Recensione Homeland - Stagione 2

Si è da poco conclusa la seconda stagione di Homeland, e noi di Everyeye non potevamo non dire la nostra su uno dei serial migli

Recensione Homeland - Stagione 2
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Spiazzante, enigmatico, appagante, inaspettato, crudele. Sono solo alcuni degli aggettivi che un comune spettatore può associare ad uno show come Homeland, vero fiore all’occhiello della produzione televisiva Statunitense giunto ora al termine di un’altra spaventosa stagione. Dodici puntate che hanno più volte rimescolato le vicende ponendo noi, ignari watchers passivi, all’interno di un vortice fatto di segreti, doppiogiochisti e risvolti assolutamente inaspettati. La bravura degli autori sta proprio nell’offrire continui cambi di prospettiva nonché rivelazioni fondamentali per la trama, che nella maggioranza dei casi molti altri serial tardano (a volte fin troppo) a mostrare. Coraggio, sfrontatezza, capacità di sorprendere anche colui che ormai resta perennemente annoiato dalla maggioranza di serial uguali e stantii che popolano i vari network. Una narrazione quindi ineccepibile, aiutata da quel cast così straordinario che tanto abbiamo imparato ad amare e da una realizzazione complessiva seconda a nessuno. Questo è Homeland, e se pensavamo di aver visto il meglio già nella prima stagione, tutti noi ci siam dovuti incredibilmente ricredere di fronte alla seconda. Grazie anche alla puntata finale (un’ora e 5 minuti di sbigottimento puro) abbiamo fin da ora già intuito che per la terza season vi sarà ancora una volta un cambio totale di situazioni, punti di vista e svolgimenti.

I protagonisti

I protagonisti restano sempre loro: l’ex analista della CIA Carrie Mathison (Claire Danes), e l’ex Sergente dei Marines/Prigioniero di guerra Nicholas Brody (Damian Lewis), aiutati da new entry come l’analista Peter Quinn (Rupert Friend) e la spietata Roya Hammad (Zuleikha Robinson), nonché da vecchie conoscenze come il saggio Saul (Mandy Patinkin) o il gelido direttore David Estes (David Harewood). Nei ranghi della famiglia Brody ritroviamo la moglie Jessica (Morena Baccarin) i figli Dana (Morgan Saylor) e Chris (Jackson Pace) e l’amante/amico di famiglia Mike Faber (Diego Klattenhoff). Tutti legati indissolubilmente da collegamenti invisibili che li porteranno a scontrarsi e a svelare lati oscuri del proprio carattere. In Homeland, ed è proprio questa una delle cose che colpisce maggiormente, non vi sono strade senza fine, sotto trame inconcludenti: ogni frangente, ogni evento viene man mano ricollegato a quello che risulta essere un mosaico elaborato e funzionale. Dal più piccolo capriccio di Dana (che insieme alla madre e al fratello si mostrano, come sempre, nei momenti più “lenti” del serial) alla più grande verità sulle reali intenzioni di Al-Qaida tutto è costruito seguendo determinati canoni e avendo in mente un quadro ben preciso di dove andrà a finire la storia.

Il punto della situazione

La trama iniziale riprende dalla fine della prima stagione, e vede una Carrie ormai distrutta e fuori dalla CIA nel pieno delle sue crisi e della sua bipolarità, mentre il caro vecchio Brody, aiutato da membri di Al-Qaida insediati nel governo statunitense, resta libero di danneggiare sotto i fili del terrorista Abu Nazir, i cui piani restano oltremodo oscuri. Nuove minacce s’insedieranno sia dentro che fuori le mura della CIA (tra doppigiochi e doppifini), e la nostra Carrie, nonostante il suo stato psicologico tutt’altro che stabile e affidabile, verrà convocata ancora una volta dai suoi ex colleghi di lavoro nel tentativo di sventare, si spero in maniera definitiva, i malvagi intenti di Nazir. Un plot in crescendo che destabilizzerà chiunque e che nulla ha da invidiare alle migliori opere del genere, con un finale che si piazza di diritto tra i più drammatici e ponderati mai visti prima d’ora.

Realizzazione

E’ strano a dirsi, ma per certi versi la seconda stagione offre un quadro molto più introspettivo dei personaggi, riuscendo a inquadrare meglio le loro diverse caratteristiche e producendo così un effetto piacevole ai nostri occhi. Capiamo meglio le reazioni e le motivazioni di ognuno di essi, ci vengono poste continue analogie e continui paragoni con realtà differenti (in primis quella Americana e quella Araba, da sempre contrapposte) che ci permettono di ragionare e trarre la nostra conclusione. Come già detto in passato, in Homeland nessuno è innocente, e nessuno è il vero cattivo. Non esiste una morale, un male da sconfiggere, quanto più è l’idea o un ideologia il “vero” male. Una candidatura politica può mettere a tacere un omicidio crudele e ingiusto, così come un idea dettata da ragioni (religiose o meno) può far preferire un massacro d’innanzi alla diplomazia. Puntare il dito verso l’una o l’altra persona però resta ugualmente molto difficile. E su questo potremo potenzialmente discutere per mesi, senza trovare probabilmente una risposta. La sola certezza è che nella produzione della Showtime il tutto viene confezionato dando un certo “bilancio” tra le cose e il risultato finale (sancito in particolare nell’ultima puntata di stagione) tende a sfatare ogni tipo di dubbio. Al solito, non ci sentiamo di smuovere particolari critiche verso tanta eccellenza, né forse saremo in grado di trovarne di costruttive. Ciascun episodio offre un ritmo sempre alto a ben pochi momenti “lenti”, facendosi trainare da inaspettati colpi di scena uniti a dialoghi profondi e mai banali, con musiche essenziali quanto funzionali. Insomma, i complimenti verso questa serie non bastano mai, né saranno mai abbastanza.

Homeland - Stagione 2 I commenti sulla bontà e sulla bellezza di Homeland a questo punto sono pressocchè superflui: stiamo parlando infatti un prodotto maturo, rifinito, affascinante e destabilizzante, capace di coinvolgere anche chi non è avvezzo al genere e di offrire uno scorcio incredibilmente vivo e reale delle idee e delle situazioni che avvengono nel nostro mondo. E’ inutile pensare a come potrebbe essere la prossima stagione in dirittura d’arrivo, calcolando che con Homeland niente è certo, nessuno è il nemico, nessuno realmente buono e nessuno realmente cattivo. Sulle tematiche e le diverse opinioni se ne potrebbe parlare per mesi, ma la verità è che fin dal suo inizio alle sue silenziose e drammatiche battute finali, questa seconda stagione lascia, proprio come la prima, un’impronta consistente nel panorama delle serie tv.