gran numero di forze sono state coinvolte in quello che inizialmente potrebbe sembrare un furto come tanti altri, non particolarmente geniale (in apparenza), ma abbastanza imprevedibile da rendere complessa la sua risoluzione. I dubbi su come si sia svolta la rapina si stratificano nel tempo, assieme ad una serie di domande che appassionano sin da subito lo spettatore: perché i ladri hanno puntato subito a determinate opere d'arte? Perché tra tutte quelle presenti nel museo non hanno trafugato le più preziose? Com'è possibile che si siano presi tutto il tempo per finire la rapina, durata ben 81 minuti?

A garantire la facile fruizione della docuserie e la costruzione di un ritmo incalzante è anche la breve durata degli episodi. In sole quattro puntate da meno di un'ora l'una, Un colpo fatto ad arte è una visione leggera, ma comunque ricca di dettagli che mirano a rendere più comprensibile il contesto storico in cui la rapina è avvenuta. Al fascino di un colpo ben realizzato - che sembra quasi emergere dalle pagine di un romanzo scritto da Ian Fleming - si affianca un'ambientazione reale, che affonda le proprie radici nelle dinamiche economiche e criminali degli anni ‘80-'90.

Nonostante la brevità della serie - ben scritta, ben narrata e caratterizzata da un montaggio video che alimenta il coinvolgimento dello spettatore - Un colpo fatto ad arte risente anche di qualche punto debole. È proprio l'analisi del periodo storico e delle dinamiche tra organizzazioni criminali che allontana il focus dal colpo vero e proprio, da quell'atmosfera notturna inquietante costruita nell'episodio iniziale, nella quale il crimine si è consumato.

Per questo motivo lo show non ha l'effetto magnetico di altre docuserie crime, come i recenti The Night Stalker o Il caso del Cecil Hotel, ma tiene testa a molte produzioni Netflix appartenenti allo stessi genere, intrattenendo, informando e catalizzando l'attenzione per quattro ore che scorrono tutte d'un fiato. Alla fine rimangono solo tante ipotesi, testimoni e investigatori pieni di dubbi, mentre la verità sul delitto forse non verrà mai a galla.

Un colpo fatto ad arte. La grande rapina al museo Basata su fatti accaduti nel 1990, "Un colpo fatto ad arte: la grande rapina al museo" catalizza facilmente l'attenzione dello spettatore grazie ad una narrazione incalzante e alla sua brevità. La serie è ben inserita all'interno del contesto storico in cui si svolgono i fatti, elemento che - assieme alla dovizia di dettagli - contribuisce ad informare adeguatamente gli spettatori. Sebbene talvolta il focus si sposti dal colpo alle dinamiche criminali degli anni '90, la buona realizzazione della serie regala una visione piacevole.

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