C'era una seconda volta: la recensione della serie originale Netflix

Un amore che travalica i limiti temporali, ma che sullo schermo non possiede la giusta verve per un coinvolgimento emotivo

C'era una seconda volta: la recensione della serie originale Netflix
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Non è facile rinunciare a un grande amore e questo Vincent sembra saperlo meglio di altri. I suoi disperati tentativi di aggiustare il rapporto con la bella Louise sono stati il fulcro della prima puntata di C'era una seconda volta, serie francese sbarcata su Netflix il 19 dicembre 2019. Caratterizzato da un'atmosfera malinconica, a tratti inquietante, questo titolo drama ha mantenuto per le restanti tre puntate un tono freddo e un ritmo eccessivamente lento, che non ha agevolato l'immersione dello spettatore in una vicenda divisa tra passione, ossessione e sconforto.

Una storia d'amore tiepida, dai risvolti deboli

Il pilot di C'era una seconda volta ha incentrato tutta la sua narrazione sulla promessa di una storia d'amore particolarmente intensa. Al termine di questa Vincent sembra aver perso di vista i propri obiettivi, disperato per la rottura con quella che riteneva essere la donna della sua vita. Una strana scatola in legno consegnata per errore a casa sua, si rivela però essere una macchina del tempo, che gli permette di tornare indietro e di correggere alcuni eventi prima che sia troppo tardi.
Nonostante le caratteristiche di Louise - coprotagonista femminile interpretata da Freya Mavor - fossero ancora solo accennate, così come i risvolti del rapporto tra lei e Vincent, un approfondimento sembrava previsto per il resto della serie.
La promessa è stata mantenuta purtroppo solo in parte. La serie colma infatti alcune lacune, rispondendo a qualche domanda, ma lascia altri vuoti considerevoli che l'atmosfera - validamente creata - da sola non riesce a riempire.

Conosciamo meglio Vincent e l'ossessione per Louise - che non fa che essere assere acuita dalle straordinarie capacità della scatola in legno da lui utilizzata per viaggiare nel tempo -, ma questo sembra essere quasi esclusivamente il fulcro della serie, che risente di una scarsa esplorazione degli altri personaggi, dallo stesso love interest fino alle figure secondarie, che rimangono sullo sfondo di una vicenda che oscilla costantemente tra dramma ed erotismo, attrazione e allontanamento.
I quattro episodi di cui C'era una seconda volta si compone offrono tutto lo spazio necessario per compiere i dovuti approfondimenti, soppiantati tuttavia da un forte senso di incompletezza.
Si esplora con cura la fissazione di Vincent per l'ex ragazza - che lo porta a mettere in secondo piano il figlio avuto dalla prima moglie - ma le scene che riassumono gli esordi della loro relazione e i successivi incontri sono caratterizzati da una certa apatia. I momenti insieme sono deboli, caratterizzati tendenzialmente da dialoghi spenti, profonde riflessioni sulla vita, il destino e il futuro, e lunghi silenzi.

A sottolineare quel senso di incompletezza è la trama stessa, interessante (sebbene non particolarmente innovativa) quando si concentra sulla missione personale del protagonista, ma più incoerente quanto giunge il momento di spiegare la presenza della scatola. Seppur curiosa, la scelta narrativa di utilizzare un portale spazio-temporale per scatenare il confronto tra i due personaggi principali non è altro che questo, ossia un pretesto che non era necessario motivare per godersi comunque la serie. La sceneggiatura ha invece voluto inserire a forza una spiegazione più complessa, a cui è dedicato addirittura un finale aperto.

Quando tutto ciò che resta è la malinconia

Il ritmo lento e i momenti vuoti si fanno sentire in molte occasioni nel corso della serie, appesantendone talvolta la visione. C'era una seconda volta fa però un buon lavoro a livello stilistico, portando sullo schermo i turbamenti emotivi di Vincent e il senso di solitudine che il protagonista prova al pensiero di perdere Louise. Ancora prima di raccontare una storia, la serie crea un'atmosfera di intensa malinconia, che ci resta addosso dall'inizio alla fine.
Tramite una regia priva di eccessi, una fotografia fredda - che appare sempre più sfumata quando il protagonista è in compagnia della Louise del passato, come in una sorta di esperienza onirica - e lunghi momenti privi di sottofondo musicale, C'era una seconda volta stabilisce con determinazione il proprio tono mesto, accuratamente ricercato e utilizzato come sostegno di una storia d'amore che sembra combattere giorno dopo giorno con un destino beffardo che non ammette errori.

La buona recitazione della coppia di attori protagonisti fornisce credibilità a una vicenda dai risvolti fantascientifici, mentre il sapiente uso di una colonna sonora poco invadente, a tratti delicata e a tratti inquietante, sottolinea il senso di angoscia che si respira per tutta la serie.

C'era una seconda volta C'era una seconda volta ha un'idea di base semplice, ma interessante, che include la tematica dei viaggi temporali in una vicenda drammatica. La storia d'amore, presentata come struggente, risulta tuttavia penalizzata da una narrazione lenta e da uno scarso approfondimento che non le permettono di esprimere tutta la propria intensità. La valida interpretazione degli attori protagonisti e la costruzione sapiente di un'atmosfera angosciante, rimediano in parte agli errori di scrittura, dando vita a una narrazione adeguatamente malinconica.

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