Dexter New Blood Recensione: un ritorno complicato e sofferto

New Blood, come molti revival negli ultimi anni, è un'operazione complicata e divisiva, ricca di problemi ma con un cuore vivo e pulsante.

Dexter New Blood Recensione: un ritorno complicato e sofferto
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Ne è valsa la pena? Questa è la domanda che probabilmente perseguiterà i fan di Dexter nei prossimi anni. Era scontato che, a prescindere, sia New Blood in sé che il nuovo finale architettato dagli sceneggiatori sarebbero stati incredibilmente divisivi (vi rimandiamo a tal proposito alla nostra recensione di Dexter New Blood 1X10); mettere d'accordo chiunque era un'operazione pressoché impossibile. E va da sé anche che sì, l'entusiasmo era alle stelle (non è un caso che New Blood sia la serie più vista di sempre su Showtime), ma le aspettative non hanno seguito un tale percorso: in sostanza c'era una generale e sincera voglia matta di rivedere di nuovo in azione Michael C. Hall nei panni del Macellaio di Bay Harbour, senza che però fosse totalmente passata la paura di rimanere delusi un'altra volta.

Bastano queste banali osservazioni a far comprendere un minimo quanto sia complesso affrontare il quadro di Dexter: New Blood, quanti fattori siano entrati in gioco sia esterni che interni, quanto l'ambiente intorno alla miniserie sia stato tutt'altro che sereno a causa di una tensione ineludibile e una fanbase particolarmente rumorosa. Ma alla fine dei conti, il revival di Dexter ha una sua raison d'etre? Ci sentiamo di affermare con certezza di sì; è proprio il suo cuore pulsante a brillare più di ogni altra cosa. È letteralmente tutto il resto che fatica ad ingranare.

Un mostro in evoluzione

Ritroviamo la cosiddetta Mano Sinistra di Dio dieci anni dopo aver finto la sua morte nell'uragano che devastò Miami, nella cittadina fittizia rurale di Iron Lake in cui si è ricostruito una vita molto "normale" con il nome di Jim Lindsay. E sembra per un breve istante di essere tornati al primissimo Dexter: un uomo che vive la sua regolare esistenza senza scossoni o traumi, ha un lavoro stabile, è amico o comunque in buoni e cordiali rapporti con chiunque ed ha persino una relazione ben avviata con Angela (Julia Jones), il capo della polizia locale - un tocco di ironia sempre ben accettato in fondo. Manca qualcosa, però, poiché il nostro protagonista ha rinunciato del tutto ad uccidere e tenta di annientare il suo Passeggero Oscuro tramite una rigida routine fatta di abitudini precise, dalle escursioni mattutine fino ad un rigoroso tipo di alimentazione.

Un equilibrio che muta drasticamente quando il figlio di un noto riccone del posto arriva e inizia a dargli sui nervi, un palese poco di buono nullafacente protetto dai soldi del padre con un passato piuttosto discutibile. La parte istintiva del cervello di Dexter/Jim si riaccende immediatamente e la pazienza si esaurisce sempre di più e, come se non bastasse, si ritrova sul ciglio di casa un ragazzo che si rivela essere suo figlio Harrison (Jack Alcott). Ora, la prima osservazione che vogliamo fare è stabilire la chiara presenza di molte potenzialità non solo all'interno di una premessa simile - per quanto scontata, perché non c'era altro modo per far ripartire le vicende - ma anche per il setting e alcune idee messe in campo.

Ed in effetti, perlomeno dal punto di vista estetico, Iron Lake e i boschi circostanti perennemente ricoperti di neve svolgono il loro compito, regalano scorci fascinosi e soprattutto segnano una decisa rottura con le ambientazioni calde e assolate della serie madre. In più certe intuizioni pensate dagli sceneggiatori per simboleggiare lo stato mentale del protagonista erano alquanto intriganti, come la metafora del cervo bianco o lo spettro della defunta sorella Debra (Jennifer Carpenter), un vero e proprio compasso morale giudicante ogni sua azione e pensiero.

Le cose, tuttavia, iniziano a precipitare abbastanza presto e crollano nei punti precisi dove Dexter aveva - quasi - costantemente fatto centro, cioè i personaggi: Debra con l'avanzare degli episodi da bussola morale si trasforma, a seconda delle situazioni, in un espediente ridicolmente trash o in un disco rotto ripetente le stesse ed identiche frasi; la bellezza innegabile di Iron Lake si rivela un'abbagliante contenitore vuoto di personaggi realmente tridimensionali e, a parte Angela nelle ultime puntate, è un deserto di idee pullulante di caratterizzazioni inesistenti.

