Il Leader: la recensione della nuova serie Netflix

Due videomaker si recano in un quartiere malfamato per girare un video del rapper Tony, a stretto contatto con il mondo criminale.

Il Leader: la recensione della nuova serie Netflix
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Nicolas Lopez e Ange Basterga sono i registi della nuova serie Netflix Il Leader, un'opera a sfondo crime realizzata usando la tecnica del found footage, capace di trasportare lo spettatore nelle vicende vissute da Franck e Thomas, due videomaker che, pensando di star svolgendo l'ennesimo lavoro di routine, si ritrovano però invischiati in una situazione ad alto rischio che in breve diventerà insostenibile.

L'opera, anche per via della brevità degli episodi (parliamo infatti di circa dieci minuti per puntata), scorre in maniera funzionale, prestandosi facilmente anche al binge watchcing visto che, episodio dopo episodio, lo spettatore cercherà di scoprire in che modo i due reporter proveranno ad evadere da una situazione tanto spinosa. La serie si presenta sicuramente come un prodotto accattivante tra le uscite Netflix di marzo, ma mostra un po' di debolezza soprattutto nella seconda parte, come vedremo nella nostra recensione completa.

Una normale giornata di lavoro

I videomaker Franck e Thomas si apprestano ad affrontare un'altra comune giornata di lavoro, mandati da una prestigiosa etichetta discografica a filmare alcuni spaccati di vita del rapper in ascesa Tony, seppur le cose inizino a mettersi male sin da subito. Franck e Thomas si ritrovano infatti nel cuore di un quartiere dedito allo spaccio di droga, in cui imperversano varie guerre tra gang senza soluzione di continuità. Seppur in un primo tempo tranquillizzati dallo stesso rapper, i due giovani capiscono di essere finiti all'interno di un vespaio quando un criminale inizia a sparare all'impazzata per il quartiere. È lo stesso Franck a capire di essersi spinto troppo oltre, nonostante per tutta la durata del finto documentario sarà sempre lui a voler andare fino in fondo, tendendo a fare di testa propria, senza ascoltare gli avvertimenti del suo socio, amico e cameraman.

Quella che quindi all'inizio era partita come una semplice giornata lavorativa, in breve tempo si trasforma in una vera e propria discesa verso il baratro in cui violenza, criminalità e spregiudicatezza la fanno da padrone, in una vera e propria escalation distruttiva che porterà tutti i personaggi coinvolti oltre i propri limiti. Per quanto concerne il ritmo, la serie riesce a difendersi molto bene, grazie a tutta una serie di trovate che riescono a mantenere alta l'attenzione degli spettatori fino alla fine, seppur lo svolgersi frenetico degli eventi, forse anche per la brevità degli episodi, risulti essere anche uno dei maggiori punti deboli del serial.

Nonostante infatti l'intera opera sia stata concepita come un mockumentary, in alcuni momenti non risulterà comunque così semplice dare per buono quanto visto, tanto per il numero davvero elevato di situazioni fuori di testa che succedono nel giro di pochi momenti (tra sparatorie, agguati di boss rivali, operazioni di polizia), quanto per la stessa intenzione dell'etichetta di mandare allo sbaraglio due giovani in un territorio così pericoloso, arrivando addirittura a lavarsene le mani da un certo punto in poi.

Superato però questo piccolo grande scoglio, l'opera intrattiene anche grazie al modo con cui si è deciso di unire il mondo della musica rap, talvolta borderline, con il contesto criminale. Molto interessante, da questo punto di vista, il discorso che Franck fa al suo collega Thomas, ribadendo che alla fine è come se fossero dei reporter di guerra, immersi in uno scenario pericolosissimo ma assolutamente reale, dove le persone non si atteggiano a criminali per darsi semplicemente delle arie. Questa fascinazione del male diviene però per il protagonista una vera e propria ossessione, tale da fargli perdere qualsiasi barlume di ragione e buonsenso, spingendolo a compiere azioni sempre più sconsiderate e, talvolta, insensate.

Vita di quartiere

Buono il lavoro svolto per quanto concerne la caratterizzazione dei personaggi, tanto del protagonista che del rapper Tony, seppur quest'ultimo risulti da un certo punto in avanti forse ammantato da una patina esageratamente buonista. Un maggior approfondimento riguardo le scelte del rapper, magari sviluppate in maniera più graduale, avrebbero sicuramente giovato alla sua intera caratterizzazione psicologica, soprattutto in virtù del suo grande attaccamento al quartiere. Anche in altre sequenze questo aspetto non è stato gestito al meglio, dando semplicemente l'idea di uno sviluppo a tratti affrettato di determinate dinamiche interpersonali, che non intaccano comunque la qualità generale del prodotto. Notevole il lavoro svolto sul personaggio di Moussa, profondamente radicato nella vita di quartiere, incapace però di mediare con qualsiasi persona, visto che fin dall'inizio entrerà in conflitto con i due videomaker, risultando di fatto un individuo a suo modo sfaccettato e vicino per certi versi ad alcuni dei personaggi visti nel film cult L'odio di Mathieu Kassovitz.

Un po' meno credibile il momento in cui vari criminali decidono di usare delle GoPro per mostrare alcuni loro spaccati di vita quotidiana, nonostante a livello scenico il risultato sia soddisfacente, soprattutto in funzione della varietà degli eventi mostrati. La serie riesce a risultare accattivante tanto nei momenti di dialogo, nei quali potremo conoscere vari retroscena sui personaggi - come nel caso di Franck e della sua intenzione di fare carriera nel mondo del cinema -, così come durante i momenti action, girati sempre in modo chiaro e capaci di puntare su un forte senso di fisicità.

Di grande impatto scenico anche le location, che trasportano in pochi secondi gli spettatori in un ambiente a tratti cupo e misterioso, composto da numerossimi e intricati casolari al cui interno si può nascondere qualsiasi cosa. Peccato invece per l'intenzione degli autori di non mostrare così spesso il sangue, andando a depotenziare leggermente il clima a tratti spietato e brutale del quartiere.

L'opera risulta comunque coinvolgente soprattutto per la sua capacità di puntare su una tensione via via crescente, visto che, episodio dopo episodio, le situazioni in cui si ritroveranno invischiati tutti i personaggi aumenteranno via via d'intensità, spingendo gli stessi videomaker a capire di aver compiuto dei madornali errori di valutazione durante tutto l'arco delle riprese.

La serie fortunatamente non è ammantata da una componente particolarmente buonista, dando vita ad un racconto cupo, capace di intercettare in maniera soddisfacente uno spaccato esistenziale di periferia in realtà comune a molte realtà cittadine, seppur spesso sottaciuto. Se è vero quindi che quello che avviene nel quartiere rimane nel quartiere, è innegabile come un determinato contesto sociale spinga, a lungo andare, chiunque sulla cattiva strada; basti pensare allo stesso Franck che, pur di ottenere immagini sempre più esclusive e forti si trasformerà in una vera e propria mina vagante, capace di travolgere, seppur spesso inconsapevolmente, chiunque gli stia vicino, sorpassando a più riprese il limite del buonsenso.

Il leader Il Leader, in definitiva, è una serie solida e ben girata, capace di intrattenere lo spettatore dall'inizio alla fine anche per la brevità dei singoli episodi, in grado di eliminare qualsiasi elemento narrativo superfluo. Peccato solo per alcuni passaggi di trama esageratamente veloci e per alcuni personaggi non del tutto riusciti a livello di caratterizzazione, come ad esempio il rapper Tony.

7.5