Generazione 56K, la recensione della serie dei The Jackal su Netflix

Su Netflix arriva la serie dei The Jackal con Cattleya, che racconta un amore (quasi) impossibile tra passato e presente, tra analogico e digitale.

Generazione 56K, la recensione della serie dei The Jackal su Netflix
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Vi ricordate quella persona che a scuola vi piaceva tanto? Con la quale magari siete un po' cresciuti, scoprendo assieme pezzettini di mondo. Poi però la vita ti soffia via, anche per inerzia, ma in qualche ironica maniera quel legame resta sempre lì, abbarbicato fra voi due anche se non ve ne siete mai più resi conto. Perché diventiamo tutti polvere digitale spazzata lontano, quando sotto sotto vene analogiche ancora ci tengono stretti.

E così riesce a fare Generazione 56K, ci tiene stretti, avvinghiati alla sua storia così semplice e genuina. Un piccolo grande racconto di rapporti, che prende pezzi di infanzia per una generazione, quella degli anni '90, che ancora si accoccola con la nostalgia delle VHS o dei walkman, brandelli abbandonati di un amore mai sopito. E allora la serie dei The Jackal e Cattleya arriva su Netflix proprio quando serve, insieme alle altre uscite Netflix di luglio, venendoci a cercare un po' tutti, con le risposte giuste alle domande che forse non volevamo farci.

Amore in 56K

Procida, anni '90. Daniel e Matilda sono due ragazzini delle medie che... si piacciono? Napoli, oggi. Daniel e Matilda sono sempre loro, ma praticamente non lo sanno più. Un incontro dolcemente cinematografico e qualcosa si risveglia, la scarica elettronica che resetta il corpo, quella che farebbe ripartire da zero qualsiasi cosa. A partire da loro. Però ora Matilda proprio non può, anche se vorrebbe tanto rivedere Daniel. Forse troppo. Arriva la confusione, quella che nella sua situazione non dovrebbe assolutamente esserci. Eppure il tarlo è lì, rosicchia cuore, ossa, polmoni e cervello. Generazione 56K fa esattamente così, si insinua sottopelle minuto dopo minuto, ti fa credere di voler solo scherzare (e la comicità funziona comunque benissimo) ma poi porta una scaglia di realtà in tv. Il rapporto tra Daniel e Matilda si srotola perfettamente sulle due linee temporali, tra giovinezza spensierata e le Colonne d'Ercole dei trent'anni. E mentre ci sciogliamo per le loro versioni ragazzine, interpretate benissimo da Alfredo Cerrone e Azzurra Iacone, sono le controparti adulte a graffiarci la pelle aggrappandosi a noi. Perché è naturale tifare per loro, peccato che la vita vera si metta sempre e comunque in mezzo. Un po' come se fosse colpa di tutti, quando in realtà non la è di nessuno.

Tempismo digitale

Una delle più grandi lezioni sull'amore viste in tv è quella di Robin Scherbatsky, che in How I Met Your Mother spiega che se c'è chimica fra due persone serve solamente una cosa. Il tempismo. Ma il tempismo è spesso sbagliato. Tremendamente sbagliato. Ed è proprio il caso di Daniel e Matilda in Generazione 56K. Un amore che esplode subito ma che non potrebbe, solo che come si fa ad arginare la diga?

Un sentimento trasmesso a noi anche grazie alla chimica effettiva tra Angelo Spagnoletti e Cristina Cappelli, che tra sorrisi rubati e sguardi colpevoli rendono i personaggi veri, concreti, ce li fanno sedere vicini. Ed è qui che la serie ideata da Francesco Ebbasta ci cade in mano come una pistola carica: perché racconta un po' tutti noi. Chi non si è mai trovato nella situazione di Daniel o di Matilda? O magari, nei corsi e ricorsi della vita, di entrambi?

La dolce realtà con la quale la serie dialoga direttamente con lo spettatore è genuina, vera, per forza di cose ammantata dalla magia della sceneggiatura ma comunque dannatamente reale. Così come la è nell'amicizia tra Daniel e i personaggi di Fabio Balsamo e Fru, irresistibili come sempre; il giusto contrappunto alla storyline principale ma, alla fine, capaci di insinuarsi pure loro con le piccole grandi lotte della quotidianità. O nel rapporto tra Enea e Matilde, una situazione che in qualche maniera abbiamo sperimentato tutti, oppure, che ancora non abbiamo avuto il coraggio di affrontare.

Ragazzini adulti

I salti temporali sono gestiti bene dal montaggio, che sfrutta i parallelismi tra passato e presente per dare quel tocco in più a una storia che già ci stava conquistando. Con Generazione 56K ritorniamo a un mondo di corse con gli amici e fuga dai genitori, quando le cose erano davvero più semplici, forse perché tutti più distanti, perché i sentimenti avevano spazio per respirare, allungarsi e... sì, anche scivolarci dalle mani come acqua. Tutto è condensato negli otto episodi su Netflix, e anche se magari avremmo voluto un po' di respiro in più per sbrogliare alcuni rapporti, c'è talmente tanto cuore nella serie che non possiamo fare a meno di farci travolgere. Anche la colonna sonora è squisitamente pensata per l'occasione, tra una ripresa di Dandelion dei Jealous of the Birds già sentiti in Normal People (qui la nostra recensione di Normal People) e le note di Soko che accompagnano un po' tutti gli episodi. Generazione 56K sa cosa sta facendo, lo sa Francesco Ebbasta in sceneggiatura e dietro la macchina da presa (con alcune semine sempre piacevoli da beccare), per come riesce ad accompagnare i personaggi senza mai abbandonarli, tirandone fuori difetti, idiosincrasie e umanità, perché poi alla fine non ci sono giudizi universali o pallottole nel cuore.

C'è solo la vita, veramente. E la cosa più difficile del mondo, quella che sembra più sbagliata, inopportuna e lancinante, forse è l'unica da fare. Bisogna rompere il bottiglione dei nostri ricordi per permetterci di andare avanti, altrimenti rischiamo di rimanere solo cartoline sbiadite di un passato che non tornerà più.

Generazione 56K Ci si può innamorare per sbaglio con il tempismo peggiore di sempre? Forse sì, basta solo fare un piccolo buco nella diga, e il resto verrà da sé. Generazione 56K racconta del rapporto fra Daniel e Matilda, fra passato e presente, analogico e digitale. Un sentimento che si infiamma nascosto sotto la cenere, finché un incontro casuale non rischia di far eruttare nuovamente il vulcano. La serie dei The Jackal con Cattleya riesce a raccontare la vita, veramente, dandole un tocco di magia cinematografica ma senza mai staccarsi dalla realtà, quella fatta di dubbi e incomprensioni, che ti rosicchiano la mente proprio quando inizi a capire che la scelta più difficile di tutte è anche l'unica da fare. Un racconto generazionale per chi è cresciuto con i videoregistratori e ora ha gli smartphone, e che forse ha sacrificato il proprio amore per il tranquillo tepore dell'abitudine. Perché la serie ci ricorda che quel sentimento scalda, anche tanto, ma non brucia mai.

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