Elize Matsunaga, C'era una volta un crimine: un ottimo crime su Netflix

Il catalogo Netflix si arricchisce di una nuova docuserie di genere giallo, confermando la passione degli abbonati per le true crime stories.

Elize Matsunaga, C'era una volta un crimine: un ottimo crime su Netflix
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Non si ferma l'ascesa sul catalogo delle principali piattaforme streaming dei documentari e delle docuserie dedicate ai più efferati delitti degli ultimi anni o - come nel caso del titolo di cui stiamo per parlare - di quelli che hanno avuto una maggiore risonanza. Confermando una tendenza già evidente negli Stati Uniti, dove la fruizione di contenuti true crime è molto vasta, anche in Europa sta prendendo massicciamente piede il genere, meglio ancora se i titoli proposti dai colossi dello streaming sono irrisolti o complessi, come emerge dalla nostra recensione de I figli di Sam: verso le tenebre.

Elize Matsunaga: C'era una volta un crimine - una delle uscite di Netflix di luglio - è solo l'ultimo di questi prodotti, basato su un delitto avvenuto nel 2012, ma tuttora ammantato di un mistero che stuzzica l'attenzione dello spettatore e lo porta a fare supposizioni, alimentate e smontate più volte nel corso della narrazione.

Un delitto apparentemente semplice, ma più sfaccettato del previsto

Sono tante le docuserie su Netflix che esplorano i delitti efferati dei serial killer, percepiti come la punta di diamante del genere true crime. Con Elize Matsunaga: C'era una volta un crimine (disponibile da giovedì 8 luglio) siamo di fronte a qualcosa di diverso, un singolo delitto all'apparenza di facile risoluzione. La stessa protagonista della serie - Elize Matsunaga - si dichiara colpevole, senza lasciare dubbi sul suo coinvolgimento nella vicenda, che però si complica nel corso della narrazione, assumendo risvolti sempre più inquietanti.

La serie inizia con le parole della donna, rilasciata per un breve periodo per buona condotta nel 2019. Nell'intervista che andrà a comporre la docuserie Netflix, Elize esprime prima di tutto la volontà di sfruttare il tempo a disposizione per raccontare la propria verità alla figlia, affidata ai nonni paterni, in modo che non conosca solo la versione diffusa dai media e dalla famiglia della vittima. Quest'ultima è Marcos Kitano Matsunaga, facoltoso imprenditore brasiliano di origine giapponese e marito di Elize. La scomparsa di Marcos nel 2012 ha avuto un grande impatto sui media, che hanno scavato instancabilmente nella vicenda alla ricerca di rivali, scheletri nell'armadio e di macchie nel passato delle persone coinvolte.

Le indagini si sono presto concentrate su Elize, sul rapporto con il marito e sui trascorsi della donna come escort. La regia di Elize Capai ci conduce all'interno di una vicenda magnetica, nella quale si narra della sparizione della vittima, dei numerosi tentativi di insabbiamento fatti da Elize e, infine, della confessione della donna durante il processo, che ammette di aver ucciso e poi smembrato Marcos.

Il tutto sembra essere quindi risolto, ma nel mirino degli inquirenti - nonché di una stampa onnipresente - ci sono il movente e le modalità del delitto. Si scava nel vecchio lavoro di Elize, screditandola solo perché le sue condizioni economiche l'hanno portata alla prostituzione. Si indaga sul patrimonio stellare di Marcos che avrebbe ingolosito Elize a tal punto da portarla al crimine, e sulla passione controversa della donna per la caccia.

Quale che sia la verità - tutt'ora poco chiara - Elize Matsunaga: C'era una volta un crimine racconta un caso profondamente influenzato da un'opinione pubblica misogina, che mette nel mirino l'imputata per la propria condotta sessuale o per dei pregiudizi, ancor prima che per le proprie azioni criminali. Le testimonianze sono tante, tutte meritevoli di essere ascoltate, ma in qualche modo anche inattendibili. Come le cose sono davvero andate quella sera forse non si saprà mai, anche se Elize è stata condannata a 19 anni di carcere per omicidio e occultamento di cadavere.

