House of the Dragon 1x07 Recensione: la guerra è vicina

Continuando la propria ascesa a suon di colpi di scena, lo spin-off di Game of Thrones raggiunge vette qualitative sempre più sorprendenti.

House of the Dragon 1x07 Recensione: la guerra è vicina
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Che si tratti di matrimoni, funerali o eventi mondani, la tradizione degli show targati HBO e ambientati nel mondo delle opere di George R.R. Martin è ormai entrata nell'immaginario collettivo come sinonimo di grandi sorprese. In questo senso, House of the Dragon ha già lasciato il segno in più di un'occasione: dopo il climax raggiunto nel sontuoso mid-season finale (qui la nostra recensione di House of the Dragon 1x05), lo show creato da Ryan Condal e dal celebre scrittore fantasy, attualmente in onda su Sky e NOW, è riuscito ad alzare nuovamente l'asticella cambiando praticamente metà del proprio cast (qui la nostra recensione di House of the Dragon 1x06).

Stravolgendo nel modo migliore il concetto di "squadra che vince, non si cambia", lo showrunner e i produttori esecutivi, capitanati dal geniale regista Miguel Sapochnik, hanno portato su schermo un'evoluzione quanto mai matura degli sviluppi presentati nei primi cinque episodi della serie. In termini di scrittura e interpretazioni attoriali, lo spin-off di Game of Thrones sembra realmente intenzionato a superare l'opera madre pressoché in ogni suo aspetto, sorretto da una storia sempre più complessa e intricata che non vede l'ora di esplodere in tutto il suo caos. Analizziamo insieme la settima puntata.

La storia ricorda i nomi

Dopo le scioccanti sequenze finali dello scorso episodio, l'intera famiglia Targaryen (con casate cadette al seguito) si ritrova a fare i conti con le proprie perdite. Alta Marea piange la scomparsa di una sua figlia, ma l'atmosfera solenne della celebrazione funebre viene presto soppiantata dal cupo vento del conflitto. Il solo fatto che tutti i personaggi importanti si trovino presenti all'evento rappresenta un'occasione troppo ghiotta da lasciarsi sfuggire.

Ecco quindi emergere intrighi, arguti inganni, accuse e stravolgimenti che segneranno definitivamente le sorti della famiglia allargata. Nello strenuo tentativo di mantenere una pace durevole, Re Viserys (Paddy Considine) dovrà fare i conti con una moglie mai così vendicativa, ora nuovamente sorretta dal padre, e con una figlia sempre più vulnerabile davanti alle mire della regina.

L'unica soluzione per porre un freno all'odio e al rancore dei Verdi sembra ormai esser quella di una strenua difesa. Per far ciò, tuttavia, occorrerà prendere una decisione rischiosa e difficile: nel tentativo di avvicinare a sé tutti gli alleati possibili, mantenendo al proprio fianco soltanto le persone più fedeli, Rhaenyra (Emma D'Arcy) ricorrerà a misure estreme per proteggere la propria posizione al Trono e il futuro dei suoi figli.

Non è un caso che, proprio nel momento di maggior debolezza, le due protagoniste del conflitto (seppur per motivi diametralmente opposti) trovino simultaneamente favore da parte dei propri rampolli e appoggio da parte dei propri mentori. Soltanto il povero Re, ormai sempre più tormentato e malconcio, va riconoscendosi estraneo e solo in una guerra che sembra ormai pronta a scoppiare in tutta la sua violenza. Gli schieramenti sono sempre più chiari, alleati e oppositori altrettanto: Neri e Verdi sono pronti a darsi battaglia.

Il Fuoco e il Sangue

Come già notato in più occasioni dall'inizio della serie, nella Westeros in cui lo stesso Martin è più di una semplice voce del coro si respira un'aria completamente diversa. Se gli episodi di punta di Game of Thrones (diretti proprio da Miguel Sapochnik) avevano offerto momenti memorabili per la storia della tv, la presenza del miglior regista del piccolo schermo dietro al reparto creativo dello show si è dimostrata un'assoluta garanzia in termini di qualità. Il distacco fra il suo sguardo e quello dei colleghi appare ancora assai evidente, e anche questo episodio ne è una prova.

