Curon Recensione: la serie soprannaturale italiana targata Netflix

Netflix cerca di dare nuova linfa alla serialità di genere in Italia, con una serie paranormale dalle atmosfere horror. Ma ci riesce solo in parte.

Curon Recensione: la serie soprannaturale italiana targata Netflix
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Tra le novità Netflix di giugno, Curon e Tredici sono senz'ombra di dubbio i rappresentanti più illustri. Ma, tra le due, la prima dovrebbe avere un valore più profondo per gli spettatori italiani, perché è di fatto una produzione originale tricolore, per di più di genere, cosa per nulla scontata sia nella nostra cinematografia che, soprattutto, nella nostra serialità televisiva. La serie prodotta da Indiana entrerà in catalogo il 10 giugno 2020, ma siamo riusciti a vedere in anteprima i sette episodi che la compongono e siamo così in grado di esprimervi la nostra opinione su uno degli esperimenti finora più interessanti del colosso streaming americano nel Bel paese.

Lo show di Ezio Abbate, Ivano Fachin, Giovanni Galassi, e Tommaso Matano fonde il tema del doppio di stampo dostoevskiano, dalle derive soprannaturali, all'iconicità di Curon, paese dell'Alto Adige, noto per il surreale campanile che spunta dal Lago di Resia, unica testimonianza della vecchia città, sommersa dalle acque del bacino artificiale nel 1950 e che ha ispirato, tra gli altri, anche il videogioco A Painter's Tale: Curon 1950.

La trama della serie è sibillina ed affascinante. Anna (Valeria Bilello) ha dovuto abbandonare Curon sull'orlo dell'adolescenza per una terribile tragedia avvolta dal mistero, ma si sta preparando a fare ritorno alla città natale con i figli gemelli Daria e Mauro (Margherita Morchio e Federico Russo). La popolazione locale non sembra accogliere molto di buon grado la situazione e i due fratelli non si capacitano del motivo. La situazione peggiora quando Anna scompare senza lasciare traccia e i due ragazzi sono costretti a cercare da sé una verità che affonda le radici proprio nel passato di Curon e della loro famiglia. Gli elementi per dare nuovo lustro alla serialità di genere italiana ci sono tutti. Vediamo insieme se Curon è stata all'altezza del compito.

Tra leggenda, realtà e finzione

Non è certo un mistero che la creazione del Lago di Resia sia stato un atto di forza che ha piegato la popolazione locale, obbligandola a trasferirsi sulla sponda orientale della valle, dopo aver fatto saltare per aria il vecchio villaggio e lasciato a memoria solo il campanile romanico del XV secolo. Ezio Abbate e colleghi riescono nell'intento di creare un concept accattivante che avrebbe le potenzialità di alimentare un filone di genere che latita nella serialità italiana, ma che soddisfa solo in parte la sete di trame avvincenti che accomuna gli spettatori di ogni latitudine. Questo avviene soprattutto per un mancato approfondimento e sviluppo di dinamiche presenti in potenza, ma che rimangono sommerse, come il vecchio villaggio che dà il titolo alla serie.

La mitologia di Curon pesca a piene mani dalla realtà storica, per costruire una serie di relazioni tra i personaggi che sono figlie di un disagio e di un'ingiustizia che ancora brucia nel cuore degli abitanti. Il più delle volte la sensazione è però quella di una narrazione di servizio, che si concentra troppo poco sugli elementi secondari, nell'intento di indirizzare lo spettatore nel consumo delle dinamiche principali, che soffrono comunque di un'eccessiva ridondanza che soffoca il mistero alla base della serie.

Inoltre i personaggi di Curon non raggiungono certo un livello estremo di profondità ed introspezione, che certo non avrebbe giovato solo ai personaggi stessi, ma sarebbe stato anche propedeutico alla resa più accattivante dell'intero concept. Il tentativo c'è, non fraintendete, ma il risultato non appaga nel modo in cui dovrebbe, scadendo troppe volte nel didascalismo e in dinamiche arcinote, che non vivono di natura propria.

