Godless: Recensione della serie Western di Netflix

Scendendo nel sacro territorio di cowboy e indiani, Netflix ci regala una delle migliori serie dell'anno, con un regia sontuosa e grandi interpretazioni.

Godless: Recensione della serie Western di Netflix
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Insieme alla sci-fi e all'horror, il genere western è forse oggi il meno adottato in tv, anche se piccoli sprazzi di luce si sono visti nel 2012 con la bella Hatfields & McCoys con Kevin Costner e il compianto Bill Paxton e lo scorso anno con Westworld, che miscela in realtà fantascienza e western insieme. Si preferisce ormai adottare di più romanzi fantasy che possano mietere un successo simile al Trono di Spade o puntare a produzioni più morigerate in termini scenografici e d'atmosfera, che siano thriller o drama, ma Netflix nelle sue opere originali tenta anche il salto di qualità di genere, e spazia. Questo l'ha portata a sviluppare serial ormai di profondo impatto culturale come Stranger Things, Dark, Black Mirror o quest'ultima Godless, incredibile serie western con un occhio al particolare momento storico che stiamo vivendo e una messa in scena sopraffina, interamente curata da Scott Frank. E quest'ultimo in realtà potrebbe non essere conosciuto da molti di voi, specie perché Godless è la sua prima produzione televisiva, ma Frank nella sua trentennale carriera è accreditato come sceneggiatore o co-sceneggiatore di progetti cinematografici di una certa importanza come Minority Report, Get Shorty o Logan - The Wolverine. Una vita passata insomma soprattutto nel mondo del cinema, nel quale ha debuttato come regista nel 2007 e con tuttora all'arrivo solo due film, tra l'altro al limite del discreto. "Niente di eccezionale", verrebbe da pensare, ma è proprio quando meno ce lo aspettiamo che il buon Frank ci regala il suo capolavoro, inteso come prima e più eccelsa opera tra le sua filmografia.

Le signore di La Belle

Srotolando lungo sette, lunghi e ben cadenzati episodi una storia di amore, vendetta e riscoperta di se stessi, Frank è infatti riuscito a comporre un racconto di estrema grazia drammaturgica che trova la sua forza negli interpreti e in una narrazione emotivamente impattante. Questa viene poi oltremodo elevata dalla sontuosa regia dello stesso creatore, che coglie con occhio invidiabile immagini mozzafiato dei territori aridi dell'ovest o delle praterie occidentali d'America. Un'impresa qualitativamente titanica che lascia impallidire anche i cugini cinematografici, capace di imprigionare in circa 8 ore di show un'ispirazione purissima e quasi tangibile, da brividi sulla pelle. E a spiccare in un prodotto tecnicamente così sopraffino sono anche le sonorità musicali scelte da Carlos Rafael Rivera, che mai sovrastano il racconto e anzi cercano di accompagnarlo spesso con garbo e sentimento o potenza e tormento nei momenti più viscerali della storia, che vede al centro di tutto Roy Goode. Interpretato da Jack O'Connel, questo è un fuorilegge che viene ritrovato ferito da Alice Fletcher (una straordinaria Michelle Dockery), che vive insieme al figlio e alla suocera in un piccolo ranch a pochi minuti dalla cittadina di La Belle, ferita da una recentissima tragedia. La comunità si sorreggeva infatti sul lavoro alla miniera, nella quale erano occupati quasi tutti gli uomini della città, "ottantatré brave anime scomparse in meno di 5 minuti", come è solito ripetere il barista del Saloon, uno dei pochi a poter raccontare l'incendio della cava. La Belle è adesso popolata da uno sparuto gruppo di anziani e donne di ogni età, vere padrone della città. Queste hanno dovuto ovviamente sostituire i mariti scomparsi e "mettersi i pantaloni", e su tutte la più determinata è forte è sicuramente Mary Agnes, nei cui panni troviamo un'incredibile Merritt Wever.