Ed è proprio il tentativo di nascondere le prove dell'omicidio a gettare sulla vicenda un velo macabro. Sapere che Elize ha scelto di smembrare il corpo del marito determina una svolta tanto inquietante quanto affascinante in questa docuserie, che inizia già risentendo del confronto con altri prodotti simili, capaci di stuzzicare di più la passione degli spettatori per il true crime con delitti particolarmente intricati e serial killer inafferrabili. Siamo di fronte a un prodotto che non conduce lo spettatore in una lunga indagine alla ricerca del colpevole, ma di una testimonianza esclusiva dell'artefice stessa del delitto. La scelta di una forma narrativa così diretta non si incontra spesso nelle docuserie dello stesso genere, motivo per cui si presenta come prodotto abbastanza originale e non scontato.

Elize Matsunaga: quando la narrazione alimenta la curiosità

Sembra esserci una costante nelle docuserie dedicate alle storie criminali, un elemento ricorrente che non ha nulla a che fare con le dinamiche del delitto e che anche in questa serie non manca di incatenare il pubblico allo schermo. Lo storytelling true crime segue delle dinamiche a grandi linee ricorrenti, che conducono lo spettatore in un'altalena di emozioni capace di creare da sola il fascino del prodotto.

Secondo questa logica, la prima parte di Elize Matsunaga: C'era una volta un crimine, non è la più avvincente. La narrazione sembra ruotare attorno a un delitto tutto sommato canonico, l'omicidio di un facoltoso uomo da parte della moglie. È lei stessa a raccontarcelo, in una dinamica il più possibile trasparente e lineare, mentre lo spettatore crede di essere di fronte alla verità, o comunque a una versione priva di sorprese. Tipico della narrazione delle docuserie crime è poi l'evoluzione di questo primo aspetto della vicenda, in qualcosa di estremamente più sfaccettato, che sottolinea il lato più umano delle figure in gioco, senza però mai giustificarne le scelte più estreme. Così, il racconto di un delitto apparentemente semplice riesce comunque a risultare un prodotto d'intrattenimento valido, che sfrutta la natura irrisolta del caso di cui parla, per lasciare allo spettatore il gusto di fare ipotesi. Questo risultato viene ottenuto anche grazie ad una buona regia e a un montaggio (visivo e musicale) capace di enfatizzare a tempo debito la componente più inquietante della vicenda e quella più emotiva.

Sebbene di fronte ai fatti, alle prove e alle testimonianze il giudizio dovrebbe essere sospeso, esso è inevitabile e, forse, la componente più accattivante di prodotti di questo tipo. L'empatia dello spettatore viene costantemente stuzzicata, così come l'istintivo impulso di scegliere per chi parteggiare. Ma la realtà non è mai bianca o nera, quanto piuttosto una gradazione sfumata e complessa. Il metro con cui si cerca la verità tra le parole dei protagonisti cambia infatti di puntata in puntata, gettando lo spettatore in un'incertezza che è il vero catalizzatore dell'attenzione.

Elize Matsunaga: C'era una volta un crimine Elize Matsunaga: C'era una volta un crimine è una docuserie true crime che potrebbe non eguagliare i prodotti dedicati ai più efferati delitti della storia. Manca l’elemento della serialità - con tutti gli affascinanti pattern che essa porta con sé - così come l’incertezza degli esiti della vicenda. Questo titolo dimostra però la capacità di intrattenere lo spettatore, grazie a una buona narrazione e alla testimonianza esclusiva dell'esecutrice materiale del delitto. Pur esplorando un crimine apparentemente semplice, nel corso dei quattro episodi l’intreccio si complica a tal punto che non esistono solo colpevoli o innocenti, ma individui con alle spalle sofferenze, difficoltà, errori e colpe da scontare.

7.5