Persino il villain della stagione, elemento cruciale per la riuscita di qualunque arco narrativo che possa definirsi degno degli standard di Dexter, è a dir poco deludente e incapace di rappresentare una qualsivoglia sfida per il protagonista. Come spiegato con molta più accuratezza nell'approfondimento della settima puntata - qui potete recuperare la nostra recensione di New Blood 1x07 - Kurt (Clancy Brown) è un antagonista povero e inadatto, dotato di una backstory superficiale e risibile e un operato colmo di buchi di trama.

Il cuore pulsante del revival

Un pezzo importante di New Blood allora perisce già con quest'ultima critica: inconsistente, solo in rarissime circostanze davvero disturbante e sorretto unicamente dall'interpretazione sempre ottima di Brown, che comunque non può correggere una caratterizzazione fuori luogo, Kurt è uno dei simboli di tutto ciò che non ha funzionato nella miniserie revival. E la narrativa che fine fa, se non è interessata a costruire dei personaggi magnetici? La sua gestione è un altro degli elementi folli di New Blood e, superiamo subito questa impasse, non è a causa della sua lentezza.

Dexter non è mai stata una serie dai ritmi serrati, specialmente agli inizi era un mix bizzarro di un investigativo sia a trama orizzontale che verticale e una sorta di odissea esistenziale del protagonista, messo alle corde da eventi superiori a lui - la comparsa del fratello maniaco, Doakes alle calcagna, i tradimenti di Miguel, la ferocia di Trinity - e che spingevano al limite il Codice, oltre a mettere a repentaglio la sua doppia vita; vien da sé che forgiare simili contesti richieda tempo, calma, piccoli indizi e momenti per accumulare la tensione nello spettatore poi rilasciata in dialoghi e scontri catartici.

New Blood sembrava voler fare questo all'inizio, ma poi rimane invischiato in sottotrame o eseguite male - il trauma nel passato di Angela - o artificialmente allungate - il rapporto padre-figlio tra Dexter e Harrison - o semplicemente mediocri con nessuna inventiva - il piccolo teen drama riguardante Harrison. Sono storyline distinte da incertezze nella sceneggiatura, poco ispirate e costellate di buchi di trama e avanzamenti incredibilmente goffi nella storia che, magari non essenziali nel quadro d'insieme, dimostrano a prescindere una generalizzata scarsa attenzione nei dettagli, poi influente purtroppo su un finale tutto sommato riuscito nei contenuti ma risolto sbrigativamente.

Ad esempio le disavventure scolastiche del figlio di Jim sono ricolme di stereotipi, conversazioni e rapporti banali che si possono scovare in qualsiasi teen drama degli ultimi 30 anni. Oppure è difficile comprendere perché una storia tragica come quella di Angela sia stata trattata ed esposta nel modo più sterile possibile, ovvero un monologo spento e privo di emotività a camera fissa o quasi.

Quindi perché dare comunque una - stentata - sufficienza a Dexter: New Blood dopo tutto questo? Il nocciolo del revival fino all'ultimo istante rimane il rapporto estremamente complesso tra Dexter e Harrison, entrambi incapaci di essere del tutto onesti dinanzi ad uno sconosciuto, ed è spesso eccezionale, esclusa qualche lungaggine e ripetitività di troppo nelle insoddisfacenti puntate centrali. È una dinamica che dà vita a scene meravigliose, ad una perversione sorprendente del Codice che Dexter ha sempre seguito, a sequenze straordinariamente soddisfacenti e piene di micro-dettagli che fanno la differenza; funziona egregiamente ed alla fine dei conti rappresenta il vero senso di questa operazione. Peccato, appunto, per tutto il resto.

Dexter Revival Al pari di quasi ogni revival intravisto negli ultimi anni, anche Dexter: New Blood è una produzione particolarmente ostica da inquadrare. Si può discutere all'infinito sulla necessità o meno di una tale miniserie, di riesumare dopo quasi 10 anni un personaggio storico del piccolo schermo come Dexter Morgan e su quanto sia simile o dissimile, deludente o no, rispetto all'originale. Ad un certo punto bisogna staccarsi da tutte queste discussioni - che lasciano sempre il tempo che trovano - e concentrarsi sul prodotto in sé, per molti versi deludente e sorprendente per un altro. C'è tanto che non funziona in New Blood: l'ambientazione è molto scenica ed invitante, ma è vuota di veri e propri personaggi secondari, che non hanno alcuna caratterizzazione; il villain, elemento essenziale del franchise, è una macchietta più che una vera minaccia per il protagonista; la narrativa è incostante e mal gestita, si perde spesso in lungaggini superficiali, avanzamenti molto goffi e forzati e storyline che non riesce a far rendere al loro massimo potenziale. E allora perché la sufficienza? Perché il rapporto tra Dexter e Harrison, che volente o nolente rappresenta il vero fulcro del revival, è, nonostante i difetti, semplicemente meraviglioso e dà vita a sequenze che lasciano profondamente il segno. Ne è valsa la pena? Solo il tempo potrà dircelo.

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