Se con la puntata precedente il regista e produttore esecutivo aveva dato prova di tutta la sua maestria nel "portare dentro la scena", qui la sua attenzione si concentra quasi interamente sull'atmosfera. Ogni dialogo, ogni scambio fra i personaggi è un saggio di perfezione formale, ottimizzata in base al contesto delle vicende: le scene durante il funerale, con i loro continui campi e controcampi, alimentano un crescendo che culmina in una sequenza notturna simile per atmosfere all'avvolgente quarto episodio. Allo stesso modo, le sequenze in digitale trovano nei movimenti del Dolly un respiro e un'ariosità senza pari, portando quasi all'autocitazione nel mostrare i Draghi in tutta la loro magnificenza. L'intera gestione immaginifica del regista, supportata in toto dalla sceneggiatura, porta agli occhi dello spettatore una perpetua alternanza tra splendore estetico e tensione narrativa, mantenendo costante l'attenzione e il ritmo delle vicende senza alcun cedimento.

In questo senso, le interpretazioni del cast tornano a rubare la scena in una puntata che pone i dialoghi al centro della scena: avevamo tanto atteso il primo scambio tra la "nuova" Rhaenyra e il carismatico Daemon di Matt Smith, e anche Emma D'Arcy non ha deluso le attese. L'alchimia tra i due è evidente in ogni singolo sguardo, e l'idea di vedere il duo più spesso su schermo non può che creare grandi aspettative riguardo agli eventi che seguiranno. Allo stesso tempo, Olivia Cook è sublime nel portare in scena un personaggio sempre più conflittuale come la Alicent adulta. Il ritorno, già noto, dell'Otto Hightower di Rhys Ifans riporta su schermo tutto ciò che i fan stavano aspettando: la caratterizzazione della vecchia, ora nuova Mano del Re ha stupito tutti nel suo mettere in evidenza un personaggio estremamente arguto, calcolatore e pronto all'azione in pieno stile GoT.

Dove il fuoco si fa fortuna e rovina, solo il sangue può colmare le distanze tra timore e tenacia. Veder emergere, puntata dopo puntata, i numerosi significati dietro l'opera di Martin è stimolante oltre ogni misura e permette di osservare nel dettaglio ogni singola scena per poter carpire dettagli, intenzioni o significati più alti rispetto alla semplice superficie. Le musiche di Ramin Djawadi, decisamente più ispirate rispetto ai primi episodi, creano un connubio avvolgente che tiene incollati allo schermo dall'inizio alla fine.

Appesi a un filo

Nel suo centellinare l'azione per lasciar spazio a intrighi ben più impattanti, House of the Dragon conferma l'assoluta qualità del lavoro di Condal e Martin nel rinnovare dinamiche tanto care ai fan sfruttando appieno il materiale a disposizione. Nel panorama televisivo attuale, è estremamente raro trovare prodotti che riescano a mantenersi costantemente su simili vette qualitative, esaltando ogni momento e alzando l'asticella ogni settimana. HBO ha ormai la strada spianata verso un enorme successo.

Non abbiamo ancora idea di come si svilupperanno le vicende legate alla Danza dei Draghi nel corso dello show, ma a giudicare da quanto stiamo vedendo possiamo aspettarci un crescendo sempre maggiore a sole tre puntate dalla fine di questa prima stagione. House of the Dragon, in ogni ambito della sua produzione, rappresenta a pieno titolo tutto ciò che un adattamento ad alto budget dovrebbe essere. I vessilli di una guerra memorabile si stagliano all'orizzonte.

House of the Dragon Il settimo episodio di House of the Dragon segna con decisione il passo per il prosieguo della serie verso il suo primo finale di stagione. Sorretto dall'incredibile direzione di Miguel Sapochnik e dalle splendide interpretazioni del proprio cast, lo show targato HBO sembra ormai pronto a lasciare il segno con un conflitto che si alimenta puntata dopo puntata, cibandosi del rancore e della tensione intorno ai personaggi. La Danza dei Draghi, sempre meno latente, è già qui.