Ma a La Belle, comunque, la Legge sopravvive e non è donna: a portare il distintivo da sceriffo rimane infatti Bill McNue (Scoot McNairy), fratello di Mary Agnes e saggio e oculato tutore dell'ordine, costretto a cresce due figli da solo dopo la morte della moglie per malattia. Suo vice il gradasso Whity Winn, un ragazzo rimasto orfano e amante dei giochi con la pistola, interpretato da un sinceramente sorprendente Thomas Brodie-Sangster, certamente nel miglior ruolo caratterista della sua ancora giovane carriera. Partendo così da questa piccola comunità femminile, Frank ci parla di amicizia e solidarietà, rompendo gli schemi dell'epoca e agganciandosi a tematiche ancora moderne come parità dei sessi e depotenziamento sociale del ruolo della donna. E lo fa senza mettere questi personaggi per forze di cose costantemente al centro della narrazione, invece molto dedicata anche al lato revenge dedicato alla storyline di Roy Goode, vero motore del racconto.

Padri e figli

Accanto alle problematiche delle signore di La Belle, così, Frank sviluppa lentamente anche la storia di questo fuorilegge scappato dalle grinfie dello spietato Frank Griffin e dei suoi uomini. Nelle vesti da bandito di Griffin troviamo Jeff Daniels, qui in odore di premi e davvero a suo agio nel muoversi con carattere in un personaggio decisamente molto complesso, ricco di pathos e contraddizioni.

Senza rivelare troppo, dopo anni di scorribande sotto Griffin, Goode ha deciso di abbandonarlo e di interferire in ogni suo colpo, perché considerato pericoloso e senza scrupoli da quest'ultimo. Oltre all'ovvio danno economico e di visibilità, il problema è che Griffin considera Goode come un figlio, e per nulla al mondo è disposto ad accettare un simile tradimento, tanto che si metterà sulle sue tracce dopo una violenta sparatoria che ferirà Goode, disposto a uccidere anche donne e bambini pur di piantare una pallottola nel cuore del suo personale Bruto.
Sempre abbracciando quella visione sontuosa di cui sopra, Frank nel raccontare il passato del protagonista sceglie di utilizzare una desaturazione cromatica dell'immagine davvero eccellente, bianca e nera con rossi, rosa e marroni invece più vividi, così da creare contrasto e dare un'idea di ricordo. Misto anche a una narrazione ricercata, il risultato finale è davvero sensazionale, di un impatto visivo sublime e destabilizzante, arteria artisticamente virtuosa del progetto all'interno di un impianto stilistico comunque di per se decisamente degno di nota. Vedere Godless significa perdersi nelle distese pianure del west, nella vendetta di Griffin, nella forza delle donne di La Belle e nella determinazione di Roy Goode. Lo show è un tripudio di stile ed emozioni, decisamente molto lento e con i suoi tempi, dilatati e sofisticati, ma è senza ombra di dubbio una delle migliori cavalcate seriali degli ultimi anni.

Godless - Stagione 1 Con una messa in scena sontuosa, virtuosismi stilistici ricercati e un impianto artistico qualitativamente impressionante, Scott Frank regala con Godless non solo una delle migliori serie tv dell'anno, ma anche un prodotto praticamente perfetto in termini di recitazione e drammaturgia. La storia di Roy Goode, Frank Griffin e delle signore di La Belle ci parla di vendetta, redenzione e potere femminile, quest'ultima tematica affrontata con delicata determinazione dallo sceneggiatore e regista, capace di una scrittura emotiva, viscerale e di forte phatos, senza rinunciare all'azione o a dialoghi pungenti, quasi tarantiniani. Godless è dramma, amore, sangue e terra tutto insieme. Un purosangue della serialità bellissimo da vedere ma forse per alcuni difficile da cavalcare. L'importante è però non demordere: arrivare alla fine regalerà infatti solo grandi soddisfazioni.

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