Non c'è due senza uno

Il tema del doppio affascina l'umanità da tempo immemore e ha fatto fiorire alcune tra le migliori opere in campo artistico; dalla letteratura, alla pittura, al cinema. E non deve sorprendere che questa tematica, alla base di Curon, rappresenti anche l'aspetto più intrigante della serie. A partire dai gemelli. I figli di Anna sono due universi agli antipodi. Daria è disinvolta ed estroversa, non teme lo scontro e sa come difendersi. Mauro è invece l'introverso che rischia di diventare la vittima prediletta dei bulli di Curon, non fosse per i continui interventi della sorella. Il ragazzo ha però dalla sua un'acuta sensibilità e una spiccata razionalità, che riescono ad arginare gli estremismi di Daria.

A tal proposito è interessante come la serie riesca a sovvertire gli schemi classici, ma quanto mai attuali, che vedono nel maschio la figura di riferimento. Non scendiamo però a conclusioni affrettate; i figli di Daria non vivono in un rapporto di sudditanza interna, ma si completano a vicenda, in un processo osmotico che vede la trasmissione di influssi - positivi e negativi - da un gemello all'altro, condizionando così la buona riuscita o meno dei loro piani.

La tematica del doppio trova espressione anche nei risvolti soprannaturali della serie, dove i riferimenti sono molteplici: dal cinema di genere alla letteratura - non a caso citavamo nell'introduzione l'opera di Dostoevskij. L'aspetto orrorifico della dualità lascia ben presto spazio alla tematica esistenziale, fondamentale nella declinazione del doppio da parte di Curon. Nonostante non ci sia concesso andare oltre per non rovinarvi la sorpresa, è giusto prendere coscienza di questa tematica che rappresenta la chiave di volta dell'intero show, soprattutto alla luce di una narrazione che potrebbe espandersi per più stagioni.

Tra lucidità e confusione

Il comparto tecnico di Curon è un'arma a doppio taglio. Se da una parte assistiamo ad un buon lavoro di scenografia e la fotografia di Benjamin Maier cerca di dare un taglio più internazionale al tutto - coadiuvato dalla naturale surrealtà delle location - la sensazione è quella di un prodotto creato sulla falsariga delle produzioni di successo di Netflix - si pensi alle musiche, che ricalcano in molti frangenti gli stilemi di Stranger Things -, il che è buono, ma non sempre mantiene gli stessi livelli qualitativi.

Peccato che a ciò vada ad aggiungersi una regia non sempre all'altezza, che alterna momenti di lucidità e di ispirazione ad altri in cui è la confusione grammaticale a farla da padrone, con alcuni tentativi di gestione della messa in scena che cercano un più ampio respiro, ma non riescono a soddisfare l'aspettativa perché non osano abbastanza.

Le interpretazioni degli attori sono allo stesso modo altalenanti; ad alcune più convincenti - come quelle di Morchio, Russo e Bilello, seppur non manchino anche in questi casi le secche recitative - assistiamo ad altre performance sottotono, poco ispirate o che sfiorano l'overacting. Ma il problema non è da attribuirsi completamente agli interpreti, comunque all'altezza dello show, ma alle difficolta incontrate dalla scrittura, delle quali abbiamo discusso nei paragrafi precedenti.

Una sceneggiatura e una messa in scena che in ogni caso brillano di più nei frangenti legati alla mitologia della serie e al tema del doppio, ovvero gli aspetti chiave del progetto, nei quali Curon riesce a coinvolgere maggiormente e dove il soprannaturale si alimenta di tinte horror che calano perfettamente lo spettatore nell'atmosfera voluta dagli autori.

Curon Alla luce di queste considerazioni Curon appare un esperimento riuscito a metà, che ci sentiamo comunque di premiare per il coraggio produttivo e la decisione di impugnare un soggetto non facile. La serie, forte di un solido concept, ha saputo restituire alle produzioni nostrane un genere - come quello soprannaturale - che può dare tanto a livello nazionale e che siamo sicuri avrà sviluppi più che positivi nel corso delle prossime stagioni. Certo, Curon non è un prodotto perfetto e le lacune più significative possono essere trovate proprio nello sviluppo dell'intrigante concept, nelle dinamiche tra i personaggi, in parte nelle interpretazioni del cast e nelle scelte di regia. Sottolineiamo in ogni caso che la serie gode di alcuni dei suoi momenti migliori proprio nel rappresentare quell'elemento soprannaturale che ne è la chiave di volta. A tal proposito Curon è senz'altro da considerarsi una vera e propria apripista per le produzioni future, che auspichiamo sempre più numerose e variegate, perché è solo sperimentando e migliorandosi che si affinano la tecnica e la narrazione.

6.5