Un aereo notturno in partenza da Bruxelles per Mosca viene dirottato prima della partenza da un terrorista che impone al pilota di viaggiare genericamente verso ovest. Comincia così Into the Night, la nuova produzione originale belga tratta dal romanzo The Old Axolotl dello scrittore polacco Jacek Dukaj; una sorpresa tra le uscite Netflix di maggio. Ben presto, infatti, scopriamo che c'è molta più carne al fuoco: il terrorista è in realtà un maggiore italiano della Nato che, quasi per caso, ha sentito durante un concitato incontro con gli ambasciatori che al prossimo sorgere del sole una terribile catastrofe colpirà il nostro pianeta.
Non basterà coprirsi o chiudere le tapparelle, l'unico modo per non morire sarà evitare la luce del nostro astro, scappando appunto verso la notte. La sua storia sembra dapprima poco credibile, ma il primo tentato scalo basterà a far capire ai pochi passeggeri che è tutto vero. La gente muore, e il mondo è nel panico. Ma per quanto si può rimanere in aereo, con la tensione che sale e la prospettiva di una salvezza che sembra sempre più lontana?
Un cast di protagonisti variegato
Il Belgio non è certo uno dei paesi più noti per la produzione di serie tv (viene in mente il recente e discreto thriller Undercover, sempre su Netflix), ma Into the Night è una visione capace di sorprendere. Solo sei episodi di quaranta minuti ciascuno, dal ritmo indiavolato, con ogni puntata che ci racconta tramite brevi flashback i retroscena di ciascuno dei principali protagonisti, per farceli conoscere meglio e spiegare allo spettatore le loro motivazioni, le loro fragilità e i loro punti di forza.

I personaggi sono in qualche modo rappresentativi di determinate categorie delle quali la serie vuole parlare, ma riescono comunque ad avere una caratterizzazione che li eleva sopra il rango di meri e poco interessanti stereotipi. Abbiamo il pilota con problemi familiari Mathieu (Laurent Capelluto, già visto nella serie francese Les Revenants) e l'infermiera immigrata in Belgio dopo un'infanzia poverissima (Babetida Sadjo), il signore di mezza età ancora succube della madre e alla ricerca di una personale redenzione (Jan Bijvoet) e la giovane russa con figlio malato che ha bisogno di una operazione urgente (Regina Bikkinina).
Particolare attenzione meritano tre membri del cast che proprio insieme al pilota potrebbero essere definiti i veri protagonisti della vicenda, alternandosi più o meno di malavoglia nel ruolo di leader del gruppo. Pauline Ètienne interpreta Sylvie, ex pilota di elicotteri in lutto per la recente morte del compagno. Malgrado le sue reticenze e la sua volontà di rimanere in secondo piano, Sylvie si trova a dover fungere da copilota e rappresenta spesso l'anima razionale della comitiva, riportando gli altri alla sconvolgente realtà che stanno vivendo e ad una obbligata collaborazione.

Mehmet Kurtulu (già visto su Netflix in The Protector) è Ayaz, carismatico e tenace uomo d'affari turco che nasconde una fedina penale non esattamente immacolata e che riesce a conquistarsi la fiducia di gran parte degli altri. L'italiano Stefano Cassetti (non troppo noto in Italia, ma molto attivo in Francia e Germania), infine, interpreta il maggiore NATO Terenzio, motore iniziale della vicenda che rivela sempre più lati oscuri ad ogni episodio. L'interazione in particolar modo tra questi tre personaggi, ma anche con il resto del cast, è scritta molto bene, con dialoghi realistici ed efficaci. I tre attori spiccano all'interno di un cast comunque sufficiente per capacità comunicativa e intensità dell'interpretazione.
Uno sguardo europeo sulla tv di genere
Siamo abituati a considerare la fantascienza apocalittica un genere tipicamente americano, spesso narrato tramite esagerazioni ed improbabili eroismi, ma è interessante proprio notare come certe tematiche vengano affrontate in maniera diversa in un serial europeo come questo.

È evidente ad esempio lo sforzo degli sceneggiatori di mantenere una vicenda estrema, come quella narrata, sui binari di una relativa verosimiglianza, costruendo personaggi capaci di evolvere in maniera realistica e distribuendo nel corso degli episodi indizi e informazioni che contribuiscono a un world building più accurato, mettendo infine le basi per un eventuale seguito della vicenda, visto il finale aperto che regala allo spettatore qualche risposta, ma ancor più domande.
Pur senza soluzioni in grado di stupire, tecnicamente Into the Night è ben realizzata, con un uso intelligente degli spazi che consente di superare le evidenti limitazioni del budget. La storia narrata non ha bisogno di particolari effetti speciali o di ambientazioni esotiche, mentre il montaggio serrato e l'adeguata colonna sonora mantengono sempre alta l'attenzione dello spettatore, con un crescendo di emozioni che ha il suo epilogo nell'episodio finale.
Una narrazione fin troppo rapida
Il metro di giudizio principale di una serie come questa è sicuramente il grado di coinvolgimento dello spettatore, e in questo senso la valutazione è ampiamente positiva. Quando si comincia con le puntate si fa fatica a smettere, ci si appassiona alle vicende dei personaggi e la trama incuriosisce e porta a voler continuare per scoprire qualcosa in più.

Se il ritmo incalzante e la brevità degli episodi giocano a favore del potenziale da binge watching della serie, portano però con sé almeno un difetto del quale non si può tacere: alcune fasi sono trattate davvero troppo velocemente, e la sensazione è che nel montaggio sia stato sacrificato qualche elemento di passaggio che avrebbe contribuito a rendere più chiaro lo scorrere del tempo. Nell'ultimo episodio viene fatto un accenno a quanto tempo è passato dall'inizio della vicenda che, se non si tratta di un errore, ci ha fatto sospettare di esserci dimenticati qualcosa lungo la strada... Sei episodi, alla fine, sono forse troppo pochi per una narrazione di questa portata.