The Falcon and The Winter Soldier ha vissuto sin dall'inizio all'ombra di WandaVision, schiavo di un impietoso paragone tra lo stile brillante e sopra le righe dello show con Elizabeth Olsen e la natura più classica della serie su Sam Wilson e il Soldato d'Inverno. Eppure il progetto ideato da Malcolm Spellman doveva fare da apripista ai serial targati MCU, ma l'avvento della pandemia globale ha poi costretto i Marvel Studios a rivedere i piani di distribuzione.
È indubbio che The Falcon and The Winter Soldier non osa quanto il suo predecessore, a livello di idee creative e linguaggio: vuole essere sin dall'inizio un cinecomic più canonico, ben poggiato sulle sue solide basi, tra personaggi che funzionano piuttosto bene e un'impalcatura action abbastanza gradevole e in grado di rendere omaggio al filone thriller-spionistico dei fratelli Russo. A pochi giorni di distanza dal finale di serie (potete leggere al link seguente la nostra recensione di The Falcon and The Winter Soldier 1x06) andiamo ad analizzare nello specifico il secondo show targato Marvel Studios per Disney+.
Un'eredità ingombrante
L'elemento più interessante di The Falcon and The Winter Soldier, come abbiamo già raccontato nelle settimane scorse, è legato alla sua sfera intima e introspettiva, che peraltro lo collega idealmente proprio a WandaVision: l'espansione seriale del MCU ha infatti permesso, almeno in queste prime incarnazioni, di approfondire la quotidianità e la psicologia dei suoi protagonisti, legandoli a doppio filo con un raffinato discorso con l'attualità. Anche lo show di Spellman, d'altronde, affronta le conseguenze devastanti del Blip in seguito al finale di Avengers: Endgame, ma a differenza di WandaVision (che lo esplora su un livello più intimo e psichico) lo fa sul versante socioeconomico, raccontando un mondo che fa fatica a riprendersi dopo il disastro provocato da Thanos e che non ha più eroi in cui credere. Se l'addio di Iron Man ha lasciato un vuoto importante nelle persone, quello di Captain America è stato per certi versi ancor più devastante: l'America ha perso il suo simbolo, finito chissà dove senza lasciare alcuna spiegazione, e l'eredità dello scudo sembra più pesante che mai. È Sam Wilson ad esser stato insignito di questo ruolo da Rogers stesso, ma il primo episodio di The Falcon and The Winter Soldier (o meglio, il suo incipit) parte dalla dolorosa scelta compiuta da Falcon: farsi da parte, schiacciato dal senso di responsabilità e di inadeguatezza di fronte ad un'eredità così ingombrante.
Bucky non può perdonarglielo: lui che sta facendo ammenda, che ha accettato di seguire un lungo percorso di recupero per ricevere la grazia dal governo, per ripulirsi di tutti gli errori commessi in passato e lasciarsi il fantasma del Soldato d'Inverno alle proprie spalle. Per essere un uomo libero. E per farlo ha scelto di ripartire dal vecchio taccuino di Steve, nel quale annota i suoi progressi. Ma se Sam cede lo scudo, allora forse Rogers si sbagliava su di lui, e di conseguenza si sbagliava anche su James.
Ma ciò che il vecchio Captain America e Barnes non potranno mai capire è che Wilson sente su di sé il giudizio di un'America che non accetterebbe un leader nero, ingabbiata com'è in un sogno a stelle e strisce che ha un volto con i capelli biondi e gli occhi azzurri. E infatti l'America sceglie John Walker, che a sua volta è chiamato all'arduo compito di riconquistare le folle e di guadagnarsi il rispetto degli ex compagni di Cap.
Il trio, mai davvero unito, deve fermare i Flag Smashers, un gruppo estremista che lotta per demolire le disuguaglianze socioeconomiche createsi a seguito del Blip. The Falcon and The Winter Soldier è sostanzialmente un racconto politico, che affronta l'attualità con crudo realismo e con lucidità, evidenziandone le tematiche con dialoghi efficaci e storyline a tratti persino toccanti. Nel suo rapportarsi alla modernità, e nel dipingere un ritratto della società attuale in salsa supereroistica, la serie Marvel centra pienamente il suo obiettivo, ponendosi soprattutto come un'interessante storia di nuove origini per Sam, chiamato alla fine a raccogliere gli ideali di Steve e a vestire i panni di Captain America (in attesa di rivederlo, molto probabilmente, come protagonista in Captain America 4).
