In Tutte le volte che ci siamo innamorati c'è davvero ogni cosa. Ci sono i due protagonisti cotti l'uno dell'altra, ovviamente, c'è una bomba esplosa nel loro passato, c'è l'essersi persi e ritrovati nel corso del tempo e c'è un contorno fatto di arte, cinema e amicizia che ne esalta la storia spesso d'amore, spesso di incomprensioni, di amarezza, a volte anche di odio. Ci sono dei personaggi segno di un'inclusività mai però forzata, c'è una Madrid che fa da contraltare alla tranquillità della provincia di Castellón dove tutto è più calmo e dove non succede mai niente, e c'è una sessualità che rende i personaggi delle belve in calore affogate nella loro stessa lussuria. Quella che porta il nome, come per il resto degli eccessi sempre ben calcolati, del creatore della serie Carlos Montero, che solo l'anno precedente avevamo ritrovato nella recensione della sesta stagione di Élite.
Carlos Montero: dai drammi di Las Encinas alla passionalità di Madrid
Lasciata momentaneamente la criticità criminale e melodrammatica dell'istituto di Las Encinas, abbandonante per questa parentesi quelle giravolte sessuali che non manca di ripresentare anche nel nuovo lavoro in un versante però meno scandalistico, con Tutte le volte che ci siamo innamorati l'ideatore Montero si concentra sull'imprevedibilità del caso e il peso delle aspettative. Su due giovani ragazzi che si incontrano in una notte che cambierà loro la vita, unendoli irrimediabilmente. Entrambi sullo stesso treno durante un'esplosione da cui riescono a fuoriuscire integri, pur portandosi appresso il trauma di quell'evento.

Da quello scoppio del 2003 la serie prosegue con le tappe di una relazione avanti e indietro nel tempo, in cui le crisi si succedono e i momenti di passione pure, mostrando lo scontro continuo di prospettive e sentimenti dei personaggi di Irene e Julio. Lei sognatrice eppure perfettamente inquadrata sui propri obiettivi e desideri, lui ritrovatosi nel mezzo di una carriera inaspettata fatta di luci e spettatori.
Un mondo dello spettacolo che fa da tappeto alla loro storia, mostrando anche i conflitti di un'aspirante regista contro i risultati di un attore diventato una star un po' per caso, costruendo una sequela altalenante di avvicinamenti e lontananze che continuamente caratterizzeranno negli anni il rapporto tra Julio e Irene, portando lo show al suo cliffhanger finale.
La sognatrice Irene e il tormentato Julio
Presentando alcune delle caratteristiche poste a contraddistinguere lo stile di Carlos Montero, avvalendosi anche di quel trasporto tutto latino con cui si raccontano determinate narrazioni amorose, la serie nel catalogo di Netflix di febbraio contiene i sospiri e le esagerazioni che ne marchiano tale genere anche se, stavolta, in una variante più composta e contenuta.
Pur spingendo sul versante sentimentale e esasperato della relazione tra questi personaggi, innalzando loro attorno una quotidianità altrettanto peculiare e enfatica, Tutte le volte che ci siamo innamorati riesce comunque a smussare quell'ostentazione accalorata che spesso accompagna questo tipo di racconti, funzionando anche meglio di tanti prodotti accomunabili. Ci si affeziona alle fragilità e alle speranze della creativa Irene, si è portati a disprezzare il tracollo subito da Julio, pur non potendo fare a meno di volerlo aiutare a risanare le sue ferite. E così come col resto dei loro compagni di viaggio e le storyline che si portano dietro, seguendole col medesimo slancio, pur mantenendo al centro l'interesse primo per i protagonisti. Una serie annoverabile tra i piaceri di una visione disimpegna per lo spettatore, che insieme lo trascina al punto da avere un reale avvicinamento ai personaggi. Un Carlos Montero che si ridimensiona dopo la fama di Élite e la cui sobrietà, seppur minima, gli permette di realizzare una storia per cui esaltarsi e struggersi. Una serie di cui, arrivati all'episodio finale, non si può che aspettare la seconda stagione, attendendo di scoprire cosa ne sarà del futuro della dolce Irene e del suo tormentato Julio.