La cronaca nera e le centinaia di serie crime messe in onda dalle tv di mezzo mondo ci hanno mostrato tutto sulle attività investigative delle forze dell'ordine, mettendo al centro della scena figure professionali di ogni tipo: detective e psicologi, antropologi e hacker, membri della scientifica e persino matematici. Ma la nuova docuserie Netflix ci dimostra che nella macchina della giustizia esistono anche ingranaggi minuscoli e apparentemente insignificanti, che però rischiano di rovinare tutto al minimo errore. Come insabbiare uno scandalo stupefacente è la storia di una chimica di laboratorio che diventa dipendente dalle droghe che dovrebbe testare, e di un'altra che falsifica risultati per accontentare le impossibili aspettative delle persone per le quali lavora.
L'esperta documentarista Erin Lee Carr parte da un'inchiesta scritta dal reporter Paul Solotaroff e grazie a interviste, filmati di repertorio e ricostruzioni accurate racconta le storie di Sonja Farak e Annie Dookhan, due donne unite dallo stato di residenza e dalla professione, apparentemente simili eppure in qualche modo opposte. Entrambe buone studenti, entrambe ex atlete, entrambe apparentemente soddisfatte del loro lavoro oscuro, pesante, avaro di soddisfazioni pubbliche ma sempre pronto a richiedere straordinari mal pagati.
Un ritmo di lavoro impossibile da sostenere
Sono state le pressioni a far crollare Annie Dookhan, che sentiva il peso delle mille richieste di pubblici ministeri e investigatori e bramava il brivido del potere. Annie era la prima ad arrivare in laboratorio e l'ultima ad andarsene, sosteneva ritmi impossibili per chiunque altro e proprio per questo appariva indispensabile. Ma questa produzione folle nascondeva un metodo di lavoro inadeguato: imprecisioni, mancanze, approssimazioni inaccettabili, perché dalle sue relazioni dipendevano le sorti di centinaia di imputati che avrebbero potuto essere liberati o mantenuti in carcere molto a lungo. Tutto grazie a una firma su un foglio molto semplice, nel quale doveva sostenere se la sostanza analizzata era o no illecita.
La Farak invece bramava qualcosa di diverso: quello dello sballo, quello delle magiche sostanze in grado di restituirle energia, entusiasmo, voglia di andare avanti. Forse qualche dipendenza era annidata anche nel suo passato, forse è stata la costante tentazione a ingabbiarla: droghe di tutti i tipi passavano dal piccolo e caotico laboratorio di Amherst, con pochissimi controlli a frenarla.
Il brivido dello sballo
La curiosità era troppo forte per tenerla sopita a lungo. Metanfetamine, crack, LSD sono divenute le sue compagne di ogni giorno, e l'apparente normalità della sua vita è una ben fragile copertura per la sua situazione.

Come insabbiare uno scandalo stupefacente ci mostra come la vicenda delle sue donne ha svelato una polveriera che era pronta a scoppiare in qualsiasi istante; Erin Lee Carr è bravissima a far capire allo spettatore con una narrazione semplice, lineare e scandita da una precisa linea temporale che anche da queste figure professionali nell'ombra può dipendere il destino di molti di noi. Il lavoro di due avvocati ha fatto scoppiare uno scandalo che ha rischiato di mettere in discussione gli esiti di migliaia di processi, e la giustizia si è dimostrata incapace di affrontare la situazione, insabbiando prove e ostacolando gli sforzi per arrivare alla verità. Un prodotto sicuramente valido che arricchisce il catalogo di docuserie disponibili su Netflix.