È però l'altra faccia della medaglia, per quanto concerne la qualità della sceneggiatura, a non convincere pienamente. Accantonato lo sguardo critico nei confronti dell'attualità, e l'ottimo lavoro di introspezione su alcuni dei suoi protagonisti, The Falcon and The Winter Soldier mostra qualche cedimento sul piano del ritmo e della scrittura di certi contesti narrativi. È una serie che vive di una doppia anima, ambivalente e controversa: si prende i propri tempi per raccontare l'evoluzione dei personaggi, ma inciampa troppo spesso in alcuni risvolti di trama fin troppo frettolosi e poco credibili, e gestisce alcuni comprimari in maniera fin troppo raffazzonata. L'impiego di Zemo (un Daniel Bruhl tanto convincente da rubare la scena a chiunque), pur mostrando una certa fedeltà visiva all'iconografia fumettistica, si rivela per certi versi fine a se stesso, mentre il ruolo di Sharon Carter (nonostante apra, dopo il finale post-credit dell'ultima puntata, a scenari interessanti) ci è sembrato fin troppo telefonato e poco approfondito.
A compensare questa scarsa attenzione sulla componente più thriller della trama c'è però l'ottima conoscenza degli autori del materiale fumettistico: in The Falcon and The Winter Soldier si scava, spesso e volentieri, nella letteratura di partenza per esplorare e approfondire sottotrame e personaggi piuttosto cari ai fan della Casa delle Idee: un altro valore aggiunto del prodotto, insomma, che bilancia un ritmo un po' troppo irregolare.
La solidità dei Marvel Studios
Per quanto concerne la componente tecnica, The Falcon and The Winter Soldier raggiunge risultati davvero ottimi. La serie, in linea con i film a cui è direttamente collegata (Captain America: The Winter Soldier e Civil War), mostra un'azione violenta, cruda, che non lesina sul sangue e che confeziona una messinscena davvero matura per gli standard cui ci hanno abituato i Marvel Studios.
C'è da dire che lo show dà il meglio di sé soprattutto nell'effettistica e nelle sequenze più adrenaliniche, in particolare i combattimenti aerei che coinvolgono Sam: in questi frangenti l'opera mostra un livello produttivo davvero elevato, pienamente in pari con le sue controparti cinematografiche. È negli scontri a terra che, forse, la serie mostra qualche perplessità sulla varietà delle coreografie. Nel complesso, tuttavia, ci si può ritenere pienamente soddisfatti della componente action, sorretta da una regia non particolarmente brillante ma solida, che mostra alcuni guizzi visivi soltanto in pochi frangenti (come la scena del clamoroso cliffhanger su John Walker, intrisa di simbolismo e significato politico).
Insomma, lo sforzo produttivo dei Marvel Studios si rivela come sempre molto al di sopra della media, ed è sorretto da un cast che regge molto bene il peso del proprio ruolo.
Un eccezionale Sebastian Stan regala un Bucky intenso e profondo, e fa da contraltare ad un Anthony Mackie inizialmente poco carismatico, ma in grado di prendersi le luci della ribalta una volta indossato il costume da Captain America. Mackie, soprattutto dopo la scomparsa di Chadwick Boseman, incarna adesso un preziosissimo simbolo di rappresentazione etnica e culturale, e se nei progetti futuri del MCU riuscirà ad imporre il carisma intravisto nel series finale siamo sicuri che il suo Cap potrà rispettare l'eredità di Chris Evans. Ci sarà anche modo, forse, impreziosire la sua già ottima alchimia con il Soldato d'Inverno, seppur le sfumature da "buddy movie" promesse alla vigilia abbiano poi lasciato il posto ad un prodotto d'altro genere, molto più riflessivo e politico. Wyatt Russell è forse la sorpresa più piacevole: il suo John Walker, destinato ad essere un "finto Cap" poco amato dalla platea, si è rivelato un personaggio di spessore, e al netto di un cambio di prospettiva un po' troppo frettoloso nella sua evoluzione possiamo dire che meriti un posto di diritto tra i volti più interessanti ed iconici dello show.
The Falcon and The Winter Soldier è un’opera solida e attuale, in grado di centrare pienamente i suoi obiettivi: raccontare la modernità senza fronzoli, con un realismo convincente e a tratti persino crudele. La qualità della sceneggiatura presta il fianco, purtroppo, ad alcuni passaggi di trama in troppo frettolosi e poco credibili, e il carisma dei protagonisti viene alle volte adombrato dai personaggi secondari. Rimane ottimo il livello di analisi e di introspezione sui volti principali, come pure l’abbondante dose di fanservice che strizza l’occhio al materiale fumettistico, sia a livello visivo, sia concettuale. Il livello produttivo dello show è come sempre altissimo e rispecchia, almeno fin qui, gli standard cui ci hanno abituato i Marvel Studios anche sul grande schermo. Inizia una nuova era per il MCU, l’era di un nuovo Captain America. E se pure la serie non riesca a spiccare il volo come avremmo voluto, al pari delle possenti ali in vibranio di Sam Wilson, il risultato finale ci lascia comunque piacevolmente soddisfatti.