Emily in Paris 3 Recensione: sempre più frivola e va bene così

Lily Collins torna a interpretare uno dei personaggi più leggeri della serialità contemporanea, che porta un po' di spensieratezza su Netflix.

Emily in Paris 3 Recensione: sempre più frivola e va bene così
Articolo a cura di

Nonostante le avessimo dato la sufficienza, siamo stati decisamente critici con la recensione di Emily in Paris 2. La seconda stagione della serie con Lily Collins, che torna tra le uscite di dicembre 2022 di Netflix, non ci aveva infatti conquistati come, in fondo, non era stato in grado di fare neppure il suo debutto sulla piattaforma. Il racconto, però, aveva saputo dimostrare una certa coerenza, quella che vuole una protagonista ilare e zuccherosa muoversi spensierata per le vie di Parigi mentre si destreggia tra selfie alla Torre Eiffel e soirée di gala per i clienti dell'agenzia per cui lavora. Un'atmosfera che non manca di riproporsi anche con il proseguimento di una narrazione di cui è prevista già un'ulteriore stagione, confermando che i problemi di cuore e gli outfit chic, ma discutibili di Emily sono oramai un must della schiera Netflix e che a prescindere da qualsiasi appunto si possa farle continuerà ad agire col favore degli spettatori.

Accettare le imperfezioni

Con la terza stagione, però, il nostro giudizio muta leggermente. È come se arrivati fino a questo punto avessimo finalmente e realmente compreso qual è lo scopo di un'operazione seriale come Emily in Paris e per questo non possiamo fare altro che accettarlo e accoglierlo per quello che è.

Con una leggerezza disarmante, quella che può esistere solamente in tv e soltanto in determinate tipologie di racconti, la serie riporta quello che è un vero e proprio diario delle avventure sentimentali e lavorative di un'americana in Europa, nella maniera più stereotipata che esista. Se questa semplicità è stata vista inizialmente come un difetto dello show del creatore Darren Star (che abbiamo ritrovato anche nella recensione di And Just Like That e nella recensione di Uncoupled), con Emily in Paris 3 diventa invece un porto sicuro a cui approdare e in cui dedicarsi a una visione totalmente spensierata e superficiale. Le imperfezioni che abbiamo sottolineato nelle prime stagione si tramutano in una libertà da qualsiasi impegno intellettivo che rende la serie davvero un appetitoso divertissement, in cui forse noi siamo diventati anche più buoni da non riuscire più a prendercela per alcune sbavature che presenta, anche perché sappiamo ormai che fanno parte dell'universo Emily-centrico del racconto.

La protagonista, infatti, pur volendocela vendere come una giovane donna arrivata a un bivio sia professionale che sentimentale della sua vita, non è mai davvero preoccupata, non è mai messa davanti a una scelta lapidaria, e qualsiasi svolta prenderà la sua esistenza è comunque ovvio che la porterà soltanto ad un altro successo o a un nuovo affascinante corteggiatore.

Stessa frivolezza, stesso intrattenimento

Rimanendo perciò pressoché identica nella messinscena, nella caratterizzazione dei personaggi, nelle scenografie e nei costumi scelti per restituire l'avventura di questa straniera nella romantica Francia, Emily in Paris afferma solamente con la terza stagione il proprio essere la ciliegina su di una torta già rosa, dolce e colorata che vuole proseguire nella sua aria rarefatta e caramellosa.

Ad essere cambiata, dunque, è la maniera in cui rapportarsi al prodotto Netflix. È il sapere che premendo play saremo immersi in una fantomatica Parigi in cui qualsiasi ostacolo si supera con qualche idea considerata ovviamente brillante e indossando l'abito giusto. È anche il capire che serie come Emily in Paris riescono con facilità a farci staccare la spina, permettendoci un attimo di frivolezza. Quello svago di cui cinema e tv sono capaci, concedendoci un momento di fuga.

Emily in Paris Con la terza stagione Emily in Paris non cambia poi tanto. La protagonista, nonostante quello che vogliono spacciare per un percorso di crescita, è sempre la stessa e così il resto dei suoi comprimari. Uguali rimangono anche i toni, le atmosfere e la messinscena dello show Netflix, che abbiamo però imparato ad accettare per la sua leggerezza e per la visione frivola, che permette una via di fuga (verso Parigi) agli spettatori.

6.5